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Salute

Diabete accelera invecchiamento del cervello, +41%rischio declino

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Tra i fattori principali che accelerano l’invecchiamento del cervello ci sono il diabete che aumenta del 41% il rischio di declino cognitivo e la carenza di alcune proteine nel fluido cerebrospinale, che aumenta il rischio del 48%. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, condotto da esperti della Johns Hopkins University, che lavorando con la coorte Biomarkers for Older Controls at Risk for Dementia (BIOCARD), hanno scoperto che alcuni fattori sono collegati a una più rapida riduzione del volume cerebrale e a una progressione più veloce dalle normali capacità cognitive al declino cognitivo lieve (MCI). BIOCARD è stato avviato presso i National Institutes of Health nel 1995 e proseguito presso la Johns Hopkins University dal 2015 al 2023, con un totale di 185 partecipanti, con un’età media di 55 anni e tutti cognitivamente normali all’inizio dello studio.

I partecipanti hanno effettuato scansioni cerebrali e test del liquido cerebrospinale per 20 anni, misurando i cambiamenti nelle strutture cerebrali e i livelli delle proteine associate all’Alzheimer. I risultati hanno mostrato che alti tassi di riduzione della materia bianca e l’allargamento dei ventricoli cerebrali (spazi pieni di liquido) erano predittori significativi di una progressione precoce verso il declino cognitivo. Nello specifico, l’atrofia della materia bianca era associata a un rischio maggiore dell’86% e l’allargamento ventricolare a un rischio maggiore del 71% di progredire verso l’MCI. Gli individui con diabete hanno mostrato un rischio medio maggiore del 41% di passare da una cognizione normale all’MCI rispetto a quelli senza diabete.

E ancora, un basso rapporto tra i peptidi amiloidi β Aβ42 e Aβ40 nel liquido cerebrospinale era associato a un rischio maggiore del 48% di sviluppare l’MCI. Quando i partecipanti presentavano sia il diabete, sia un basso rapporto Aβ42/Aβ40, il loro rischio di progredire verso l’MCI aumentava del 55%, dimostrando che questi due fattori insieme accrescono significativamente la probabilità di declino cognitivo. Questi risultati indicano che riconoscendo la presenza di un rischio elevato, è possibile ottimizzare strategie di intervento preventivo per ritardare o auspicabilmente prevenire l’insorgenza del declino mentale.

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Napoli

Sanità: a Napoli il congresso medico nazionale “Vulva Forum”

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Si aprirà domani, venerdì 15, per concludersi sabato 16 novembre, all’Hotel Excelsior di Napoli, la VII edizione del “Vulva Forum”, il congresso medico nazionale che chiama a raccolta da tutta Italia decine di ginecologi, dermatologi e altri esperti specialisti della salute intima della donna. Responsabile scientifico, promotrice e organizzatrice dell’evento è Paola Salzano, ginecologa e presidente del Congresso insieme con la ginecologa Alessandra Graziottin e il dermatologo Pietro Lippa. Anche quest’anno, si legge nella nota di presentazione dell’evento, “il filo conduttore del forum sarà la multidisciplinarietà, con una visione clinica integrata tra specialisti diversi in maniera da condividere una visione unitaria, significativa e rilevante delle diverse patologie vulvari nonché delle comorbilità vaginali, vescicali, intestinali e sistemiche che le accompagnano e a volte le alimentano.

Obiettivo del forum è l’aggiornamento su fisiopatologia, diagnostica e terapia della patologia vulvare e delle comorbilità associate con una prospettiva squisitamente clinica in grado di migliorare la capacità degli specialisti di essere medici competenti, empatici e capaci di curare efficacemente la donna”. Le relazioni dei circa 70 specialisti in arrivo da tutta Italia offriranno ai circa 300 partecipanti al congresso, nell’arco delle varie sessioni previste, approfondimenti innovativi su temi emergenti come il microbioma vaginale nell’arco della vita, la fluidità sessuale e il transessualismo, la vulvodinia, il ritmo sonno-veglia e le conseguenti alterazioni endocrine e metaboliche nella donna. E ancora la terapia ormonale sostitutiva e gli errori ostetrici, evitabili e inevitabili, le problematiche cliniche ginecologiche e ostetriche quotidiane, nuovi orizzonti e rilettura di problemi trascurati per i quali è oggi possibile proporre un nuovo pragmatismo diagnostico e terapeutico stimolante ed efficace. Tra i temi che saranno approfonditi nella due giorni anche le infezioni a trasmissione sessuale, il microbioma vulvare e vaginale, il dolore vulvare e sessuale, la diagnostica e terapia delle diverse lesioni vulvari rilevate quotidianamente negli ambulatori, le patologie oncologiche vulvari, la menopausa e le terapie ormonali sostitutive, le maternità tardive e la prevenzione del danno ostetrico.

L’apertura dei lavori, alle 08:30, è affidata a Alessandra Graziottin e Pietro Lippa. Porteranno i saluti istituzionali: Vito Trojano, presidente Sigo; Antonio Chiantera, presidente Aogoi; Ciro Verdoliva, direttore generale Asl Na1 Centro; Maria Corvino, direttore sanitario Asl Na1 Centro; Bruno Zuccarelli, presidente Ordine dei Medici. Ad introdurre il Convegno sarà Luigi Terracciano, primario di Ostetricia e Ginecologia all’Ospedale San Paolo di Napoli – Asl Napoli 1 Centro. Grande importanza sarà data, in apertura di congresso, alla presentazione del “Percorso rosa”, 15 anni di attività contro la violenza domestica e sessuale realizzate presso l’Ospedale San Paolo da un gruppo di esperte e specialiste del settore coordinate dalla psicologa Maria Grazia Vinti e dal ginecologo Alessandro Resta e che vede impegnata sul campo, fra le altre, anche la stessa responsabile scientifica del Convegno, Paola Salzano, che opera quotidianamente nell’Ospedale, dopo anni di attività ed esperienza in numerose cliniche e altri nosocomi. Il programma sociale dell’evento prevede la possibilità di tour guidati nel centro storico di Napoli tra arte, cultura e scienza, con tappe all’Ospedale della SS. Annunziata, la Ruota degli Esposti e della Chiesa, l’ex Ospedale della Pace, la Sala del Lazzaretto e la Cappella di San Gennaro.

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La spesa per i farmaci sale del 6% e supera 36 miliardi

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Cresce del 6% la spesa farmaceutica totale, che ha raggiunto quota 36,2 miliardi di cui il 68,7% rimborsato dal Servizio sanitario nazionale (Ssn). Nel 2023 in Italia ogni giorno sono state consumate complessivamente 1.899 dosi di medicinali ogni 1.000 abitanti, il 69,7% dei quali erogate a carico del Ssn e il restante 30,3% acquistate direttamente dal cittadino. Ai primi tre posti per il consumo sono rispettivamente i farmaci per il sistema cardiovascolare, per l’apparato gastrointestinale e per il il sangue. Questi i punti salienti del Rapporto ‘L’uso dei farmaci in Italia’ nel 2023 pubblicato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e presentato oggi.

Tra le categorie di farmaci, la spesa per quelli di fascia C, a totale carico del cittadino, è cresciuta del 9,8% a 7,1 miliardi. Mentre per quanto riguarda i generici si registra un lieve aumento dei consumi negli ultimi 5 anni (+3%), ma l’Italia su questo fronte è terzultima in Europa. Dal capitolo antibiotici, emergenza sanitaria che nel 2050 potrebbe provocare oltre 39 milioni di morti nel mondo a causa dei batteri sempre più resistenti, emerge che il loro consumo risale (+6,4% nel 2023). La spesa territoriale pubblica, comprensiva di quella convenzionata e in distribuzione diretta e “per conto”, è stata, secondo il report, di 12 miliardi e 998 milioni (+3%). La spesa per compartecipazione a carico del cittadino è stata invece pari a 1 miliardo e 481 milioni, circa 25 euro pro-capite, dato in calo dell’1,3% dovuto alla riduzione del 2,5% del differenziale di prezzo rispetto al generico dovuto da chi acquista invece il farmaco “originator”.

Aumenta invece dell’1,7% la spesa per i ticket sulla ricetta o la confezione. La spesa per i farmaci acquistati dalle strutture pubbliche, poi, è stata pari a 16,2 miliardi di euro (+8,4% rispetto al 2022). I farmaci per il sistema cardiovascolare si confermano al primo posto per consumi (513,9 dosi giornaliere per 1000 abitanti), seguiti da quelli dell’apparato gastrointestinale e metabolismo (298,6 dosi) e dai farmaci del sangue e organi emopoietici (144,5 dosi). “I dati del rapporto – ha sottolineato il presidente dell’Aifa Robert Nisticò – mostrano che stiamo migliorando per appropriatezza prescrittiva e aderenza alle terapie, mentre resta stabile l’uso dei generici, tre pilastri del sistema di assistenza farmaceutica che fanno bene alla salute dei cittadini e alla tenuta dei conti pubblici. Su questi aspetti c’è tuttavia ancora molto da lavorare per garantire la migliore efficacia dei farmaci e la loro sostenibilità economica”.

Per questo “con gli esperti delle società scientifiche e delle organizzazioni mediche – ha reso noto – abbiamo aperto un tavolo sulla ‘prescrittomica’, il campo emergente di ricerca che studia la complessa interazione tra fattori genetici ed epigenetici – come quelli legati ad età, attività fisica e fattori ambientali – e il loro impatto su efficacia e sicurezza dei farmaci prescritti. Magari per depennarne qualcuno dalla lista delle prescrizioni”. “Una delle novità di quest’anno – ha spiegato Pierluigi Russo, direttore tecnico-scientifico di Aifa – è l’approfondimento sugli anziani, in particolare sulla politerapia, cioè l’uso di più farmaci concomitanti. Quasi uno su tre, il 28,5%, ne assume 10 diversi, mentre il 68% ha ricevuto prescrizioni per almeno 5 medicinali. Per questa fascia di età il problema è della scarsa aderenza alle terapie farmacologiche”. Sui dati di spesa, Russo ha osservato che “la voce che incide maggiormente sull’aumento del 5,7% della spesa rispetto al 2022 è quella dei farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche, dove a loro volta incidono maggiormente i medicinali innovativi di recente commercializzazione per patologie rare e con un decorso grave”.

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Nuove armi anti-pandemie contro migliaia di virus

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Dai virus più noti dell’influenza stagionale a quelli emergenti dell’influenza aviaria, fino alla grande famiglia dei coronavirus alla quale appartiene anche il SarsCoV2 responsabile della pandemia di Covid-19, sono migliaia i virus nel mirino della ricerca e numerosi sono anche i batteri, primo fra tutti lo streptococco: è l’esercito minaccioso che a partire dal 2025 si preparano ad affrontare le iniziative che stanno nascendo a livello nazionale e internazionale.

“Esistono circa 30 famiglie di virus, ognuna delle quali comprende centinaia di specie e la strategia è individuare le più pericolose per concentrarsi su di esse”, ha detto Rino Rappuoli, direttore scientifico della Fondazione Biotecnopolo di Siena, a margine del convegno internazionale su virus emergenti e prevenzione delle pandemie organizzato a Trieste da Area Science Park in collaborazione con l’ l’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb). La strategia indicata da Rappuoli è quella adottata da tutti i nuovi centri che stanno nascendo. L’Italia si sta organizzando con il Centro nazionale anti-pandemico (Cnap), che si prepara a partire dal 2025.

A Trieste, con fondi del Pnrr, è nata l’infrastruttura di Area Science Park chiamata Prp@Ceric (Pathogen Readiness Platform for Ceric-Eric Upgrade).I due centri potrebbero collaborare: “conducono attività complementari: il primo fa ricerche di base, come quelle epidemiologiche, e il Centro nazionale si occupa di applicazioni, come i vaccini. E’ una collaborazione che vedo con ottimismo”, ha detto Rappuoli. Sempre dal 2025, ha aggiunto, sono previste iniziative analoghe a livello internazionale. Tra queste c’è la rete ReVampp, per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e anticorpi monoclonali, promossa negli Stati Uniti dall’Istituto Nazionale per le Allergie e le Malattie Infettive (Niaid): “è il progetto di punta del governo americano – ha osservato l’esperto – e può contare su un finanziamento di oltre 350 milioni, destinati a progetti per sviluppare prototipi di vaccini contro grandi famiglie di virus”.

L’Unione Europea intende realizzare una sorta di hub per la ricerca sulle pandemie. Più che un’unica sede fisica, “l’idea è mettere insieme più centri di diversi Paesi europei perché collaborino fra loro”. I centri stanno organizzando anche le loro strategie di ricerca, identificando gli obiettivi prioritari. Lo stanno facendo Organizzazione Mondiale della Sanità, National Institutes of Health e Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations). Fra i principali bersagli ci sono influenza aviaria e batteri resistenti agli antibiotici, accanto al virus Hiv responsabile dell’Aids e a quello dell’epatite C. ReVampp ha deciso di concentrarsi sulle famiglie dei virus più pericolosi con progetti da circa 50 milioni l’uno.

“Ogni progetto riguarda una famiglia di virus, che comprende centinaia di specie diverse, da studiare a fondo sviluppando vaccini e diagnostici, in modo da avere una base sulla quale lavorare se dovesse cominciare a diffondersi un virus di qualcuna delle famiglie studiate. “E’ quello che è accaduto con la pandemia di Covid-19, quando si sono sfruttate le conoscenze acquisite sulla Sars”, ha osservato Rappuoli riferendosi ai due coronavirus. “Con piccole variazioni, questo – ha concluso – è l’approccio seguito da tutti, anche in Italia”.

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