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Ecuador: 7 morti in sito clandestino di galli da combattimento

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Almeno sette persone sono state uccise nella provincia costiera ecuadoriana di Guayas, in un locale clandestino di combattimento di galli nel comune di Samborondon. Il massacro è avvenuto ieri dopo che uomini armati hanno aperto il fuoco nel locale. “Hanno iniziato a sparare a raffica, e alcuni dei corpi sono stati raggiunti da 40 colpi”, riporta il quotidiano online Primicias. La polizia ha reso noto su X che le sue “unità specializzate sono sul posto per indagare, al fine di chiarire le cause e catturare i responsabili”. Samborondón si trova a circa 30 km a nordovest del porto di Guayaquil, il principale centro logistico per l’invio di droga negli Stati Uniti e in Europa usato dalle organizzazioni di narcotrafficanti con legami con i cartelli internazionali. A causa della guerra tra bande narco per il controllo delle rotte e del mercato degli stupefacenti, in Ecuador gli omicidi sono oggi 47 ogni 100.000 persone, rispetto ai sei del 2018.

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Portavoce Idf, operazione terrestre di Israele in Libano iniziata nelle ultime ore

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Il portavoce dell’IDF, Daniel Hagari, ha dichiarato che le forze israeliane “si sono addestrate e preparate negli ultimi mesi” per l’operazione di terra iniziata nel sud del Libano nelle ultime ore. Lo riporta il Guardian. “Le forze di terra sono supportate in uno sforzo d’attacco dall’Aeronautica e dalle forze di artiglieria, che colpiscono obiettivi militari nella zona in un’azione coordinata con i combattenti delle forze terrestri… L’Operazione Northern Arrows prosegue in base alla valutazione della situazione contemporaneamente ai combattimenti a Gaza e in altri teatri.”, ha dichiarato.

“L’Idf – ha concluso – continua a combattere e ad agire per raggiungere gli obiettivi della guerra e fa tutto il necessario per proteggere i cittadini dello Stato di Israele e riportare sani e salvi i residenti del nord nelle loro case. Chiediamo di non diffondere voci e rapporti non ufficiali sulle attività delle forze dell’Idf e di attenersi solo agli annunci ufficiali”.

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Truppe israeliane in Libano, inizia la battaglia di terra

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Le truppe israeliane sono entrate in Libano, coperte da raid aerei. Al momento per un’operazione “limitata” e volta a distruggere le infrastrutture militari di Hezbollah. Ad annunciare ufficialmente il passo avanti dell’Idf che tutti si aspettavano è stato il Dipartimento di Stato Usa dopo che Israele ha informato Washington delle sue intenzioni. Poco dopo i media libanesi, tra cui la tv al Manar vicina al partito di Dio, hanno riferito di colpi di artiglieria vicino ai villaggi frontalieri di Wazzani, Khiyam, Alma el Chaab e Naqura. L’uccisione di Hassan Nasrallah “è un passo importante, ma non sarà l’ultimo”, la prossima mossa nella guerra contro Hezbollah “comincerà presto”, aveva avvertito poco prima il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, mentre sul terreno si moltiplicavano i segnali di un’operazione “imminente”.

In serata l’Idf ha dichiarato “zona militare chiusa” le aree al confine di Metula, Misgav Am e Kfar Giladi, mentre sull’altro versante della Linea blu i peacekeeper dell’Unifil, tra cui ci sono un migliaio di italiani, sono stati “costretti” a fermare le attività di pattugliamento, come hanno annunciato le Nazioni Unite. L’esercito regolare di Beirut ha lasciato le postazioni vicino al confine sud, ritirandosi per 5 km. Il governo di Benyamin Netanyahu ha assicurato all’alleato americano che si tratterà di un’azione “più contenuta” di quanto inizialmente previsto (e di quella del 2006), destinata a eliminare la minaccia di Hezbollah che continua a lanciare razzi e missili verso il nord di Israele. A Washington tuttavia l’idea delle truppe di Netanyahu in Libano, seppure per un’operazione limitata, non sembra essere stata accolta di buon grado.

“Sono al corrente ma vorrei che si fermassero”, aveva detto il presidente Joe Biden appena poche ore prima, rilanciando un appello al cessate il fuoco. Il Pentagono ha deciso l’invio di alcune migliaia di truppe in Medio Oriente, per lo più aerei da caccia, per rafforzare la sicurezza delle forze americane nell’area. Anche la Francia – con il neo ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot in visita a Beirut per incontrare il premier Najib Mikati e gli altri vertici dello Stato – aveva invitato Israele “ad astenersi da qualsiasi incursione terrestre” e a cessare le ostilità, ed “Hezbollah a fare lo stesso”, ricordando che la proposta franco-americana lanciata all’Onu per 21 giorni di tregua “è ancora sul tavolo”. Ma, aveva avvertito Barrot, “resta poco tempo”.

L’operazione terrestre è stata infatti preparata da tempo: stando a fonti israeliane citate dal Wall Street Journal e da Nbc News, le forze speciali dell’Idf hanno già condotto, sia di recente che nei mesi scorsi, azioni lampo in territorio libanese, fino a entrare nei tunnel lungo al confine, con l’obiettivo di raccogliere informazioni sulle posizioni e le capacità di Hezbollah in vista di un attacco di terra. Orfano di Nasrallah e alle prese con la successione del leader e la delicata organizzazione dei suoi funerali, Hezbollah intanto ha ostentato sicurezza: “Siamo pronti al corpo a corpo con i soldati israeliani se dovessero invadere il Libano”, ha avvertito il numero due del partito di Dio, Naim Qassem, assicurando che “Israele non riuscirà a raggiungere i suoi obiettivi”. Anche l’Iran ha giurato vendetta: “Il sangue del martire Nasrallah accelererà la caduta del regime di Israele e dei suoi leader”, ha minacciato il generale Abdolrahim Mousavi, comandante in capo dell’esercito della Repubblica islamica.

Ma il regime degli ayatollah – da mesi messo alla prova da azioni più o meno dirette di Israele senza tuttavia contrattacchi significativi – ha già anticipato che non invierà suoi militari in Libano né a Gaza: “Le nazioni della regione, così come la resistenza in Libano e Palestina, hanno forza e capacità sufficienti per difendersi”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanani, smentendo al tempo stesso che Teheran sia il manovratore delle milizie sciite nell’area, dagli Hezbollah in Libano, all’Iraq, allo Yemen con gli Houthi, che dopo i raid aerei di domenica su Hodeida hanno annunciato di voler intensificare i loro attacchi contro Israele. E’ proprio ai civili iraniani che Netanyahu si è rivolto in un inconsueto video messaggio “al nobile popolo persiano”, promettendo loro che il Paese sarà “libero prima di quanto la gente pensi” e che quel giorno “i nostri due popoli antichi, il popolo ebraico e il popolo persiano, saranno finalmente in pace”. “In ogni momento, il regime vi avvicina all’abisso”, ha aggiunto il premier israeliano assicurando ancora una volta che “non esiste un luogo in Medio Oriente che Israele non può raggiungere”.

I jet dell’Idf continuano intanto a martellare il Paese dei Cedri, non più solo nel sud del Libano o nella periferia di Beirut roccaforte dei miliziani sciiti: nella notte tra domenica e lunedì un raid ha colpito per la prima volta dall’8 ottobre il centro della capitale, distruggendo due piani di un edificio nel quartiere di Kola e uccidendo – ha rivendicato l’esercito – il leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Nadal Abdel-Alel, insieme ad altri due dirigenti della formazione. In un attacco nel sud è invece stato ucciso il leader di Hamas in Libano, Fateh Sherif Abu el-Amin.

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Putin aumenta le spese militari del 30% per il 2025

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“La verità è dalla nostra parte. Tutti gli obiettivi prefissati saranno raggiunti”. In un messaggio ai russi, Vladimir Putin ha salutato così il secondo anniversario dell’annessione delle quattro regioni ucraine parzialmente occupate e annesse dalla Russia. La settimana dopo il viaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky negli Usa e la presentazione del suo cosiddetto ‘piano di vittoria’, Mosca ribadisce dunque ancora una volta di voler andare fino in fondo nella sua cosiddetta operazione militare speciale. E, in linea con questa strategia, decide un aumento monstre di quasi il 30 per cento delle spese militari per il 2025. Nel progetto di legge di bilancio per il prossimo anno presentato al Parlamento si prevede di incrementare fino a 13.500 miliardi di rubli (circa 135 miliardi di euro al cambio attuale) le spese per la Difesa.

Per i due anni successivi gli investimenti per le forze armate dovrebbero scendere leggermente, per posizionarsi a 12.800 miliardi di rubli nel 2026 e 13.000 miliardi nel 2027. Recentemente il presidente russo ha deciso un aumento di quasi il 14 per cento degli effettivi delle forze armate, per portarli a un milione e mezzo. E oggi ha firmato un decreto per la chiamata alle armi di altri 133.000 soldati nell’ambito della prevista coscrizione d’autunno, dopo i 150.000 arruolati in quella di primavera. Anche se le autorità assicurano che i militari di leva non saranno impiegati in Ucraina.

Nel giugno scorso Putin aveva detto di essere pronto alla pace se Kiev avesse ritirato le sue truppe dalle quattro regioni annesse da Mosca – Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson – e si fosse impegnata ufficialmente a non entrare nella Nato. All’inizio di settembre ha affermato che la “priorità numero uno” per le truppe russe è la conquista dell’intero territorio delle regioni di Lugansk e Donetsk. Nella prima l’obiettivo è stato quasi raggiunto, mentre nella seconda prosegue la lenta avanzata delle forze di Mosca, che nelle ultime ore hanno annunciato di aver preso il controllo di un altro villaggio, quello di Nelepovka. Putin ha descritto come “un evento epocale” l’annessione delle quattro regioni ucraine, avvenuta nel settembre del 2022 dopo referendum non riconosciuti da Kiev e dalla comunità internazionale. Così come quello che nel 2014 aveva portato all’annessione della Crimea. E ha annunciato che Mosca sta lavorando ad un “piano di sviluppo socio-economico su vasta scala” dei territori controllati in Ucraina che viene già “realizzato in modo coerente”.

Le forze russe sono tornate intanto a bombardare la scorsa notte Kiev e diverse altre regioni ucraine. Secondo l’Aeronautica ucraina, sono stati lanciati tre missili e 73 droni kamikaze. La stessa fonte ha detto che uno dei missili e 67 velivoli senza pilota sono stati abbattuti. Un uomo è stato ucciso a Kupiansk, nella regione nord-orientale di Kharkiv, in seguito all’attacco di un drone, secondo il capo dell’amministrazione militare regionale. Nella regione russa di Belgorod, invece, un militare è morto ucciso e un civile è stato ferito per un drone lanciato dalle forze ucraine. Una corte militare russa nel frattempo ha condannato all’ergastolo un uomo con doppia cittadinanza russa e ucraina accusato di essere l’autore dell’attentato dinamitardo in cui lo scorso anno venne gravemente ferito lo scrittore Zakhar Prilepin e fu ucciso il suo autista. L’imputato, Alexander Permyakov, era accusato di avere agito su incarico dei servizi segreti ucraini. Prilepin, 48 anni, autore di romanzi tradotti in undici lingue tra cui l’italiano, è un noto esponente degli ambienti nazionalisti, ex combattente in Cecenia e nelle file delle milizie filorusse secessioniste nel Donbass ucraino.

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