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Cronache

Dal pm di Yara nessun dolo, archiviate le accuse

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Spostare quelle 54 provette di Dna dal frigorifero dell’ospedale milanese San Raffaele all’ufficio Corpo dei reati del Tribunale di Bergamo, dopo che era diventato definitivo l’ergastolo per Massimo Bossetti condannato per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, “non è affatto un comportamento illegittimo o anomalo o deviante tale da far dedurre che fosse stato mosso da finalità diverse e illecite”. Finisce quindi in archivio il procedimento veneziano che vedeva indagata per frode processuale la pm di Bergamo Letizia Ruggeri che condusse le indagini e il processo per il delitto della giovane ginnasta scomparsa a Brembate di Sopra il 26 novembre del 2001 e trovata uccisa in un campo a Chignolo d’Isola, a pochi chilometri di distanza tre mesi dopo. E’ stato il gip veneziano Alberto Scaramuzza ad archiviare la denuncia di Bossetti in quanto non vi è stato dolo nel comportamento del magistrato.

Il giuice ricorda anche le dichiarazioni spontanee rese da Letizia Ruggeri al pm di Venezia da cui si evince che “si era formata il preciso convincimento, più volte ribadito, che le eventuali nuove analisi sul Dna mitocondriale non avrebbero comunque potuto mettere in discussione l’individuazione certa del Bossetti avvenuta sulla base del Dna nucleare”. Ed era un convincimento formato “sulla base delle sentenze di merito di primo e secondo grado, confermate dalla Cassazione”. Per il giudice gli esiti delle analisi effettuate in fase di indagini sulla base del Dna nucleare, “potevano legittimare l’indagata a formarsi il pieno convincimento dell’indiscutibilità della prova raggiunta” e che “l’esito raggiunto dagli accertamenti tecnici in fase di indagini preliminari sulla base del Dna nucleare non potesse essere comunque messo in discussione da ulteriori analisi sul Dna mitocondriale”.

Che la pm abbia ammesso di sapere e che fosse noto che la difesa Bossetti lavorava su una richiesta di revisione della sentenza non influisce in quanto andrebbe dimostrato che era a conoscenza del fatto che nuove analisi sulle 54 provette avrebbero potuto portare a un esito diverso del processo. “Risulta invece il contrario”, secondo il giudice, per cui Letizia Ruggeri “non poteva essere mossa da alcun dolo specifico di inquinamento probatorio”. Il fatto che sia stata “silente per tutto il processo in relazione a quelle 54 provette non è da ricondursi a un doloso intendimento del pm di nasconderle ai giudici per impedire l’analisi, ma è da ricondursi alla considerazione da parte del pm della loro irrilevanza, tenuto conto degli esiti già acquisiti”.

Per i legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, l’archiviazione della posizione del pm Ruggeri “non fa venir meno il fatto storico” della destinazione dei reperti a un luogo non refrigerato tale da alterarli e renderli inutilizzabili per nuove analisi, dal momento che l’archiviazione esclude il dolo ma conferma quanto accaduto. Il provvedimento dei giudice veneziano quindi non influirebbe su un’eventuale richiesta di revisione della sentenza di condanna che il muratore bergamasco potrebbe presentare.

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Cronache

Deteneva 12 kg droga, armi e munizioni, arrestato 32enne di Acerra a Lecce

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Più di dodici chili di droga, hashish, marijuana e cocaina, tre pistole pronte all’uso, centinaia di proiettili, una lanciarazzi e circa 5mila euro in contanti ritenuti il provento dello spaccio. È questo il bilancio del sequestro effettuato nel corso di una operazione messa a segno dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, che hanno arrestato un pregiudicato 32enne della zona. L’uomo, Antonio Baldassarre 32enne di Acerra (Napoli) ma residente a Lecce, aveva nascosto l’ingente quantitativo di droga e le armi all’interno di due garage nella sua disponibilità. Il nervosismo mostrato durante il controllo ha insospettito i militari. Dopo aver consegnato ai carabinieri un sacchetto contenente 2 kg e mezzo di hashish occultato sotto il sellino della moto, i militari hanno fatto scattare la perquisizione nei due garage di pertinenza dove poi è stato scoperto l’ingente quantitativo di sostanze stupefacenti.

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Cronache

Uccide la moglie e si presenta ai carabinieri

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Femminicidio a Sestri Levante questa mattina. Un uomo di 74 anni, Giampaolo Bregante, ha sparato alla moglie, Cristina Marini. Dopo l’omicidio si è presentato dai carabinieri e ha confessato. Secondo le prime informazioni l’uomo ha detto di avere ucciso la moglie per “porre fine alla sua depressione e visto che la moglie si rifiutava di prendere le medicine per le cure”. Sul posto sono arrivati i medici del 118 e i carabinieri del nucleo investigativo. I militari sono coordinati dal pm Stefano Puppo.

Comandante di lungo corso, Giampaolo Brigante è conosciuto come una persona tranquilla, amante del mare. Ieri era con alcuni suoi amici a giocare a pinnacolo, come tutti i giorni. “Amava raccontare le sue avventure per mare sui traghetti – raccontano gli amici – Era preoccupato solo per la depressione della moglie ma non faceva trapelare nulla”. Il primo ad accorrere sul luogo dell’omicidio è stato il figlio Righel avvisato dal padre dopo che aveva sparato alla moglie, assieme ai carabinieri che avevano ricevuto la telefonata da parte dell’omicida. Il corpo di Cristina Marini si trovava riverso in cucina. Giampaolo Bregante è stato quindi condotto nella caserma di via Val di Canepa a disposizione del magistrato di turno.

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San Gennaro fa il miracolo e il Cardinale chiede giustizia sociale per Napoli

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Questa mattina, alle 10 in punto, il miracolo di San Gennaro si è ripetuto nel Duomo di Napoli, portando con sé un profondo significato religioso e sociale. Come da tradizione, l’annuncio della liquefazione del sangue del santo Patrono è stato dato dall’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ai fedeli che gremivano la cattedrale. Il sangue, contenuto nella famosa ampolla, era già sciolto al momento in cui è stato portato sull’altare maggiore, trasportato dai seminaristi. La celebrazione eucaristica, come sempre, ha attirato numerosi fedeli e personalità illustri, tra cui il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il governatore Vincenzo De Luca, il principe Carlo di Borbone, il principe Emanuele Filiberto di Savoia e l’attrice Marisa Laurito.

La tradizione del miracolo di San Gennaro, atteso tre volte l’anno – il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre – è un momento di grande devozione per i napoletani, che vedono in questo evento un segno di protezione e speranza.

Durante la sua omelia, l’arcivescovo Battaglia ha collegato il miracolo del sangue con la sofferenza e le difficoltà vissute dalla città. “Questo sangue si mescola sempre con il sangue dei poveri, degli ultimi, con il sangue versato a causa della violenza e del degrado sociale”, ha dichiarato, ricordando tragedie recenti come il crollo di Scampia e l’esplosione di Forcella. Con queste parole, Battaglia ha voluto sottolineare la necessità di una risposta collettiva e solidale alle sfide che Napoli affronta quotidianamente.

L’arcivescovo ha proseguito il suo discorso ponendo l’accento sull’importanza di affrontare le emergenze sociali come opportunità per costruire un futuro di giustizia e pace. Ha menzionato l’emergenza educativa e abitativa come priorità che richiedono interventi immediati, ma che al tempo stesso offrono la possibilità di disegnare una nuova traiettoria per la città. “Occorre avere il coraggio di superare la logica della competizione ad oltranza per abbracciare quella della cooperazione”, ha esortato Battaglia, invitando la comunità a riscoprire il valore della solidarietà e della cura reciproca.

Napoli, città dalle profonde contraddizioni ma anche dalle grandi risorse umane, è stata al centro di un appello accorato a ripartire da quei gesti semplici ma fondamentali che la sorreggono ogni giorno: “Ricorda sempre di custodire con tutto te stessa e ripartire ogni giorno dalle poche cose che contano”, ha detto Battaglia, invitando i napoletani a non voltare mai lo sguardo di fronte alla sofferenza altrui e a lottare per una città più giusta e pacifica.

Il miracolo di San Gennaro, dunque, non è solo un evento religioso, ma un invito a riscoprire la dimensione della solidarietà, della cooperazione e della speranza, elementi essenziali per costruire una Napoli migliore e più equa. Concludendo, l’arcivescovo ha invocato la protezione del santo Patrono affinché il segno del suo sangue “ravvivi sempre in noi il desiderio di realizzare per la nostra terra e per il mondo intero il sogno di Dio”.

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