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Esteri

Diktat di Trump: mie nomine senza la conferma del Senato

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Donald Trump entra nella battaglia per la leadership del Senato appena riconquistato dai repubblicani e cerca già la prima scorciatoia nella democrazia americana, ossia la possibilità di fare nomine per la sua amministrazione e per la magistratura bypassando l’approvazione del Senato, dove anche l’opposizione dice la sua nel processo di conferma. “Qualsiasi senatore repubblicano che ambisca alla posizione ambita di leader nel Senato degli Stati Uniti deve accettare le nomine durante le pause di attività (nel Senato!), senza le quali non saremo in grado di ottenere conferme in tempi utili”, è il suo diktat su Truth.

Il tycoon fa riferimento a una clausola costituzionale che consente al presidente di fare nomine temporanee quando il Senato non è in sessione. Una facoltà che era stata pensata per garantire l’operatività del governo in caso di necessità ma che alcuni presidenti hanno usato per scopi politici nominando dirigenti che altrimenti avrebbero avuto difficoltà di conferma al Senato, dove servono 60 voti. Trump può contare su una maggioranza di almeno 53 senatori, ma evidentemente non la considera sufficiente per un sostegno minimamente bipartisan alle sue scelte, che promettono quindi di essere potenzialmente controverse.

Nell’aprile 2020, frustrato dalla lentezza del Senato nel confermare le sue nomine, l’allora presidente Trump minacciò di prendere la misura senza precedenti di sospendere unilateralmente il Congresso per fare nomine durante la pausa. Nel giro di pochi minuti, il senatore Rick Scott si è subito allineato, impegnandosi a soddisfare la richiesta di Trump se diventerà il leader dei repubblicani al Senato: “Sono al 100% d’accordo. Farò tutto il possibile per far passare le tue nomine il più rapidamente possibile”, ha scritto su X. I principali alleati di Trump — tra cui Elon Musk — e una serie di influencer di estrema destra si sono rapidamente schierati dietro la candidatura di Scott, quella più “Maga”. Un altro candidato alla leadership del Senato, il senatore John Thune, ha detto invece di essere aperto alla richiesta di Trump, dichiarando a Fox News che “tutte le opzioni sono sul tavolo.”

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Cina, auto lanciata contro la folla: 35 morti e decine di feriti

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Trentacinque persone sono morte e 43 sono rimaste ferite a Zhuhai, nel sud della Cina, dopo che un’auto si è lanciata contro la folla in un impianto sportivo. Lo riferiscono i media cinesi. L’incidente è avvenuto ieri. Il presidente Xi Jinping ha ordinato oggi di curare i feriti e di punire con la massima severità il responsabile dell’incidente. Secondo le informazioni, alla guida dell’auto era un sessantaduenne, che si sarebbe scagliato contro la folla in un momento di furia omicida seguita a un divorzio. L’uomo sarebbe stato scontento dalla divisione dei beni e avrebbe tentato di suicidarsi con l’auto. E’ ricoverato in seguito alle ferite connesse all’incidente.

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Pakistan: bus festa di nozze cade in fiume, 26 morti e 10 dispersi

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Almeno 26 persone sono morte e altre 10 risultano disperse a causa di un incidente automobilistico avvenuto nel nord del Pakistan ieri sera, quando un autobus con 40 persone a bordo è precipitato in un fiume nella regione montuosa di Gilgit-Baltistan: lo hanno reso noto oggi i servizi di emergenza. Il gruppo era di ritorno da un matrimonio e ieri pomeriggio le autorità locali avevano riferito che nella sciagura erano morte 26 persone. “L’autobus trasportava 40 passeggeri. Solo la sposa è sopravvissuta. Finora sono stati estratti 14 corpi”, ha detto Wazir Asad Ali, uno dei responsabili delle operazioni di soccorso.

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Somalia: oggi elezioni nella regione separatista del Somaliland

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In un clima di grande tensione nel Corno d’Africa, si tengono oggi le elezioni presidenziali nell’autoproclamato Stato indipendente del Somaliland, da tempo al centro di una disputa tra il governo federale di Mogadiscio e l’Etiopia, che ha recentemente firmato un accordo con la regione separatista per avere accesso al suo spazio marittimo sull’oceano indiano. A sfidarsi nella tornata elettorale della regione, che non è mai stata riconosciuta dall’Onu, sono l’attuale leader Muse Bihi Abdi, al potere dal 2017, e Abdirahman Mohamed Abdilahi, capo dell’opposizione che ha comunque più seggi nel parlamento regionale, come riporta Garowe Online.

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