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Cronache

Di Matteo dice che le “carriere per correnti” dei magistrati “ricordano il metodo mafioso” e attacca Csm e Anm: non difesero i pm della Trattativa Stato-Mafia

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Il ring è sempre “Non è l’Arena di Giletti”, su La7. E questa volta Nino di Matteo spara accuse a palle incatenare. I suoi bersagli sono Anm e Csm, i suoi colleghi magistrati. E a loro che torna a dire che “privilegiare nelle scelte che riguardano la carriera di un magistrato il criterio dell’appartenenza ad una corrente o ad una cordata di magistrati è molto simile all’applicazione del metodo mafioso“. Per questo, ha aggiunto Di Matteo, “ora che sono stato eletto al Consiglio superiore della magistratura, la mia battaglia attuale e futura sarà sempre quella di cercare di dare un taglio netto o di contribuire a dare un taglio netto a questa mentalità”. La svolta, ha sottolineato, deve essere “etica”, un “cambiamento vero che deve riguardare la mentalità dei consiglieri ma anche quella di tutti i magistrati”. Il pm durante l’intervista con Massimo Giletti, poi, ha parlato anche dell’indagine sulla Trattativa Stato-Mafia, sottolineando che “quando partì molti pensavano che fosse frutto di una costruzione di un teorema politico di magistrati un po’ fantasiosi. Nel tempo molti si resero conto che l’indagine si riferiva anche a dei fatti e concreti non era frutto di una fantasia”. Di Matteo, poi, sottolinea anche l’assenza dell’Associazione Nazionale Magistrati e del Consiglio Superiore della Magistratura che “quando i magistrati che indagavano sulla Trattativa vennero attaccati, soprattutto in seguito alla vicenda delle intercettazioni delle telefonate di Nicola Mancino”, non difesero i magistrati inquirenti. “Nessuno ci ha difeso – ha detto Di Matteo – né l’Anm, né il Csm”. “In quel momento secondo me – ha concluso – dimostrarono un pericoloso collateralismo politico”.

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Cronache

Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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Cronache

Napoli, sede Pd vandalizzata nella notte. Indagini in corso

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Questa mattina i carabinieri sono intervenuti in via Domenico Cirillo 30, in seguito a una segnalazione ricevuta al numero di emergenza 112. L’intervento si è reso necessario dopo che ignoti, probabilmente agendo durante le ore notturne, hanno fatto irruzione nella sede del Partito Democratico della Quarta Municipalità Napoli San Lorenzo.

All’interno del locale, i malintenzionati hanno provocato disordine, mettendo a soqquadro gli spazi. Nonostante i danni causati, dalle prime verifiche effettuate non sembrerebbe che siano stati sottratti oggetti di valore o documenti importanti.

Sul posto sono intervenuti gli specialisti del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli, che hanno effettuato i rilievi tecnici necessari per raccogliere elementi utili all’identificazione dei responsabili. Le indagini sono attualmente in corso per risalire agli autori dell’atto vandalico e chiarire le motivazioni dietro l’accaduto.

Questo episodio si aggiunge a una serie di atti vandalici e intimidatori registrati negli ultimi tempi in diverse città italiane, sollevando interrogativi sulla necessità di maggiori misure di tutela per le sedi di partiti e associazioni sul territorio.

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Cronache

Consulta, illegittima residenza nella Regione per taxi-Ncc

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La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Umbria del 1994 che prevedeva il requisito “di essere residente in uno dei Comuni della Regione Umbria” come necessario al fine dell’iscrizione nel ruolo dei conducenti per il servizio di taxi e per quello di noleggio di veicoli con conducente (Ncc).

Lo rende noto la Corte Costituzionale. La disposizione, antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, era stata censurata dal Tar Umbria in quanto ritenuta lesiva del principio di ragionevolezza nonché dell’assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea, giacché d’ostacolo al libero ingresso di lavoratori o imprese nel “bacino lavorativo” regionale.

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