Era soprannominato ‘Mr Untouchable’, l’intoccabile. E un’iconica copertina del New York Times Magazine del 1977 lo consegno’ alla storia come l’imprendibile signore della droga. Ora si e’ venuto a sapere che Leroy ‘Nicky’ Barnes e’ morto di tumore. E’ accaduto nel 2012, quando aveva 78 anni, ma solo adesso se ne ha notizia. Condannato all’ergastolo, dopo 20 anni dietro le sbarre viveva dalla seconda meta’ degli anni ’90 con un nuovo nome e in una localita’ segreta, grazie al programma di protezione. Le autorita’ federali glielo avevano accordato per aver contribuito a smantellare la rete dello spaccio di eroina nella Grande Mela. Solo una settimana fa, a 88 anni, si era spento il suo rivale di sempre, Frank Lucas, con il quale per anni si contese il controllo del traffico di droga nella metropoli. Un’altra pagina della storia della New York anni ’70, dunque, che si chiude definitivamente. Una New York popolata di personaggi come Barnes e Lucas che sono stati immortalati nel film ‘American Gangster’ del 2007, con Denzel Washington e Russell Crowe. Difficile chiamare Barnes un pentito. Piuttosto dal carcere non riusciva piu’ a tollerare che i suoi, li’ fuori, stavano distruggendo quell’impero che lui aveva creato tra gli anni ’60 e ’70.
Quella rete di traffici che lo aveva trasformato da un piccolo delinquentello e spacciatore di Harlem a un boss miliardario che girava con una flotta di automobili di lusso e possedeva decine tra appartamenti e case tra Manhattan, Brooklyn, Queens e Bronx. Una figura esagerata in tutto, spietata ma raffinata, di un’eleganza maniacale. Nel guardaroba si dice avesse almeno 200 abiti di alta sartoria, 100 paia di scarpe su misura e 50 cappotti di pelle. Ma Nicky Barnes era diventato anche un folk hero, un’eroe popolare, dal grande carisma e dalla grande generosita’ verso la comunita’ afroamericana che non aveva mai dimenticato. Veniva cosi’ chiamato il Robin Hood di Harlem. Leggendaria la volta che da un camion distribui’ nel suo quartiere tacchini a tutti coloro che per la Festa del Ringraziamento non potevano permetterselo, scena ripresa anche nel film di Ridley Scott. Fu la sua vanita’ a tradirlo. Il presidente Jimmy Carter si indigno’ alla copertina del New York Times Magazine, che accanto alla foto di Barnes recitava: ‘La polizia dice che forse e’ il piu’ grande spacciatore di Harlem. Ma possono provarlo?’. Si mosse la Casa Bianca e Nicky ando’ a processo, condannato alla prigione a vita. Liberato per la sua collaborazione, si sa solo che gestiva un autolavaggio automatico, chissa’ dove. “Nicky Barnes non e’ piu’ in circolazione, l’ho lasciato alle spalle, il suo stile di vita e il suo sistema di valori e’ morto”, disse nella sua ultima intervista al New York Times nel 2007.
Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE (FOTO IMAGOECONOMICA)
La dinamica dell’attacco
Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.
Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.
UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA
Le dichiarazioni del ministro Crosetto
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:
“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.
Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.
La solidarietà del Presidente Meloni
Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:
“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.
Unifil: una missione per la pace
La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.
La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.
Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.
E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.
La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.