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Di Matteo vs Bonafede: Conte difende il ministro, il centrodestra lo invita a dimettersi, Pd e Iv chiedono spiegazioni

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Sul ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si scatena una bufesa. Tutto il centro-destra chiede le sue dimissioni, mentre a sua difesa si schiera il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, che fa sapere di avere “piena fiducia” in lui. Motivo: lo scontro a distanza con un’icona dell’antimafia, il consigliere del Csm Nino Di Matteo, che lo accusa di avergli prima offerto nel 2018 la guida delle carceri e poi aver fatto marcia indietro, dopo che alcune intercettazioni avevano rivelato le preoccupazioni dei boss per una simile prospettiva.

“Respingo con convinzione gli attacchi politici o le congetture prive di fondamento rispetto a scelte compiute da Bonafede in piena autonomia”, reagisce il capo politico del M5S Vito Crimi, ribadendo la “fiducia” sua e del movimento nei confronti del ministro. Sulla stessa linea Luigi Di Maio, per il quale “Bonafede ha sempre dimostrato di avere la schiena dritta” ricordando che “siamo entrati in Parlamento con il chiaro intento di fermare il malaffare e debellare le mafie”. Gli altri partiti della maggioranza frenano sulle richiesta dell’opposizione (“sarebbe gravissimo se un ministro si dovesse dimettere per i sospetti Di un magistrato”, avverte il vice segretario del Pd Andrea Orlando), ma chiedono al Guardasigilli di chiarire. Bonafede, che gia’ ieri si era detto “esterrefatto” da una simile ricostruzione, con un post su Facebook ribadisce la sua verita’ e soprattutto definisce “infamante e assurda” l’idea che si sarebbe lasciato “condizionare dalle parole pronunciate in carcere da qualche boss mafioso”. Certo il botta e risposta tra l’ex pm di Palermo e il ministro che va in scena a “Non è l’arena” ha molti punti da chiarire. Di Matteo racconta che due anni fa Bonafede gli aveva proposto di dirigere il Dap o in alternativa gli Affari penali. Ma quando 48 ore dopo lui gli comunicò che accettava la direzione delle carceri, il Guardasigilli ci aveva ripensato. E queste avvenne dopo la reazione di alcuni “importantissimi capimafia”, intercettati in carcere: “se nominano DiMatteo, per noi e’ la fine, questo butta la chiave”. La replica di Bonafede arriva con un’accesa telefonata in diretta: quella intercettazione “era già stata pubblicata”. E “il fatto che avrei ritrattato, in virtu’ di non so quale paura sopravvenuta, non sta ne’ in cielo ne’ in terra”, dice il ministro spiegando anche che l’incarico di capo degli Affari Penali che Di Matteo ha poi rifiutato, “non era un ruolo minore”, era “lo stesso che ricoprì Giovanni Falcone”.

L’effetto dello scontro è immediato. Giorgia Meloni già al termine della trasmissione invoca le dimissioni perche’ “ai disastri si aggiungono le ombre”. “Bonafede venga immediatamente in Parlamento”, dice Mariastella Gelmini, capogruppo Fi alla Camera, che non vede alternative: “o Di Matteo lascia la magistratura o Bonafede lascia il ministero della Giustizia”. Anche la Lega sollecita il passo indietro: “Bonafede non puo’ piu’ essere il ministro della Giustizia”, tuonano i parlamentari del partito di Salvini in Commissione Antimafia. Via Bonafede, ma non per Di Matteo, è invece la posizione del Partito radicale. Chiarimenti al Guardasigilli vengono chiesti anche dalla maggioranza. “Siamo certi che il ministro al più presto verrà a riferire in commissione e in Parlamento sull’impegno del governo contro le mafie”, dicono il responsabile giustizia del Pd, Walter Verini, e il capogruppo in commissione antimafia Franco Mirabelli, che giudicano comunque “irresponsabile” usare un tema come la lotta alle mafie “per giustificare l’ennesima richiesta di dimissioni”. Invoca “la verita’” Matteo Renzi, “prima di parlare di mozioni di sfiducia”. “Voglio vedere se e’ un regolamento di conti” insiste il leader Di Italia Viva, secondo cui la vicenda “rischia Di essere il piu’ grave scandalo giudiziario degli ultimi anni”.

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Università e ospedali plurisecolari su francobolli Italia

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Tre universita’ e cinque ospedali ”storici” italiani compariranno sui francobolli italiani. L’emissione dedicata alle università e’ stata emessa oggi e riguarda le universita’ di Napoli, Trieste e Firenze. La serie dedicata agli ospedali comparira’ invece il 24 novembre prossimo e riguardera’ ospedali di Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze. Le vignette dei francobolli (tutti validi per la posta ordinaria) mostrano per le universita’:

  • -una prospettiva della facciata principale dell’Università degli Studi di Napoli” Federico II” istituita il 5 giugno 1224 dall’Imperatore del Sacro romano Impero;
  • -su uno sfondo che riprende i colori istituzionali del centenario dell’Università degli Studi di Trieste, una rivisitazione del logo dell’anniversario che raffigura, un’illustrazione al tratto, l’edificio centrale dell’Ateneo;
  • -l’ingresso del Rettorato dell’Università degli Studi di Firenze che, nel 2024, celebra i 100 anni dalla sua fondazione; Per gli ospedali le vignette mostrano;
  • -ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze: il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio; -ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia;
  • – il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1485-1495);
  • -Ca’ granda ospedale maggiore policlinico di Milano: la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico;
  • -ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma: le Corsie Sistine risalenti al XV secolo; -ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli: la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747-1751.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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