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Esteri

È guerra anche al dissenso, Mosca soffoca i media

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La radio Eco di Mosca, la televisione Dozhd, nei prossimi giorni o addirittura nelle prossime ore, il sito Meduza: uno dopo l’altro i media indipendenti russi sono costretti a chiudere per decisione delle autorita’ in quella che appare sempre di piu’ come una guerra interna per liquidare il dissenso, parallela a quella in corso in Ucraina e giustificata proprio con la situazione di emergenza determinata dal conflitto. Le voci critiche, tuttavia, continuano faticosamente a farsi sentire, compresa quella dell’ultimo leader sovietico, Mikhail Gorbaciov, che fa appello a moltiplicare gli sforzi per la pace. “Ieri ho visitato Gorbaciov in ospedale, ha compiuto da poco 91 anni e non sta bene, ma mi ha confermato che bisogna fare quanto possibile per fermare la minaccia di una guerra nucleare”, ha detto il giornalista Premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, durante un’audizione alla commissione giuridica del Parlamento europeo. Anche il giornale di cui e’ caporedattore Muratov, Novaya Gazeta, e’ stato preso di mira. Roskomnadzor, l’ente statale che controlla i media, ha imposto a questa e ad altre testate di rimuovere notizie e articoli che descrivono le operazioni militari in Ucraina come una “guerra” o una “invasione”. L’unica definizione autorizzata e’ quella del Cremlino, cioe’ una “operazione militare speciale”. Chi sgarra puo’ essere multato o essere messo al bando. Nei giorni scorsi c’e’ stata una riunione di redazione per decidere se piegarsi al diktat per continuare l’attivita’ o ribellarsi. Alla fine un referendum tra i sostenitori finanziari della testata ha deciso per la prima opzione. Ma l’impegno, ha scritto il giornale, e’ quello di “continuare a fare giornalismo onesto”. Non e’ detto che il compromesso garantira’ a Novaya Gazeta di poter continuare a lungo le pubblicazioni, che nel primo giorno dell’invasione aveva manifestato la sua protesta con un’edizione stampata in ucraino oltre che in russo. A Eco di Mosca e Dozhd e’ gia’ andata peggio. Il primo marzo la Procura generale ne aveva disposto la chiusura e le due emittenti avevano continuato a trasmettere su Youtube. Dopo due giorni entrambe hanno gettato la spugna e cessato l’attivita’. Serve tempo “per respirare un po’ e capire come continuare a lavorare, speriamo davvero di tornare a trasmettere”, ha detto Natalia Sindieieva, direttrice generale di Dozhd. A breve potrebbe essere la volta di Meduza, secondo quanto denuncia il sito in un editoriale, avvertendo che proprio la repressione dei media indipendenti e’ “una delle cose che hanno reso possibile questa guerra”. Tra gli altri siti bloccati negli ultimi giorni figura Taiga-Info, specializzato in notizie dalla Siberia. Mentre la minaccia di chiusura pende anche sul sito web del servizio russo di Radio Liberty, Svoboda.org, per notizie relative ai bombardamenti su Kharkiv. La chiusura dei siti indipendenti mira soprattutto ad impedire la diffusione delle proteste contro la guerra, represse nei giorni scorsi con migliaia di fermi. Riferendosi all’appello lanciato dall’oppositore Alexei Navalny alla popolazione perche’ manifesti ogni giorno contro il conflitto, la Procura generale ha avvertito che “rispondendo a questi inviti, i cittadini non solo diventano potenziali vittime di provocazioni, ma vengono coinvolti nell’operato di organizzazioni radicali”. Il che puo’ comportare condanne fino a sei anni di reclusione. Mentre domani i parlamentari discuteranno un progetto di legge che prevede condanne fino a 15 anni per la diffusione di “notizie false” sull’esercito. Ma anche da qualche personaggio vicino a Putin si levano velati segnali di malcontento. Kseniya Sobchiak, figlia dell’ex sindaco di San Pietroburgo, giornalista e conduttrice televisiva, che lo zar ha visto crescere quando lavorava alle dipendenze di suo padre, afferma che “il mondo e’ sull’orlo del disastro”. “Vladimir e Volodymyr, fate delle concessioni reciproche”, aggiunge, rivolgendosi a Putin e al presidente ucraino Zelensky.

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Breton: von der Leyen non mi voleva, gestione dubbia

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Il francese Thierry Breton accusa Ursula von der Leyen di aver chiesto a Parigi di sostituire il suo nome nel quadro dei negoziati per la formazione della nuova Commissione Ue. Sviluppi che “testimoniano ulteriormente una governance dubbia” e che lo hanno portato alle dimissioni. “Lei ha chiesto alla Francia di ritirare il mio nome – per ragioni personali che in nessun caso lei ha discusso con me direttamente – e ha offerto alla Francia, come scambio politico, un portafoglio che sarebbe più influente. Le sarà ora proposto un altro candidato”, si legge nella lettera di dimissioni di Breton indirizzata a von der Leyen.

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Esteri

Kiev invita Onu e Croce Rossa nella zona occupata del Kursk

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Il nuovo ministro degli Esteri dell’Ucraina, Andriy Sybiha, ha invitato le Nazioni Unite e il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) a visitare la porzione della regione russa di Kursk che le truppe di Kiev occupano. “L’Ucraina è pronta a facilitarne il lavoro ed a provare che rispetta il diritto umanitario internazionale” in quel territorio russo, ha scritto Sybiha su X.

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Comore, il presidente Assoumani accoltellato: è fuori pericolo

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Il presidente delle Comore, Azali Assoumani, è “fuori pericolo” dopo essere stato ferito venerdì in un attacco con coltello da parte di un poliziotto di 24 anni che è stato trovato morto nella sua cella il giorno dopo. Lo rendono noto le autorità dello Stato africano insulare, citate dai media internazionali. L’attentato è avvenuto intorno alle 14 ora locale a Salimani Itsandra, subito a nord della capitale Moroni. “Il presidente sta bene. Non ha problemi di salute, è fuori pericolo. Gli sono stati dati alcuni punti di sutura”, ha detto ieri sera il ministro dell’Energia comoriano Aboubacar Said Anli in una conferenza stampa. Azali è stato aggredito mentre partecipava a un funerale. Il movente dell’attacco non è stato ancora determinato.

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