Fabrizio Capogna, una figura nota nel mondo oscuro del narcotraffico romano, ha recentemente fatto una svolta sorprendente diventando un testimone chiave nella lotta contro il crimine organizzato. Cresciuto tra le piazze di spaccio di Tor Bella Monaca, Capogna ha confessato di aver iniziato la sua carriera criminale vendendo droga per strada già all’età di 18-19 anni. Dopo un arresto nel 2015, è tornato nel giro del traffico di cocaina, espandendo le sue operazioni per tutta Roma, da Tor Bella Monaca a San Basilio, Marranella, Magliana e Primavalle, con un traffico mensile che ha raggiunto i 100-120 chili, equivalente a un investimento di oltre due milioni e mezzo di euro.
Oggi, a quasi quarant’anni, Capogna si è presentato come un testimone chiave nel processo per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik, capo ultras della Lazio coinvolto nel traffico di droga. Il presunto assassino, Esteban Calderon, descritto come “fedelissimo” di Leandro Bennato, un altro nome importante nella criminalità romana, è stato al centro dell’inchiesta della Procura di Roma.
Capogna ha rivelato dettagli inediti sul mercato clandestino di cocaina, eroina e marijuana, svelando nomi, fatti, tradimenti e la dura realtà del mondo del narcotraffico: “Tutti dicono di essere amici, ma in realtà nessuno è amico di nessuno”, ha affermato, sottolineando la mancanza di scrupoli e la brutalità che caratterizzano questo universo criminale.
Il suo salto di qualità nel traffico di droga è stato favorito da un albanese conosciuto dopo il suo rilascio, conosciuto con il soprannome di Lolli, residente in Olanda. Lolli ha fornito a Capogna droga a prezzi inferiori rispetto al mercato locale, permettendogli di aumentare il suo volume di vendite e di competere direttamente con altri gestori del mercato come Bennato e il suo socio Giuseppe Molisso, entrambi collegati al temuto Michele Senese, considerato il “padrino” della criminalità romana.
La vita criminale di Capogna non è stata priva di tensioni e tradimenti. Ha raccontato di come Lolli, suo fornitore di fiducia, lo abbia tradito e collaborato con i suoi rivali, scatenando una serie di conflitti interni che hanno portato a perdite significative di droga e ad un’ulteriore escalation delle tensioni nel sottobosco criminale romano.
Nel tentativo di proteggere la sua vita e affrontare le conseguenze delle sue azioni, Capogna ha deciso di collaborare con le autorità, fornendo informazioni cruciali per smantellare reti criminali e perseguire i responsabili di gravi crimini come l’omicidio di Piscitelli. La sua testimonianza ha anche rivelato piani di vendetta tra gruppi rivali, evidenziando un clima di violenza e rivalità senza quartiere che permea il mondo del narcotraffico.
Fabrizio Capogna, da protagonista nel crimine, è ora diventato un pezzo chiave nella lotta contro di esso, offrendo uno sguardo raro e prezioso su un mondo che continua a operare nell’ombra della società.