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Cronache

Domande per l’Assegno di inclusione, si paga a gennaio

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Partono le domande per l’Assegno di inclusione, la nuova misura di sostegno economico e inclusione sociale che entra in vigore da gennaio prossimo, con i primi pagamenti attesi già dalla fine del mese. E che dà l’addio al Reddito di cittadinanza. L’Adi è rivolto ai nuclei familiari che includono almeno una persona con disabilità, minori, over 60 o in condizioni di svantaggio. Le richieste si presentano sul sito dell’Inps e nel pomeriggio del giorno dell’esordio superano già quota 50mila.

Per la gran parte, frutto dell’inserimento diretto da parte dei cittadini, sottolinea la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, per “rassicurare” chi temeva che la procedura fosse complessa. Anche sulla platea interessata la ministra respinge le critiche e le accuse – tra l’opposizione e qualche sindacato – di chi sostiene che la nuova misura non dà risposte adeguate contro la povertà e lascerà fuori migliaia di persone rispetto al Reddito di cittadinanza.

Replicando su questo punto anche all’ultimo studio di Bankitalia (“Non sono affatto convinta dell’analisi fatta”, dice). E spiega che i numeri dei potenziali destinatari sono gli stessi: “Al primo gennaio 2023 c’erano 763mila nuclei familiari percettori di Reddito di cittadinanza in condizione di fragilità, quella è la nostra platea per l’Adi”, cui “abbiamo aggiunto ulteriori condizioni di fragilità”. Questa misura, insieme al Supporto per la formazione e il lavoro partito il primo settembre scorso, dà “risposte a bisogni specifici”, rivendica Calderone. Un cambio di paradigma.

“Abbandoniamo il Reddito di cittadinanza, una misura meramente assistenzialista. Il governo si è assunto la responsabilità di voltare pagina”, rimarca la viceministra del Lavoro, Maria Teresa Bellucci. I primi pagamenti potranno dunque avvenire già a fine gennaio. Accolta la domanda, il beneficio decorre dal mese successivo alla sottoscrizione del Patto di attivazione digitale (Pad). Ma in fase di prima applicazione, per le domande complete del Pad e presentate entro gennaio il beneficio sarà riconosciuto dallo stesso mese. Secondo il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, entro il 31 gennaio si avranno “tutte le domande e i Pad sottoscritti dalla platea interessata”.

Assicurati i controlli ex ante. L’assegno di inclusione verrà riconosciuto anche alle donne vittime di violenza e senza i vincoli reddituali fissati negli altri casi, perché considerate nucleo a se stante e quindi indipendenti dalla famiglia. Dove in certi casi nasce la violenza. In generale, per quanto riguarda i requisiti economici, il valore dell’Isee non deve essere superiore a 9.360 euro. Il pagamento dell’Adi avverrà con la Carta di inclusione, ricaricabile emessa da Poste italiane, e potrà essere riconosciuto per 18 mesi e rinnovato, dopo la stop di un mese, per ulteriori 12 mesi. L’importo massimo annuo è di 6mila euro, incrementabile in base alla composizione del nucleo e alle necessità abitative.

E’ di 7.560 euro l’anno se il nucleo è composto da persone over 67. Tra i sindacati – che nel pomeriggio incontrano la ministra proprio sull’Adi – la risposta non è univoca. La Cgil parla di “incontro deludente” che arriva dopo sette mesi dall’approvazione del decreto lavoro con cui è stata “superata una misura di contrasto alla povertà a carattere universale”, il Reddito di cittadinanza, e introdotta “una misura categoriale”, dalla quale “restano esclusi in troppi”. La Uil conferma la sua preoccupazione e considera l’assegno di inclusione un provvedimento “complesso per gli addetti ai lavori, figuriamoci per gli aventi diritto”. La Cisl chiede un monitoraggio “attivo ed assicurato in tempi congrui, a partire da un primo step da fissare nella prima metà di gennaio”. L’assegno di inclusione rappresenta “un passo indietro nella lotta al contrasto alla povertà”, afferma il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia.

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Cronache

“Bomba Sinner”: un’invenzione giornalistica che alimenta il mito dei botti illegali

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La “bomba Sinner”, il nuovo ordigno di Capodanno sequestrato dai carabinieri in un appartamento di Pozzuoli, è solo l’ultima trovata di un fenomeno mediatico e sociale che va ben oltre la cronaca. Il nome, che richiama il tennista altoatesino Jannik Sinner, si unisce alla lunga lista di fuochi d’artificio illegali battezzati con appellativi accattivanti come “Maradona”, “Scudetto” o “Kvara”. Ma mentre questo genere di denominazioni richiama una sorta di “marketing” dei botti, è impossibile non notare come perpetui luoghi comuni pericolosi e pregiudizi su Napoli e il suo rapporto con l’illegalità.

La realtà dietro la “bomba Sinner”

Il nome non ha nulla a che vedere con il campione di tennis, ma sfrutta l’immaginario di esplosività associata al suo talento sportivo. La realtà, però, è ben diversa: si tratta di un ordigno pericoloso e illegale, capace di causare mutilazioni o peggio. L’ordigno, insieme ad altri 486 petardi illegali, è stato sequestrato dai carabinieri nell’abitazione di un 24enne incensurato a Pozzuoli, trasformata in una vera santabarbara. Materiale esplosivo per un totale di 50 chili era conservato in condizioni precarie, mettendo a rischio non solo l’incolumità del giovane, ma anche quella dei suoi vicini.

Un marketing pericoloso e la complicità dei media

La “bomba Sinner” e altri ordigni illegali sono promossi su piattaforme come Telegram, TikTok e Instagram, dove la vendita e distribuzione si sviluppano con logiche da e-commerce. I nomi accattivanti, però, non sono solo una trovata degli stessi produttori, ma trovano amplificazione nei media, che trasformano questi episodi in sensazionalismo, anziché sottolinearne i rischi. È qui che si insinua una responsabilità più ampia: invece di denunciare con forza il pericolo dei botti illegali, si finisce per rafforzarne la “fama”, perpetuando un’attrazione malsana verso questi prodotti.

Il perpetuarsi dei pregiudizi su Napoli

La narrazione che emerge da episodi come quello della “bomba Sinner” alimenta stereotipi radicati su Napoli e la Campania come luoghi di illegalità e anarchia diffusa. I nomi dei botti – da Maradona a Kvara – sono spesso legati a simboli locali, trasformando un problema grave in un racconto folkloristico che fa leva su luoghi comuni. In realtà, Napoli è una città con un tessuto sociale e culturale straordinario, che spesso lotta contro queste narrazioni riduttive. Collegare automaticamente l’illegalità a simboli della cultura partenopea non fa che danneggiare l’immagine di un territorio già troppo spesso vittima di pregiudizi.

Un problema nazionale, non locale

È importante sottolineare che il fenomeno dei botti illegali non è un problema esclusivamente napoletano. Gli ordigni sequestrati a Pozzuoli erano destinati anche al mercato tedesco, dimostrando che si tratta di un commercio organizzato su scala ben più ampia. Ridurre la questione a un “problema di Napoli” non solo ignora la complessità del fenomeno, ma ostacola una reale presa di coscienza e interventi efficaci.

L’urgenza di un cambiamento culturale

Il fenomeno dei botti illegali rappresenta un rischio concreto per la sicurezza pubblica e un problema culturale. Ogni anno, questi ordigni causano gravi ferite, amputazioni e persino vittime. Serve un cambio di paradigma: da una narrazione che esalta nomi e appellativi dei botti, si deve passare a una comunicazione che ne evidenzi i pericoli, senza alimentare inutili sensazionalismi.

La “bomba Sinner” non è solo un ordigno pericoloso: è un simbolo di come il sensazionalismo e la superficialità possano alimentare pregiudizi e ignorare il vero problema. Napoli merita una narrazione diversa, che metta in evidenza la lotta quotidiana di tanti cittadini contro l’illegalità, piuttosto che ridurla a un cliché. Allo stesso tempo, occorre un impegno collettivo per contrastare la produzione e la diffusione di fuochi illegali, puntando su una cultura della sicurezza e della responsabilità.

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Rischio disagi nel weekend per lo sciopero dei treni

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Treni a rischio per chi viaggia nel weekend. Scatta stasera alle 21 lo sciopero nazionale di 24 ore nel trasporto ferroviario, fino alla stessa ora di domenica, proclamato dai sindacati autonomi. La protesta coinvolgerà “tutto il personale delle aziende che operano nel settore ferroviario”, informa il sindacato di base Usb e quindi Fs, Italo e Trenord. Fs già da ieri ha avvertito che “lo sciopero potrebbe avere un impatto significativo sulla circolazione ferroviaria e comportare cancellazioni totali e parziali di Frecce, Intercity e treni del Regionale di Trenitalia”, con gli effetti, in termini di cancellazioni e ritardi, che “potranno verificarsi anche prima e protrarsi oltre l’orario di termine della protesta sindacale”. Il gruppo invita, quindi, i passeggeri “a informarsi prima di recarsi in stazione e, se possibile, a riprogrammare il viaggio”.

L’agitazione di questo weekend “si colloca dentro la vertenza per il rinnovo contrattuale nazionale delle attività Ferroviarie, portato avanti da un fronte ampio di sigle di base” spiega l’Usb. Ma dopo questo stop i treni non saranno coinvolti dallo sciopero generale di Cgil e Uil in programma venerdì 29 novembre. A parte il trasporto ferroviario, lo sciopero coinvolgerà, infatti, tutto il resto del personale dei trasporti: aereo, marittimo, bus, tram, filobus. Sullo sciopero generale indetto dalla Cgil e dalla Uil per il 29 novembre “abbiamo rispettato tutte le norme e le leggi che ci sono”, ripete intanto il leader della Cgil, Maurizio Landini, a margine della tappa di Bologna della terza marcia mondiale per la pace.

“Invito tutti i lavoratori a esserci”, è l’appello del segretario generale, che spiega come si sia deciso di “esentare i ferrovieri semplicemente perché c’è uno sciopero già oggi e domani, quindi non era possibile proclamarlo e abbiamo rispettato quella regola. Per il resto, abbiamo rispettato le norme e le leggi che ci sono”. “Ai lavoratori di tutte le altre categorie e settori chiediamo di partecipare, perché la condizione che ci ha portato allo sciopero parte da cose molto precise. Landini il 29 sarà alla manifestazione a Bologna. Nella stessa giornata il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sarà invece a Napoli.

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A Napoli si lancia da auto in corsa per sfuggire ad abusi

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E’ salita su un’auto pensando fosse il taxi che stava aspettando per tornare a casa ma una volta a bordo il conducente ha iniziato a molestarla e quando lei ha reagito l’ha schiaffeggiata e le ha sottratto il cellulare. Così la ragazza, nel tentativo di fuggire alle violenze, ha aperto la portiera e si è lanciata dall’auto in movimento. E’ accaduto la notte scorsa, in via Fratelli Grimm alla periferia di Napoli, nel quartiere di Ponticelli. La Polizia di Stato ha arrestato un 38enne del Casertano per rapina e violenza sessuale.

E’ stato un cittadino a chiamare la polizia e a raccontare che una donna si era lanciata da un’auto in corsa. I poliziotti, giunti immediatamente sul posto, hanno accertato che la vittima era salita a bordo in corso Umberto. Grazie alle descrizioni del veicolo e dell’aggressore, gli agenti del Commissariato Vasto-Arenaccia, hanno rintracciato in via Brin il responsabile che, dopo essere stato identificato e trovato in possesso degli effetti personali della vittima, è stato arrestato; inoltre, nel veicolo, gli operatori hanno rinvenuto diversi documenti di riconoscimento intestati ad altre persone, di cui l’uomo non ha saputo giustificare la provenienza; il 38enne è stato anche denunciato per ricettazione.

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