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Cronache

Curva degli ultrà milanisti e interisti: affari, biglietti e legami anche con la camorra

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Esiste una linea retta che unisce le curve degli ultrà in tutta Italia, e non si tratta della passione per i colori della maglia o dei risultati in campo. Questa linea porta ai soldi e agli affari che orbitano attorno agli stadi, dal Nord al Sud del Paese. Un sistema che, come emerso dalle recenti indagini, coinvolge criminalità organizzata e affari illeciti, al centro dei quali si trovano biglietti, parcheggi e gadget.

L’inchiesta su San Siro e i legami con la ‘ndrangheta

La Direzione investigativa antimafia ha recentemente smantellato le curve di San Siro: 16 arresti e tre persone ai domiciliari. Le curve di Milan e Inter erano sotto il controllo di leader ultrà, alcuni dei quali legati alla ‘ndrangheta. Secondo l’indagine, questi gruppi ultrà gestivano affari come il controllo dei parcheggi, il pizzo sui biglietti e la vendita di bevande e gadget. Nonostante la rivalità tra tifoserie, milanisti e interisti si sedevano allo stesso tavolo per spartirsi i profitti.

Il legame tra Milan, Napoli e la camorra

L’inchiesta ha rivelato anche legami tra gli ultrà milanisti e la camorra napoletana. In particolare, nel periodo dei quarti di finale di Champions League tra Milan e Napoli, tenutisi il 12 aprile 2023, vi fu una richiesta di 200 biglietti avanzata da un ex boss della camorra, da distribuire agli affiliati. Con la pressione giusta, l’ultrà napoletano Gianluca De Marino, leader della Curva A del Napoli e fratello di Ciro De Marino, affiliato al clan Misso, ha chiesto aiuto a Luca Lucci, capo degli ultrà milanisti, per ottenere i biglietti richiesti.

Il business dei biglietti e l’incontro tra i capi ultrà

L’incontro tra Lucci e De Marino si è svolto davanti a un bar di Cologno Monzese poche ore prima della partita. Da un’intercettazione emerge il dialogo tra i due, in cui De Marino ringrazia Lucci per i biglietti, sottolineando l’importanza della presenza dei clan napoletani. La conversazione, descritta come conviviale dagli investigatori, conferma il coinvolgimento della criminalità organizzata nel mondo ultrà, con il controllo della distribuzione dei biglietti come uno degli strumenti di potere.

La criminalità nelle curve italiane

Secondo il capo della Procura nazionale antimafia, Giovanni Melillo (nella foto in evidenza), l’influenza delle componenti mafiose non è limitata solo a San Siro, ma si estende anche ad altri stadi italiani, come il Maradona di Napoli. Pur riconoscendo che non tutti gli ultrà sono criminali, Melillo ha sottolineato che esiste una componente mafiosa all’interno del mondo ultrà che opera con modalità criminali, condizionando la vita dei tifosi che vogliono semplicemente godersi la partita.

Le prospettive future

L’operazione che ha ripulito San Siro, come ha affermato Melillo, non sarà l’ultima. Le indagini continueranno per smantellare ulteriormente i legami tra criminalità organizzata e tifoserie ultrà, garantendo che il calcio rimanga uno sport e non un affare controllato da pochi.

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Cronache

Omicidio Denis Bergamini: condannata l’ex fidanzata Isabella Internò a 16 anni di carcere

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Dopo 34 anni di attesa, arriva la svolta nel caso della morte del calciatore Donato Denis Bergamini. La Corte d’Assise di Cosenza ha stabilito che il giocatore del Cosenza fu ucciso e ha condannato l’ex fidanzata Isabella Internò a 16 anni di carcere per il suo ruolo di mandante dell’omicidio, in concorso con altre persone ancora ignote. La sentenza di primo grado, emessa dopo otto ore di camera di consiglio, conferma che la morte di Bergamini non è stata un suicidio, come sostenuto fin dall’inizio dalla Internò.

Il processo e le dichiarazioni dell’imputata

Il caso risale al 18 novembre 1989, quando Denis Bergamini fu trovato morto lungo la statale 106, a Roseto Capo Spulico. Internò, presente in aula durante il processo, ha sempre dichiarato che il calciatore si fosse gettato sotto un camion, descrivendo la scena come un atto improvviso e disperato dopo una lite. Tuttavia, i giudici e la presidente della Corte, Paola Lucente, non hanno creduto alla sua versione, basandosi su prove scientifiche che hanno dimostrato il contrario.

Nonostante la condanna, Isabella Internò ha continuato a proclamarsi innocente. Prima che la Corte si ritirasse per deliberare, ha dichiarato: “Voglio solo dire che sono innocente e non ho commesso niente. Lo giuro davanti a Dio“. Fino a una sentenza definitiva, rimarrà libera poiché non ha mai subito misure cautelari.

La nuova verità giudiziaria

Dopo quasi 35 anni, il verdetto della Corte d’Assise svela una nuova verità giudiziaria: Denis Bergamini non si tolse la vita, ma fu vittima di un piano omicida orchestrato dalla sua ex fidanzata. In base alle indagini, Bergamini aveva accettato di incontrare la Internò con la speranza di risolvere i problemi legati alla fine della loro relazione. Invece, si trattava di una trappola. Secondo i periti dell’accusa, il calciatore fu ucciso per asfissia da compressione, probabilmente soffocato con una sciarpa o una busta di plastica e successivamente adagiato sull’asfalto.

Le reazioni e il verdetto

Il caso di Bergamini ha lasciato un segno indelebile nella sua famiglia, soprattutto nella sorella Donata Bergamini, che ha seguito con grande partecipazione l’intero processo. Presente in aula con i suoi avvocati Fabio Anselmo, Alessandra Pisa e Silvia Galeone, Donata ha pianto di fronte alla sentenza. Anche alcuni ex colleghi del calciatore, come Michele Padovano, Luigi Simoni e Alberto Urban, erano presenti per sostenere la famiglia.

L’avvocato Fabio Anselmo, noto per aver seguito il caso di Stefano Cucchi, ha commentato: “Se i magistrati di oggi ci fossero stati all’epoca della morte di Denis, non saremmo stati qua 35 anni dopo“.

La condanna di Isabella Internò rappresenta una svolta importante in uno dei casi di cronaca nera più discussi in Italia. Tuttavia, rimangono ancora dubbi su chi siano i complici e gli esecutori materiali dell’omicidio. Le indagini continueranno, ma per ora, giustizia è stata parzialmente fatta per la famiglia di Denis Bergamini.

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Le curve del Milan e l’evoluzione del tifo: da reietti a celebrità del mondo milanese

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Una volta, il tifo nelle curve degli stadi era un fenomeno completamente diverso. Negli anni ’90, molti tifosi entravano allo stadio senza biglietto, scavalcando le recinzioni con l’aiuto di senatori della Curva Sud. Chi non ci riusciva pagava qualche mille lire per essere aiutato. Tuttavia, dietro la passione sportiva, si celava un mondo di violenza e scontri tra tifoserie rivali, con episodi brutali e pericolosi. Le curve erano dominate da gruppi organizzati come la Fossa dei Leoni e le Brigate Rossonere, simboli del tifo più acceso del Milan.

La violenza nelle curve

Nonostante la romantica nostalgia per i tempi passati, le curve erano spesso teatri di scontri violenti. Le famiglie che portavano i propri figli allo stadio rischiavano di essere aggredite se mostravano simboli della squadra avversaria, come la Juventus. Il clima era spesso pericoloso, con episodi di aggressioni fisiche che si verificavano sotto gli occhi indifferenti delle persone.

La curva era vista come una zona franca, un mondo a parte rispetto alla società esterna, dove regnava l’autonomia e un senso di appartenenza esclusiva. Questo mondo, però, non era solo dominato dalla violenza, ma anche dalla necessità di legittimazione sociale per molti degli ultrà, spesso provenienti da contesti difficili delle periferie milanesi.

La trasformazione delle curve

Con il passare degli anni, la curva del Milan, come quella dell’Inter, è cambiata. Le curve sono diventate più sofisticate e organizzate, ma anche sempre più legate a interessi economici. Il 2016 ha segnato un punto di svolta, quando i Commandos Tigre si sciolsero dopo un agguato che coinvolse alcuni sedicenti tifosi rossoneri. Da quel momento, le curve si sono trasformate, e i loro leader hanno stretto legami con il mondo dello spettacolo e della musica.

L’influenza dei rapper e delle celebrità

Negli ultimi anni, la curva del Milan è diventata un punto di riferimento per molti rapper emergenti, come Lazza, Emis Killa, e persino Fedez, che frequentavano la curva ben prima di diventare celebri. Questo rapporto tra ultrà e celebrità ha creato una fusione tra il mondo della musica e quello del tifo organizzato, con i leader delle curve che hanno trovato terreno fertile in un ambiente musicale affascinato dalla loro aura di gangster moderni.

Le curve sono diventate non solo un punto di ritrovo per i tifosi, ma anche uno strumento attraverso cui ripulire denaro e consolidare lo status di figure influenti. Personaggi come Luca Lucci, capo degli ultrà milanisti, hanno sfruttato i legami con celebrità e politici per rafforzare la propria posizione. Matteo Salvini, quando era ministro dell’Interno, fu fotografato con Lucci, consolidando così il suo legame con il mondo delle curve.

Il calcio ostaggio degli ultrà

Il calcio italiano, compreso il Milan e l’Inter, sembra essere ostaggio di questa commistione tra tifo organizzato e celebrità. Nonostante le leggi impongano alle società sportive di non avere contatti con gli ultrà, nella realtà, questi legami continuano a esistere. Le curve sono diventate un mondo a parte, capace di influenzare non solo il tifo, ma anche l’economia e la società.

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Omicidio alla Duchesca: caccia all’uomo per il killer in fuga, emergenza criminale a Napoli

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L’omicidio di Luigi Procopio, 45 anni, consumato lunedì pomeriggio alla Duchesca, ha scosso Napoli e riportato l’attenzione sulla criminalità organizzata che ancora persiste nella città. Procopio è stato colpito da almeno cinque colpi di pistola esplosi a distanza ravvicinata in un agguato premeditato, ma probabilmente scatenato da un litigio avvenuto poche ore prima.

Il killer è in fuga, ha lasciato il proprio territorio e sa di essere ricercato. Le forze dell’ordine hanno già un identikit affidabile e sono fiduciose di risolvere il caso in breve tempo. Come confermato dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri, la polizia ha già una pista: “Sono ottimista sulla possibilità di individuare e arrestare l’esecutore materiale”.

Un delitto spregiudicato

L’omicidio è avvenuto in pieno centro di Napoli, sotto gli occhi del figlio undicenne della vittima e di altri familiari. Un gesto di estrema spregiudicatezza, che ha scatenato un clima di omertà e paura tra i testimoni. Nonostante il delitto sia stato compiuto in pubblico, nessuno sembra aver visto nulla. Questo silenzio è un chiaro segno del misto di rassegnazione e indifferenza che caratterizza alcune zone di Napoli.

Caccia al killer

Il killer ha agito con freddezza, sparando davanti a numerosi testimoni. Dopo l’omicidio, è scappato a piedi, ma si pensa abbia organizzato un piano di fuga e stia utilizzando la tecnica dell’inabissamento, evitando contatti con i suoi soliti conoscenti. La polizia è ora impegnata in una caccia all’uomo, con il blitz finale ormai imminente.

Il contesto criminale

Questo delitto ripropone la questione della emergenza criminale a Napoli, in particolare nella zona della Maddalena, dove il tempo sembrava aver riportato una certa stabilità. Negli ultimi anni, questa zona è stata interessata da un rilancio economico, con il mercato del falso, street food e bed and breakfast che hanno contribuito alla rinascita di un’area precedentemente malfamata.

Il nome di Luigi Procopio appare, anche se solo marginalmente, in una misura cautelare firmata alcuni anni fa dalla DDA di Napoli. Procopio era indicato come possibile esponente del clan Mazzarella, contrapposto ai Contini, a testimonianza delle fragili diplomazie criminali che regolano l’equilibrio di potere in questa parte della città.

Le indagini proseguono e si attende una svolta decisiva nelle prossime ore. Le forze dell’ordine sono impegnate a fare luce su un delitto che ha riacceso i riflettori sulla pericolosità della criminalità organizzata a Napoli e sulla necessità di mantenere alta l’attenzione su questi fenomeni.

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