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Droni su Kiev, la gente sui balconi insulta Putin

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Il regalo dei russi per il compleanno numero 1541 di Kiev è stato “il più massiccio attacco di droni sulla capitale dall’inizio dell’invasione”: 36 Shahed sono stati lanciati sulla città durante una lunghissima notte di allarme antiaereo durato quasi cinque ore, con le esplosioni che per la quattordicesima volta nel mese di maggio hanno tenuto svegli gli ucraini fino all’alba della Giornata di Kiev, in cui si celebra la sua fondazione. Stavolta, i detriti degli Uav abbattuti hanno provocato un morto, un uomo di 41 anni, due feriti, danni e incendi in tre distretti della capitale. Ma Kiev resiste: nella sua storia “ha assistito a varie atrocità da parte degli invasori. È sopravvissuta a tutti, sopravviverà a tutti. Nessuno di loro sarà qui”, ha assicurato il presidente ucraino Zelensky, convinto che il suo Paese “porrà fine alla storia del dispotismo di Mosca” che “non sarà salvata dagli Shahed”. Raccogliendo lo spirito di chi nella capitale, nonostante la paura dei raid, è rimasto nella notte sui balconi urlando insulti contro il presidente russo Vladimir Putin e proclamando “gloria alla difesa aerea”.

Invece di scendere nei rifugi per cercare riparo dai missili. In tutta l’Ucraina, l’antiaerea è riuscita ad abbattere 58 su 59 droni “di fabbricazione iraniana” lanciati contro il Paese in più ondate. “Siete i nostri eroi”, ha detto il presidente ucraino Zelensky rivolgendosi alle “forze di difesa aerea” che “abbattendo droni e missili nemici salvano vite” e ai “soccorritori che sono coinvolti nell’eliminare le conseguenze degli attacchi”. Ma nonostante il loro lavoro, i raid russi sono riusciti a colpire Zhytomyr, in Ucraina occidentale. Nella notte è stata bombardata anche Nikopol, nella regione orientale di Dnepropetrovsk, distruggendo abitazioni ed edifici e danneggiando un gasdotto e le linee elettriche, senza tuttavia fare vittime. Due civili sono morti per un bombardamento sulla regione di Kharkiv. Nel frattempo, è salito a quattro il bilancio degli uccisi dal raid che ha colpito un ospedale psichiatrico e una clinica veterinaria di Dnipro il 26 maggio, con il ritrovamento dei resti dei tre dispersi.

“Continuano i barbari attacchi della Russia che uccidono e terrorizzano i civili: l’attacco all’ospedale di Dnipro, ora a Kyiv all’alba del Kyiv Day. La leadership russa e i responsabili degli attacchi saranno chiamati a risponderne”, il commento dell’Unione europea agli ultimi attacchi. Il presidente Zelensky prova a vendicarsi sull’Iran – accusata di fornire alla Russia i droni per gli attacchi – presentando al Parlamento una bozza di risoluzione che prevede nuove sanzioni per 50 anni contro Teheran, compreso il divieto totale di commercio, investimenti e trasferimento di tecnologie. Ma la richiesta di Kiev resta la medesima: “Se avessimo un F-16, ovviamente, con il suo potente radar e le sue armi, sarebbe in grado di svolgere i suoi compiti il cento per cento delle volte” contro droni e missili, ha dichiarato il portavoce dell’Aeronautica militare ucraina Yuriy Ihnat. Appelli che continuano ad irritare Mosca: con i caccia, l’Occidente sta “giocando col fuoco”, secondo il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che parla di “un’escalation inaccettabile” coi piani per l’invio di F-16 a Kiev.

Da Londra, arriva poi la minaccia dell’ambasciatore russo in Regno Unito Andrei Kelin, che parlando alla Bbc ha sottolineato che il suo Paese dispone di “enormi risorse” e deve ancora “agire molto seriamente” in Ucraina. Dichiarazioni sulle quali pesano gli sviluppi della guerra, con gli invasori che ormai devono vedere quotidianamente attacchi oltre il confine: a Belgorod, il villaggio di Novaya Tavolzhanka è stato colpito da un drone e ci sono stati danni a un gasdotto e una linea di trasmissione elettrica, secondo il governatore della regione russa Vyacheslav Gladkov. Un altro drone è caduto nelle campagne del territorio di Krasnodar, ma nessuno è rimasto ferito, ha riferito il capo distrettuale Yury Vasin. Le tensioni sono al massimo, e il giorno 459 dall’inizio dell’invasione si chiude ancora senza uno spiraglio di pace. Con i blocchi sempre più contrapposti. “Noi polacchi siamo rifugiati nella Ue e se non fossimo lì la guerra sarebbe in corso anche in Polonia. Noi sosteniamo al massimo l’Ucraina e vogliamo una volta per tutte mettere a posto la Russia che ha un sistema politico sbagliato”, sostiene al Festival dell’economia di Trento Lech Walesa, presidente della Polonia dal 1990 al 1995 e Premio Nobel per la pace nel 1983.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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