Non e’ stato Paolo Calligars a uccidere l’allora compagna Tatiana Tulissi, freddata a colpi di pistola sull’uscio della villa di Manzano (Udine) in cui la coppia abitava, nel tardo pomeriggio dell’11 novembre 2008. Lo ha stabilito la Corte d’assise d’appello di Trieste con una sentenza nella tarda serata di ieri dopo una lunga camera di consiglio. La Corte ha assolto l’imprenditore friulano con formula piena, “per non aver commesso il fatto”, dall’accusa di omicidio. Il verdetto ha stracciato la condanna a 16 anni di reclusione del 19 settembre 2019 dal gup del tribunale di Udine, in primo grado. A quasi 13 anni di distanza, il giallo e’ irrisolto. Il giorno del delitto, Tatiana Tulissi ha fatto rientro a casa dopo essere uscita dal lavoro intorno alle 17.30; ha acceso il camino ed e’ uscita in giardino per prendere la legna. Intorno alle 18.30 ha incontrato il suo assassino, dal quale ha tentato di difendersi. L’omicida ha sparato cinque colpi di pistola, esplosi da un revolver Astra calibro 38 special mai trovato; tre hanno raggiunto la donna, ferendola mortalmente. Le indagini, avviate immediatamente, erano state condotte a 360 gradi. Tra le ipotesi inizialmente formulate dagli inquirenti c’erano anche il tentativo di rapina finito in tragedia o un omicidio su commissione, e coinvolsero anche persone vicine alla vittima, tra cui lo stesso compagno. Le loro posizioni furono tutte archiviate. Indagato e archiviato una prima volta su richiesta della stessa Procura, Paolo Calligaris fu nuovamente iscritto nel registro degli indagati nel 2016 con la riapertura delle indagini, culminate con la richiesta di rinvio a giudizio nel novembre 2018. Calligaris si era sempre proclamato innocente. “E’ una sentenza coraggiosa. Nel clima che si era formato su questo processo non era facile prendere una posizione di questo tipo”, ha detto l’avvocato Rino Battocletti, che insieme al professor Alessandro Gamberini e alla collega Cristina Salon compone il collegio difensivo di Paolo Calligaris, commentando l’esito del processo d’appello. “Questo processo e’ stato viziato da un circuito perverso con i mass media”, ha aggiunto la difesa facendo riferimento anche alla puntata di una trasmissione televisiva, a cui avevano partecipato “un ex carabiniere che aveva condotto le indagini e un consulente della Procura”, “andata in onda quando ancora non era iniziato il secondo grado”. “E’ orrendo anticipare i processi alla televisione. Questo abbiamo detto e scritto nei nostri atti difensivi”. “Abbiamo sempre sostenuto che questo processo non avrebbe mai dovuto iniziare e l’azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata – ha aggiunto il legale della difesa – La sentenza di primo grado ci aveva lasciato sgomenti per come si fondasse su numerosi travisamenti dei fatti”.