Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (nella foto di Imagoeconomica in evidenza), ha lanciato nel corso di una intervista al Corriere della Sera un grave allarme riguardo il “gigantesco mercato clandestino delle informazioni riservate”. Secondo Melillo, questo fenomeno non solo alimenta le attività delle organizzazioni criminali tradizionali, ma condiziona anche l’economia e la politica.
Il mercato clandestino delle informazioni
Il procuratore Melillo ha dichiarato che il commercio illegale di dati riservati è ormai uno strumento consolidato nelle mani delle organizzazioni criminali e delle realtà più spietate del mondo economico e politico. «La raccolta abusiva, la manipolazione e l’uso strumentale delle informazioni digitali riservate sono divenute prassi comuni, tanto per le mafie quanto per le dinamiche di concorrenza aziendale e politica», ha spiegato Melillo.
L’inchiesta della Procura di Perugia
La situazione appare ancora più allarmante alla luce delle indagini della Procura di Perugia che, secondo Melillo, hanno evidenziato l’enorme quantità di dati esfiltrati dalla banca dati antimafia e dai sistemi informativi delle forze di polizia. Queste infiltrazioni hanno messo in luce la vulnerabilità delle istituzioni rispetto al cybercrime. «Sarà necessario attendere la conclusione delle investigazioni per una valutazione più approfondita», ha aggiunto il procuratore.
Cybersecurity e criminalità organizzata
Melillo ha sottolineato come il crimine organizzato stia cambiando pelle, arruolando più esperti informatici che killer. La criminalità virtuale è diventata il fulcro delle operazioni più pericolose delle mafie, con tecniche sofisticate che vanno dalle frodi fiscali all’utilizzo di criptovalute per il riciclaggio di denaro. «Consulenti e ingegneri informatici sono ormai tra le risorse più preziose anche per le organizzazioni criminali», ha detto Melillo.
Minacce terroristiche e criminali globali
Anche le organizzazioni terroristiche internazionali si stanno avvantaggiando delle tecnologie digitali per le loro attività, con Melillo che evidenzia come il web sia lo strumento principale per la propaganda e il reclutamento jihadista o suprematista. Il procuratore teme che le competenze tecnologiche acquisite nei teatri di guerra possano presto essere utilizzate per minacciare la sicurezza delle democrazie occidentali.
Un ritardo da colmare
Melillo ha poi espresso preoccupazione per la condizione attuale della sicurezza cibernetica in Italia. Nonostante la creazione di un perimetro nazionale della sicurezza cibernetica e un’Agenzia nazionale, rimane ancora un importante deficit di capacità difensiva e repressiva. «Occorrono grandi investimenti in risorse umane e tecnologiche per contrastare efficacemente le mafie e il terrorismo», ha concluso il procuratore.
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