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Cultura

“Domenica al museo”, Pompei top con 17.463 visitatori

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“Anche questa domenica al museo di agosto si chiude con un bel risultato in termini di affluenza nei musei e nei parchi archeologici statali. Tantissimi visitatori hanno potuto trascorrere parte della loro giornata immersi nella bellezza del patrimonio culturale della nazione. Questi risultati confermano la nostra azione e spingono ad aumentare il nostro impegno per rendere le nostre strutture sempre più accoglienti, moderne ed efficienti. Il mio grande ringraziamento va a tutti i lavoratori che, anche oggi, hanno garantito con la loro professionalità l’apertura dei siti”. Lo dichiara il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano commentando i primi dati disponibili relativi alla #domenicalmuseo di agosto.

Di seguito si riportano i dati provvisori pervenuti:

  1. Parco archeologico di Pompei 17.463;
  2. Parco archeologico del Colosseo – Colosseo. Anfiteatro Flavio 15.880;
  3. Pantheon – Basilica di Santa Maria ad Martyres 12.573;
  4. Gallerie degli Uffizi – Gli Uffizi 10.119;
  5. Parco archeologico del Colosseo – Foro Romano e Palatino 8.995;
  6. Reggia di Caserta 7.228;
  7. Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti 6.796;
  8. Galleria dell’Accademia di Firenze 6.278;
  9. Musei Reali di Torino 4.470;
  10. Castel Sant’Angelo 4.281;
  11. Museo archeologico nazionale di Napoli 3.467;
  12. Villae – Villa d’Este 3.416;
  13. Pinacoteca di Brera 2.751;
  14. Grotte di Catullo e Museo Archeologico di Sirmione 2.710;
  15. Museo storico del Castello di Miramare 2.664;
  16. Castel Sant’Elmo e Museo del Novecento a Napoli 2.609;
  17. Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini 2.362;
  18. Parco archeologico di Paestum e Velia – Museo e area archeologica di Paestum 2.310;
  19. Musei del Bargello – Cappelle Medicee 2.173;
  20. Galleria Borghese 1.930; Castello svevo di Bari 1.805;
  21. Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea 1.779;
  22. Palazzo Reale di Napoli 1.769;
  23. Galleria nazionale dell’Umbria 1.754;
  24. Cenacolo Vinciano 1.720;
  25. Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria 1.689;
  26. Gallerie dell’Accademia di Venezia 1.633;
  27. Terme di Caracalla 1.606;
  28. Castel del Monte 1.445;
  29. Galleria nazionale delle Marche 1.438;
  30. Palazzo Ducale di Mantova 1.321;
  31. Certosa di San Martino 1.239;
  32. Villae – Villa Adriana 1.232;
  33. Museo nazionale romano – Palazzo Massimo 1.077;
  34. Museo e Real Bosco di Capodimonte – Museo di Capodimonte 1.064;
  35. Castello Scaligero di Sirmione 1.044;
  36. Musei del Bargello – Complesso di Orsanmichele 990;
  37. Musei del Bargello – Museo nazionale del Bargello 900;
  38. Museo archeologico nazionale di Taranto 866; Villa della Regina 862;
  39. Complesso monumentale della Pilotta 851;
  40. Museo nazionale romano – Terme di Diocleziano 846;
  41. Museo nazionale d’Abruzzo dell’Aquila 824;
  42. Complesso Monumentale Pilotta 816;
  43. Palazzo Carignano 745; Museo di Palazzo Grimani 743;
  44. Musei nazionali di Cagliari 731;
  45. Museo nazionale romano – Palazzo Altemps 729;
  46. Palazzo Farnese di Caprarola 685;
  47. Certosa di San Giacomo a Capri 671;
  48. Musei nazionali di Genova – Palazzo Reale di Genova 589;
  49. Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia – Necropoli dei Monterozzi e Museo archeologico nazionale di Tarquinia 493;
  50. Museo nazionale etrusco di Villa Giulia 485;
  51. Museo archeologico nazionale di Ravenna 418; Basilica di Sant’Apollinare in Classe 388;
  52. Museo delle Civiltà 378; Museo archeologico nazionale di Firenze 373;
  53. Gallerie Nazionali di Arte Antica – Galleria Corsini 365;
  54. Museo d’Arte Orientale Venezia 364; Galleria Spada 364; Musei nazionali di Genova – Palazzo Spinola di Genova 330;
  55. Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia – Necropoli della Banditaccia e Museo nazionale archeologico Cerite a Cerveteri 306.

A questi si aggiungono i 13.258 visitatori del ViVe – Vittoriano e Palazzo Venezia e i 9.252 delle Gallerie degli Uffizi – Giardino di Boboli.

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Ritrovato il 145/o manoscritto del Milione di Marco Polo

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Proprio nell’anno che celebra i 700 anni dalla morte di Marco Polo, è stato ritrovato un manoscritto del Devisement dou monde/Milione presente nei cataloghi, ma ignoto agli studi su Marco Polo (è assente da tutti i censimenti del Milione) che risulta essere l’ultimo dei codici oggi noti in ordine di tempo del testo del grande viaggiatore veneziano. Sono 145 raggruppati in diverse famiglie.

Il ritrovamento, che si inserisce nel più ampio lavoro sul Milione coordinato da Eugenio Burgio, Marina Buzzoni e Samuela Simion dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Antonio Montefusco dell’Università di Nancy, riveste notevole interesse perché aggiunge nuove importanti informazioni riguardo alla trasmissione del testo e alle sue varie versioni. La storia della diffusione del Milione è in effetti una delle più intricate e appassionanti della letteratura medievale: il successo dell’opera determinò una fioritura di traduzioni, riscritture, adattamenti, riflesso dei numerosi ambienti in cui il testo fu letto.

Il manoscritto è un testimone quasi ignoto di una traduzione realizzata mentre Marco era ancora vivo, ed è da questa traduzione che derivano le versioni con cui il Milione venne conosciuto e letto. Il manoscritto è conservato nella Biblioteca Diocesana Ludovico Jacobilli di Foligno, con segnatura Jacobilli A.II.9, e trasmette la traduzione che gli studiosi chiamano VA, realizzata entro il primo quarto del Trecento nell’Italia nord-orientale.

L’importanza di questa traduzione risiede soprattutto nell’ampiezza della sua diffusione: il testo di VA venne infatti sottoposto a numerose traduzioni, sia in latino che in volgare, tanto che gran parte dei manoscritti superstiti è, direttamente o indirettamente, una sua emanazione. È quindi la versione in cui il libro di Marco Polo venne più letto e conosciuto in Europa.

Solo nei prossimi mesi si potrà aggiungere qualche informazione sulla posizione del manoscritto all’interno della tradizione manoscritta del Milione, in attesa di uno studio più ampio che sarà pubblicato su una delle riviste principali del settore. Tra le attività dell’anno dedicato a Marco Polo anche la pubblicazione della prima edizione digitale dell’opera di Marco Polo, resa disponibile agli studiosi di tutto il mondo e pubblicata da Edizioni Ca’ Foscari in open access e open source.

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John & Yoko, amore musica e politica nel docu da Oscar

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John Lennon fa fare l’aeroplanino al figlioletto Sean appena nato e poi lo porta a spasso mentre Yoko Ono gli dà la pappa nella cucina dell’appartamento nel Dakota Building con vista su Central Park: un quadretto familiare tenero che è una delle tante scoperte di ‘One to One: John & Yoko’, il documentario dello scozzese Kevin MacDonald con Sam Rice-Edwards che è una vera e propria immersione negli anni newyorkesi di Lennon ormai separato dai Beatles. Il film è in anteprima mondiale fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia e poi andrà al festival di Telluride.

Il regista ha potuto accedere all’archivio Lennon e alla Lennon’s Estate e ricostruire l’esperienza della coppia che tra musica, concerti benefici, manifestazioni partecipava alla vita culturale della città e soprattutto a quella politica. Erano gli anni della guerra in Vietnam, dei cortei dei giovani che chiedevano stop the war e peace now – scene e frasi drammaticamente attuali – del presidente Nixon da boicottare ma che invece veniva rieletto, del governatore razzista dell’Alabama George Wallace oggetto di un attentato che infiammò l’America.

Cosa non si è detto, visto, scritto dei FabFour, del loro addio – The Beatles: Get Back di Peter Jackson nel 2021 è solo l’ultimo degli approfondimenti – di Yoko Ono rovina Beatles eccetera eccetera? Eppure One to One: John & Yoko getta nuova luce. Innanzitutto il periodo non troppo indagato: siamo nel 1971-1972, la coppia innamoratissima era arrivata dall’Inghilterra, aveva preso casa al 496 di Broome Street a Soho e al 105 di Bank Street al Village, trascorreva giornate a letto, il famoso periodo peace and love, strimpellando, cantando, intervenendo nei programmi tv, ma cominciava di fatto una nuova vita. Fu allora che John e Yoko si impegnarono pesantemente in cause politiche e realizzarono Some Time in New York City, passato alla storia come il peggior album di Lennon e soprattutto il concerto di beneficenza per la famigerata Willowbrook State School per bambini con disabilità intellettive, che un’inchiesta tv aveva svelato come un istituto in pratica di detenzione pediatrica.

Lennon e Ono (la cui figlia Kyoko avuta dall’ex marito Anthony Cox, le era stata sottratta con grande dolore) si buttano con generosità nella realizzazione del concerto così come in altre cause, spesso insieme all’attivista sociale Jerry Rubin e al padre beatnik Allen Ginsburg, tentando di coinvolgere anche un recalcitrante Bob Dylan e quegli slanci sono forse una delle belle scoperte del documentario. One to One ebbe luogo al Madison Square Garden il 30 agosto 1972, l’unico concerto completo che Lennon tenne dopo aver lasciato i Beatles e prima che venne ucciso da un fan squilibrato sotto casa l’8 dicembre 1980. Il film è il racconto di anni irrequieti per l’America, per Lennon e Yoko (femminista della prima ora partecipa alla prima storica riunione, 1971), tra pubblico e privato.

E poi però c’è la musica Imagine, Looking over from my hotel window, Hound Dog, Come together, 39, Mother e tante altre. “L’idea del film – ha detto il regista – è stare con loro, come seduti nella loro casa, c’è intimità, c’è la storia del dolore di Yoko che cercava la figlia e c’è anche la loro vulnerabilità di famosi, ricchi, generosi e idealisti che volevano fare la rivoluzione ma poi disillusi pensarono alle piccole cose da cambiare, come far star meglio i bambini della Willowbrook School”. E poi, se pure è un tema divisivo dagli anni ’60, c’è Yoko Ono “questo film ha dato a Yoko la possibilità di essere vista, uguale a John”.

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Cultura

Il mare delle Egadi restituisce un rostro in bronzo

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Fu l’arma letale nella Battaglia delle Egadi, combattuta a nord-ovest dell’isola di Levanzo nel 241 avanti Cristo, che segnò la fine della prima guerra punica con la vittoria dei Romani sui Cartaginesi. Era il rostro a tre fendenti che si allungava a prua dell’imbarcazione. La trireme, lanciata a velocità sulle navi nemiche determinava, con il colpo del rostro, squarci micidiali nelle navi nemiche causandone il loro affondamento. L’ultimo importante reperto archeologico di questo tipo è stato appena restituito dal mare delle Egadi.

La campagna di ricerche di agosto ha, infatti, consentito di recuperare un rostro in bronzo che si trovava su un fondale a circa 80 metri di profondità. Il reperto è stato recuperato dai subacquei della “Society for documentation of submerged sites” (Sdss) con l’ausilio della nave oceanografica da ricerca “Hercules” che negli anni ha permesso, grazie alle sofisticate strumentazioni presenti a bordo, l’individuazione e il recupero di numerosi reperti riguardanti l’importante evento storico del III secolo a.C. Il rostro è stato trasferito nel laboratorio di primo intervento nell’ex Stabilimento Florio di Favignana ed è già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.

Le sue caratteristiche sono simili a quelle degli altri già recuperati nelle precedenti campagne di ricerca: nella parte anteriore una decorazione a rilievo che raffigura un elmo del tipo Montefortino con tre piume nella parte superiore, mentre le numerose concrezioni marine non consentono ancora di verificare la presenza di iscrizioni. Le attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana sono condotte da circa 20 anni da un team formato dalla Soprintendenza del Mare, dalla statunitense Rpm Nautical Foundation e dalla Sdss.

“I fondali delle Egadi sono sempre una fonte preziosa di informazioni per aggiungere ulteriori conoscenze sulla battaglia navale tra la flotta romana e quella cartaginese. L’intuizione di Sebastiano Tusa continua ancora oggi a ricevere conferme sempre più puntuali, avvalorando gli studi dell’archeologo che avevano consentito l’individuazione del teatro della battaglia” ha commentato l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato. “Con quest’ultimo rostro – sottolinea l’assessore -, salgono a 27 quelli ritrovati a partire dai primi anni Duemila. Negli ultimi 20 anni sono stati individuati anche 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, due spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore”. La battaglia delle Egadi, descritta da Polibio e da molti altri storici antichi, concluse la lunga prima guerra punica grazie ad una svolta impressa dall’audace ammiraglio Lutazio Catulo che sbloccò una situazione di stallo anche grazie a un’arma micidiale come quella rappresentata dal rostro.

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