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Attaccati turisti israeliani in Egitto, 2 morti

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Un attacco inaspettato in pieno giorno nel cuore di Alessandria d’Egitto. Due turisti israeliani che insieme al loro gruppo erano in visita in un antico sito archeologico nella città costiera egiziana, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco sparati contro il loro bus, a poche ore dall’attacco senza precedenti lanciato dal gruppo militante palestinese Hamas nel sud di Israele e mentre è in corso l’allerta che mette in guardia gli israeliani da potenziali attentati nei loro confronti. A sparare sul gruppo di turisti nella zona del santuario Aumd al-Sawari nell’area di El Manshiyya, secondo le informazioni trapelate sui media locali, sarebbe stato un agente di polizia.

A cadere sotto il fuoco del poliziotto, poi arrestato, anche un egiziano, una guida turistica, mentre un altro israeliano rimasto ferito è stato trasferito in ospedale per essere curato. L’agenzia ufficiale Mena scrive che l’agente avrebbe sparato “alla cieca” e “con la propria arma personale”, ma al momento la dinamica dell’agguato resta ancora tutta da definire, come anche il movente. Secondo il generale di brigata egiziano Khaled Okasha, direttore del Centro per gli studi e le riflessioni strategiche, il poliziotto che ha sparato “forse aveva percepito una minaccia per la vita dei turisti presenti nell’area” e “la sua valutazione sulla sicurezza potrebbe essere stata sbagliata in quel momento”. A testimoniare la situazione drammatica vissuta questa mattina ad Alessandria una serie di video – ripresi dopo gli attacchi – che mostrano le due vittime distese sul pavimento di pietra del sito, un altro uomo ferito e adagiato sulle scale, mentre ufficiali egiziani vestiti di bianco parlano tra loro, e nessuno riceve cure mediche, ha scritto la stampa israeliana. Nelle immagini si possono vedere anche delle donne israeliane del gruppo di turisti che urlano in modo frenetico agli ufficiali locali: “Ambulanza! Ambulanza!”.

L’Egitto è stato il primo paese arabo a fare la pace con Israele nel 1979, ma le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi lo rendono impopolare presso molti egiziani. Il quotidiano Haaretz ricorda infatti che “in Egitto il sentimento anti-israeliano è particolarmente forte durante gli episodi di violenza”. Lo scorso giugno, un coscritto della polizia egiziana uccise tre soldati israeliani vicino al confine tra i due paesi. La versione fornita dal Cairo parlava di uno scontro a fuoco con i soldati mentre era in atto un inseguimento dei trafficanti di droga, ma secondo Israele si sarebbe trattato invece di un attacco terroristico. Il Consiglio di sicurezza nazionale israeliano ha sollecitato i connazionali a lasciare l’Egitto il prima possibile e di astenersi dal viaggiare in altri Paesi del Medio Oriente e in nazioni già segnalate. L’ambasciata americana al Cairo ha esortato i propri connazionali a prendere precauzioni poiché l’attacco potrebbe essere collegato agli scontri tra gli israeliani e i miliziani palestinesi.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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