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Dal presidente della Sampdoria Ferrero ultimo attacco a Var: Non è calcio ma cinema

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Il 2018 del dominio Juve si chiude con un’altra puntata del capitolo rovente della stagione, quella legata agli arbitraggi e all’uso – o non uso, secondo situazioni e punti di vista – della videoassistenza. “Questo non è più calcio, ma cinema”, dice Massimo Ferrero all’indomani dell’ultima giornata del girone d’andata, quando il campionato è andato in vacanza. Lo spunto è Juve-Samp, e le decisioni di Valeri contestate dai doriani. E se lo stesso Ferrero, dopo le pacate proteste di ieri, torna oggi a sollevare forti critiche con un mea culpa (l’abbiamo voluta noi, ma cosi’ non va, dice) vuol dire che dopo la luna di miele si è davvero rotto il rapporto fiduciario tra calcio italiano e Var.

Nelle settimane scorse da Preziosi a Cairo si erano levate proteste per il mancato uso della tecnologia o per il suo uso a sensi alternati, e nella riunione di meta’ stagione arbitri-capitani-tecnici era venuta l’ammissione di Rizzoli: bisogna usarla di piu’. Ieri l’indicazione e’ stata applicata, ma l’uso frequente del video da parte degli arbitri ha acceso le polemiche, piuttosto che sopirle. Le riflessioni partono dal presidente Samp, Massimo Ferrero, che dopo quanto avvenuto in Juventus-Sampdoria (rigori concessi e gol annullato con la Var) invita a correggere l’uso perche’ dice: “Oggi c’e’ una partita in campo e una in tv. Va ridato ruolo agli arbitri”. Con una ironia aggiunge: “Ora mi sembra di andare al cinema, anziche’ a vedere una partita di calcio”. E allora ecco la ricetta di Ferrero: “Bisogna adeguare il regolamento alle letture della Var, bisogna chiarire se un arbitro e’ da campo o e’ da Var. Non puo’ esserci una partita in campo e una alla tv, con attori protagonisti e assistenti alla regia. Bisogna adeguare alla tecnologia gli stadi e il posizionamento delle telecamere, perche’ anche l’angolo di ripresa fa la differenza”. La sua riflessione va oltre: “La Var non puo’ essere la protagonista. Quando andiamo allo stadio sappiamo che c’e’ la possibilita’ di vedere due partite, una in campo e una televisiva: dobbiamo tornare a dare la fiducia principale agli arbitri”. Parole che sanno di paradosso, visto che erano esattamente la posizione della Fifa quando negli anni passati era contrario all’uso della moviola in campo. “Tutti noi l’abbiamo voluta, e’ vero: all’occorrenza doveva essere un correttivo, un aiuto per l’arbitro – spiega Ferrero -. Adesso c’e’ un problema: non si puo’ pensare di interrompere la partita sei-sette volte anche per episodi minimali, l’arbitro principale in questo modo perde progressivamente l’autorita’”. Il pensiero di Ferrero va oltre gli episodi avvenuti allo Stadium, anche se il suo ragionamento parte da li’. “Quando abbiamo segnato il 2-2 il guardalinee si e’ diretto verso il centrocampo. Poi la Var… Premetto che l’arbitro Valeri è bravissimo ma il discorso va oltre Juve-Samp: questo e’ calcio rielaborato. Con la tecnologia, secondo me, i nostri arbitri stanno vivendo una nevrosi da Var che sta diventando strumento di interpretazione e non piu’ di oggettivita’”. Il numero uno blucerchiato sta con gli arbitri e in particolare con quelli che scendono in campo: “Arbitrare e’ uno dei mestieri piu’ difficili al mondo, i nostri sono i piu’ bravi al mondo, ma ho l’impressione che abbiamo perso la naturalezza dello sport”. Insomma, il campionato va in vacanza. Le polemiche no.

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Tre gol al Verona, il Torino vola in testa e sogna

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Il Torino passa 3-2 a Verona e si issa in vetta alla classifica. Al Bentegodi la decide, indubbiamente, il miglior tasso tecnico della squadra granata ma il successo ospite lo spiana una sciocchezza senza senso del difensore polacco dell’Hellas Dawidowicz, che lascia i suoi in dieci dopo soli 20 minuti. Toro che passa avanti con Sanabria, ripreso in un batter d’occhio dalla prodezza di Kastanos, poi Dawidowicz rifila una gomitata cattiva e ingiustificata a Sanabria in area. Inevitabile il rosso e calcio di rigore che Sanabria sciupa ma poi la testata di Zapata scava un solco che il Verona non riesce a ripianare, pur tenendo vivo il match sino ad una decina di minuti dalla fine quando un errore di Coppola e una marcatura un po’ ballerina di Magnani lasciano ad Adams il destro della sicurezza. Troppo tardi arriva la rete di Mosquera.

Il Torino esulta, per una notte riveste il ruolo della capolista riaccendendo sogni mai sopiti tra i tifosi granata. In avvio di match c’è Maripan nel Torino al centro della difesa. Per il cileno debutto stagionale. In mezzo gioca l’ex Tameze con Linetty in panchina, davanti coppia offensiva composta da Sanabria e Zapata. Nell’Hellas tante assenze, debutta dal 1′ lo svedese Sarr, Magnani vince il ballottaggio con Daniliuc che va in panchina. Pronti via è il Torino, dopo qualche scaramuccia senza peso, passa in vantaggio. Bello il velo di Zapata su un’imbucata dalle retrovie, rimpallo che favorisce Sanabria che lascia sul posto Coppola e con una rasoterra angolato supera Montipò. Ma la reazione del Verona è altrettanto immediata.

Angolo di Lazovic, velo di Belahyane e gran sinistro ad incrociare di Kastanos che grazie ad una deviazione batte l’esterrefatto Milinkovic Savic. Ma è una gara di emozioni continue. Dawidowicz commette una follia, gomitata volontaria a Sanabria, espulsione e calcio di rigore che, tuttavia, lo stesso Sanabria spedisce contro il palo e Marinelli annulla, da regolamento, il successivo tap-in dello stesso attaccante granata. Zanetti ridisegna l’Hellas, fuori Sarr e dentro Frese per un Verona che si schiera con una sorta di 4-4-1. Canovaccio tattico evidente ora. Torino a fare la partita, a gestire il possesso, gialloblù che si chiudono e provano a ripartire agendo di rimessa. Ma la squadra di Vanoli ha pazienza e gioca giustamente sugli esterni.

A destra Lazaro confeziona una gran giocata e sul suo traversone stacco letale di Zapata, Montipò tocca ma non può nulla e il Torino rimette la freccia. Nella ripresa, il Verona resta a galla sorretto dalle giocate intelligenti e dal fosforo di un talento puro come Belahyane ma un altro errore dei difensori di casa dà il là al tris granata. Coppola sbaglia il retropassaggio, Magnani non pressa Adams che trova il pertugio e supera Montipò. I tre attaccanti granata a segno, il Torino è la nuova capolista del campionato, nonostante la rete allo scadere di Mosquera.

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Motta elogia Conte e il Napoli, ‘Costruito per scudetto’

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Juve-Napoli è (anche) la sfida tra Thiago Motta e Conte, ma l’allenatore bianconero sposta l’attenzione sul prato verde. “Siete troppo concentrati su me e Antonio, ma si gioca Juve-Napoli e sarà una bella partita perché si affronteranno tanti grandi giocatori – dice l’italo-brasiliano alla vigilia del big-match – e noi l’abbiamo preparata come sempre, con serietà e responsabilità e consapevoli che si giocherà davanti al nostro pubblico”. Da una parte e dall’altra, poi, c’è la curiosità di capire chi possa essere l’avversaria anti-Inter più credibile in ottica scudetto: “Loro sono stati costruiti per lottare per quell’obiettivo, tra l’altro hanno vinto il titolo da poco con un calcio che è diventato di fama mondiale – spiega Thiago Motta – e noi non dobbiamo distoglierci dal nostro percorso, che è quello di affrontare una gara per volta e di avere l’ambizione di migliorarci quotidianamente”.

La differenza sostanziale è legata alla marcia di avvicinamento alla sfida dello Stadium, con la Juve che è stata impegnata in Champions contro il Psv e il Napoli che invece è libero dalle coppe: “Non so se questo sia un vantaggio oppure no, l’unica cosa certa è che sapevamo quale sarebbe stato il calendario e adesso andiamo avanti”, liquida il discorso l’allenatore bianconero. Il filo sottile tra i due tecnici è legato ancor più indissolubilmente con la Nazionale, all’Europeo del 2016, quando Thiago faceva il calciatore e Conte era commissario tecnico di quell’Italia: “E’ stato un piacere lavorare con lui, purtroppo uscimmo contro una grande squadra (la Germania ai quarti di finale dopo i calci di rigore, ndr) ma il rapporto con lui è stato sempre fantastico” rivela il tecnico della Juve. Per Thiago Motta sarà una vigilia particolare per un altro motivo: “Viene a trovarmi la mia famiglia, finalmente starò un po’ di tempo con mia moglie e con le mie figlie che è da tanto che non vedo” rivela in conferenza. Venendo ai temi della Continassa, Thiago Motta fa il punto sull’infermeria: “Gatti è a disposizione, ha svolto bene l’allenamento e sarà in gruppo, mentre non abbiamo Conceicao e Milik” spiega sul centrale uscito acciaccato dalla gara contro il Psv ma pronto a giocare al fianco di Bremer nella difesa completata da Kalulu a destra e probabilmente da Cambiaso a sinistra.

Tutti si aspettano i gol di Vlahovic, andato a bersaglio (per due volte) soltanto nella partita contro il Verona: “Dusan può migliorare come me, come te, come tutti gli altri, possiamo crescere su tutto, non solo sul lato emotivo – dice sul serbo – ma sta bene, parliamo tutti i giorni, lo vedo sorridente e positivo: nell’ultima gara ha fatto un grande lavoro sia difensivo sia offensivo, creando situazioni per i compagni perché possano fare gol”. In ogni caso la Juve si affiderà ancora al classe 2000, poi si va verso la conferma dei trequartisti Nico Gonzalez, Koopmeiners e Yildiz. Insieme a Locatelli dovrebbe giocare Thuram, mentre Douglas Luiz sarà un’arma a gara in corso. Infine, un pensiero per l’amico e collega De Rossi, appena esonerato dalla Roma: “Mi ha sorpreso moltissimo, gli ho mandato un messaggio che ovviamente resterà tra di noi” dice Thiago Motta.

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Schillaci: l’ultimo addio fra lacrime e cori da stadio

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L’alfiere di un calcio che si è estinto, un ragazzo timido che con la sua epopea popolare, e anche nell’impegno post carriera, con la scuola calcio, ha tracciato una strada chiara, quella della Palermo onesta, senza scorciatoie, una città “dei giovani che vogliono essere liberi e che può cambiare”, come ha detto, al momento della benedizione della salma l’arcivescovo della città, Corrado Lorefice. Nel giorno del suo funerale, in cattedrale, Totò Schillaci, morto mercoledì per un tumore al colon, è stato un fortissimo polo d’attrazione per migliaia e migliaia di palermitani che hanno voluto dirgli addio, assieme ai suoi familiari e ai suoi amici.

Decine e decine di telecamere all’interno e all’esterno della cattedrale, circa mille persone dentro, molte di più fuori, sul sagrato, dove ai palermitani e ai siciliani si sono uniti molti turisti, anche stranieri. Non sono mancati cori da stadio e applausi, fortissima è stata la partecipazione. Se la morte è la verità ultima della vita, Schillaci non è stato semplicemente un calciatore leggendario e conosciuto in tutto il mondo, ma un operatore di bene, che ha seminato e tracciato un percorso virtuoso di bellezza e libertà, come ha sottolineato l’arcivescovo Lorefice: “Come Pino Puglisi, che riposa in questa cattedrale, anche Totò Schillaci ci dice che questa città la possiamo e la dobbiamo cambiare. Di Totò ricordiamo il corpo proteso alla gioia, i suoi occhi, in quel 1990.

Ma poi Schillaci ha continuato a donare il suo corpo perché gli altri avessero corpi liberi, è rimasto uno di noi, ha pensato la sua vita facendo memoria della sua origine, l’ha pensata come un dono, perché le nuove generazioni avessero uno sguardo bello, perché i giovani potessero essere liberi, contro chi invece li vuole schiavi. Voglio ringraziarlo per questa sua grande opera, voluta, consapevole, stare nella strada con i giovani, perché potessero conoscere la via del bene e della libertà. Lo affidiamo alla misericordia di Dio. Gli diciamo addio, ci vedremo in Dio, nella pienezza vera della vita”. Nell’omelia dei funerali, monsignor Filippo Sarullo, parroco della cattedrale si è rivolto a Schillaci, prossimo alla partita dell’eternità: “Il Padre ti ha convocato per la partita del cuore, che non avrà mai fine, ti ha fatto entrare nella squadra più bella del mondo, che si chiama Paradiso”.

In chiesa erano presenti gli ex compagni, anche di nazionale, Gigi De Agostini e Beppe Bergomi (“È stato l’eroe di tutti noi, ci stava regalando un sogno ai Mondiali”), Gabriele Gravina e Antonio Matarrese, presidente ed ex presidente della Figc, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, l’assessore regionale Edy Tamajo a rappresentare il governatore Schifani, e una delegazione del Palermo calcio, guidata dal presidente Dario Mirri e da Francesco Di Mariano, attaccante rosanero e nipote di Schillaci. Il lungo addio al centravanti del quartiere Cep era iniziato questa mattina, proprio nelle strade del rione natale, dove ancora oggi vivono il padre Mimmo, e alcuni tra fratelli e cugini. Il corteo funebre, passato anche dalla chiesa di San Giovanni Apostolo e dal centro sportivo di Schillaci, il Ribolla, è stato salutato da una folla commossa, dove c’erano anche gli studenti dell’istituto comprensivo “Giuliana Saladino”.

Molti hanno pianto e intonato cori da stadio e “Notti magiche”, di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, la storica colonna sonora di Italia ’90. È la stessa commozione che ha attraversato in questi giorni la città e che ha emozionato la famiglia di Totò. L’ha ricordato anche la figlia Nicole, nata da una breve relazione di Schillaci, che finora era l’unica a essere rimasta in silenzio. “Resterà sempre nel mio cuore – le sue parole – ho visto quanto dolore ha provato. Mi manca tantissimo, ma almeno ha smesso di soffrire. Per me era una persona normale, certo di cui essere fieri, ma normale, molto gentile, umile e con un grande cuore”.

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