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Ambiente

Cresce la raccolta differenziata, al Sud la Campania diventa un esempio da seguire

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 In Italia la raccolta differenziata continua a crescere, oramai e’ arrivata al 61,3% del totale dei rifiuti. Ma di questa spazzatura raccolta bene, solo meta’ viene effettivamente riciclata, il 53,3%. Colpa della carenza di impianti di trattamento, concentrati al nord e scarsi al centrosud. Una delle conseguenze e’ che al centro e nel Mezzogiorno lo smaltimento dei rifiuti costa ai cittadini più che al nord. E’ questo il quadro del trattamento dei rifiuti urbani in Italia tracciato dal rapporto annuale dell’Ispra, l’istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente, e basato sui dati del 2019. L’anno scorso la raccolta differenziata in Italia e’ aumentata del 3,1% rispetto al 2018, raggiungendo il 61,3% della produzione nazionale. Il Sud ha superato per la prima volta il 50% di differenziata, confermando il trend di crescita degli ultimi anni, con un aumento della percentuale di 4,5 punti. Le regioni prime della classe, quelle che superano il 65% di raccolta, sono quasi tutte al nord: Veneto (74,7%), Sardegna (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%), Lombardia (72%), Emilia Romagna (70,6%), Marche (70,3%), Friuli Venezia Giulia (67,2%) e Umbria (66,1%). Da segnalare l’Abruzzo al 62,7%. Sotto al 50% rimane la raccolta in Basilicata (49,4%) e Calabria (47,9%), mentre la Sicilia è ancora al di sotto del 40%.

Però, nel Mezzogiorno le cose stanno migliorando: i maggiori incrementi di raccolta differenziata si hanno in Molise (+12%) e Sicilia (+9%), seguiti dalla Sardegna (+6,3%), dalla Puglia (+5,2%) e dall’Abruzzo (+ 3,1%). La città di Treviso (86,9%) e la sua provincia (87,7%) si confermano i campioni italiani della differenziata, grazie a un’ottima organizzazione e a un fitto tessuto industriale. Tra le città più virtuose ci sono Ferrara con l’85,9% e Pordenone con 85,5%. Le città metropolitane sono guidate da Cagliari con il 71,4% e Venezia al 70,9%.

Sopra il 60% stanno Milano, Bologna e Firenze. La Sicilia si rivela il territorio italiano piu’ indietro nel trattamento della spazzatura. Fra le citta’ metropolitane, Palermo e’ quella che fa meno differenziata (29%), anche se l’anno scorso e’ cresciuta del 9,1%. Fra i capoluoghi di provincia sotto il 20% ci sono Messina (18,8%) e Catania (14,5%). Al sud male anche Taranto (16%) e Crotone (11%). Ma anche se si fa la differenziata, non e’ detto che poi il rifiuto venga recuperato. Il riciclo totale secondo l’Ispra arriva appena al 53,3% della spazzatura raccolta. Il resto va in discarica o negli inceneritori, vanificando gli sforzi di cittadini e Comuni. I dati del rapporto fanno capire perche’ questo avviene. Nel 2019 erano operativi 658 impianti di gestione dei rifiuti urbani: 355 al Nord, 121 al Centro e 182 al Sud. Al centrosud mancano gli impianti per trasformare la spazzatura: quindi, niente riciclo. E i risultati si vedono sul portafoglio dei cittadini: poco riciclo, pochi guadagni per i Comuni, quindi tasse della spazzatura piu’ salate. Nel 2019, il costo medio nazionale di gestione dei rifiuti urbani e’ stato di 175,dc79 euro all’anno per abitante. Al Centro pero’ il costo era di 208,71 euro per abitante, al Sud di 188,53 euro. Al Nord, il costo scendeva a 155,83 euro.

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Il crollo delle elettriche affonda il mercato dell’auto

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Il crollo delle elettriche ha un forte impatto sul mercato europeo dell’auto e spinge i produttori a chiedere all’Unione Europea “di presentare misure di soccorso urgenti “per il settore. In tutti i Paesi si registrano pesanti cali delle vendite e si parla di 30.000 posti di lavoro a rischio nel gruppo Volkswagen con una riduzione degli investimenti previsti. Intanto Bruxelles e Pechino provano a dialogare sui dazi definitivi sulle e-car importate dalla Cina alla ricerca di “una soluzione accettabile”. Le immatricolazioni in Europa occidentale nel mese di agosto sono state 755.717, il 16,5% in meno del 2023. Da inizio anno sono state vendute complessivamente 8.661.401 auto, con una crescita dell’1,7% sull’analogo periodo del 2023.

Le elettriche vendute sono 125.000, il 36% in meno di un anno fa, mentre considerando solo l’Unione Europea la flessione è del 43,9%. Stellantis ha immatricolato nel mese di agosto 103.612 auto, il 28,7% in meno del 2023 con il calo della quota di mercato dal 16,1 al 13,7%. A Mirafiori si vedono, intanto, i primi modelli cinesi Leapmotor C10 spediti in Europa e destinati al mercato italiano: le vetture verranno messe a punto per una settimana da una ventina di operai delle carrozzerie in cassa integrazione. In questo contesto difficile va avanti il negoziato tra l’Ue e la Cina che “hanno concordato di intensificare gli sforzi per trovare una soluzione efficace, applicabile e compatibile con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio per il caso delle auto elettriche”. Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis ha avuto un incontro definito “costruttivo” a Bruxelles con il ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

Bruxelles e Pechino hanno deciso “di riesaminare gli impegni sui prezzi”, dando “istruzioni ai rispettivi team affinché si impegnino al massimo per raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile”. La Ue precisa, però, che la volontà di lavorare a una soluzione condivisa “non pregiudica l’indagine” sui possibili maxi-sussidi sleali del Dragone alle sue imprese. I timori delle case automobilistiche europee, insidiate dalla concorrenza cinese che tende a conquistare quote sempre più rilevanti, sono forti. L’Acea esprime preoccupazione per la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni previsti entro il 2025. “Ci mancano le condizioni cruciali – spiega – per ottenere il necessario impulso alla produzione e all’adozione di veicoli a emissioni zero: infrastrutture di ricarica e rifornimento dell’idrogeno, nonché un ambiente produttivo competitivo, energia verde a prezzi accessibili, incentivi fiscali e di acquisto e un approvvigionamento sicuro di materie prime, idrogeno e batterie”. Anche gli operatori italiani del settore chiedono maggiore chiarezza all’Europa sui target delle emissioni di CO2, sui dazi alle importazioni e sulle politiche di incentivazione per dare certezze agli operatori e ai clienti, sia consumatori che aziende.

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Ambiente

Napoli: uno studio dell’Ingv distingue tra emissioni di CO2 vulcaniche e antropiche

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Uno studio innovativo condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha rivelato importanti differenze tra le emissioni di anidride carbonica di origine vulcanica e quelle derivanti dall’attività umana nell’area metropolitana di Napoli. Pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” di Nature, lo studio ha analizzato la composizione isotopica del carbonio e dell’ossigeno nella CO2 atmosferica, evidenziando come nell’area urbana di Napoli le emissioni siano principalmente legate alla combustione di idrocarburi, mentre nelle aree intorno alla Solfatara di Pozzuoli l’eccesso di CO2 provenga da attività vulcaniche e idrotermali.

Il primo autore dello studio, Roberto Di Martino, spiega: “Abbiamo voluto comprendere meglio la variabilità delle sorgenti di CO2 e quantificare il contributo di ciascuna fonte”. Grazie all’analisi isotopica, i ricercatori sono riusciti a distinguere le diverse fonti di emissione, offrendo una comprensione più chiara della dinamica vulcanica dei Campi Flegrei e delle sue implicazioni climatiche.

Lo studio ha utilizzato tecnologie avanzate per misurare la composizione isotopica della CO2, precedentemente testate sull’isola di Vulcano durante la crisi del degassamento del 2021. L’approccio è stato ora applicato alla città di Napoli, fornendo preziose informazioni che potrebbero avere un impatto significativo sulle politiche ambientali.

Inoltre, il team ha avviato la creazione di una rete sperimentale di monitoraggio chiamata Atmospheric Carbon and Oxygen Laboratory (ACO-Lab), con l’obiettivo di monitorare in tempo reale le emissioni di CO2 nelle città italiane. La prima stazione è stata attivata a Palermo nel 2023, fornendo dati aggiornati ogni ora, contribuendo così a una migliore comprensione delle emissioni e del cambiamento climatico.

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Ambiente

Monitoraggio del magma ai Campi Flegrei, rischio da non sottovalutare: studio Ingv e Università

Un team internazionale guidato dall’INGV ha tracciato l’evoluzione del bradisismo dal 2007 al 2023, rilevando il progressivo accumulo di magma a profondità superficiali nella caldera vulcanica dei Campi Flegrei.

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L’attività sismica, la deformazione del suolo e l’emissione di gas, fenomeni osservati dal 2007, sono oggetto di studio di un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università Roma Tre e l’Université de Genève. Il loro obiettivo è comprendere se questi fenomeni, legati al bradisismo in corso nel vulcano Campi Flegrei, siano associati al movimento o all’accumulo di magma in profondità.

I risultati dello studio, pubblicati su Nature – Communications of Earth and Environment, evidenziano che il vulcano ha mostrato segni di un progressivo accumulo di magma a profondità inferiori agli 8 km, con un continuo sollevamento del suolo di circa 1,3 metri a Pozzuoli dal 2006. Sebbene non ci siano segnali imminenti di eruzione, gli esperti avvertono che l’accumulo di magma e l’aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio costantemente monitorato, anche grazie all’integrazione di tecnologie avanzate come il GNSS e i dati satellitari.

Questo lavoro rappresenta un passo cruciale per comprendere meglio la dinamica vulcanica in una delle aree più densamente popolate d’Europa.

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