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Cronache

Creano società fantasma per ottenere finanziamenti da banche, arrestati 4 imprenditori

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Quattro imprenditori sono stati arrestati dai carabinieri nelle indagini scattate dopo il ritrovamento di lingotti d’oro e denaro contante per un valore di 1,3 milioni di euro in un ‘self storage’. Le accuse sono associazione finalizzata a condotte di truffa, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, truffa per il percepimento di erogazioni pubbliche, frodi fiscali e fittizie intestazioni di beni. Il gruppo criminale ha costituito, in Italia e all’estero, più di 20 società fantasma, nel settore energetico e consulting, per ottenere finanziamenti bancari per diversi milioni. Gli imprenditori sono stati bloccati dai militari mentre cercavano di fuggire all’estero, dopo aver saputo che il loro deposito era stato scoperto, il 28 gennaio, quando era finito in manette, per ricettazione, un imprenditore italiano di 46 anni, affittuario del garage. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati documenti, un rilevatore di microspie, 11 lingotti in oro per un totale di 99mila euro e 49mila euro in contanti.

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L’ora della giustizia per Giulia, al via il processo a Filippo Turetta

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E’ l’ora della giustizia per Giulia Cecchettin, a meno di un anno dal delitto consumatosi in un parcheggio di Fossò l’11 novembre dello scorso anno, con la fuga e l’abbandono del cadavere in Friuli e infine la cattura in Germania del suo omicida. Lunedì 23 settembre inizierà davanti alla Corte d’Assise di Venezia il processo a Filippo Turetta, il suo ex ragazzo, che con ogni probabilità però non sarà in aula. Una scelta coerente con la linea difensiva del suo legale, Giovanni Caruso, dai primi interrogatori fino alla decisione di rinunciare al passaggio in udienza preliminare optando per il giudizio immediato: nessuna ricerca di spettacolarizzazione della vicenda, che è diventata agli occhi della società e della politica come un caso emblematico della violenza di genere, che ha scosso e mobilitato le coscienze ma ha anche avuto cadute di stile e di comunicazione.

C’è, a detta del difensore, “un percorso di maturazione personale del gravissimo delitto commesso”, e la “volontà che la giustizia faccia il proprio corso nei tempi più rapidi possibili e nell’interesse di tutti” alla base della strategia processuale. La difesa, gli avvocati Caruso e Monica Cornaviera, non chiederà nemmeno la perizia psichiatrica, a meno di intenzioni diverse che emergano dal processo, evitando anche eventuali discussioni sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato. Turetta, che ha confessato il delitto dopo l’arresto, deve rispondere di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking, oltre che di occultamento di cadavere, reati per cui rischia l’ergastolo. Un solo teste sarà chiamato a deporre per Turetta, il medico legale Monica Cucci, mentre una trentina sono quelli del pm Andrea Petroni, la metà carabinieri che hanno condotto le indagini, il padre di Giulia, Gino, la sorella Elena e le amiche, poi i consulenti medico legali e l’uomo che aveva chiamato il 112 segnalando la lite e la prima aggressione in ordine cronologico nel parcheggio vicino alla casa dei Cecchettin, a Vigonovo.

La parte civile per la famiglia Cecchettin non ha depositato liste di testimoni. I comuni di Fossò e di Vigonovo, il paese dove abita la famiglia Cecchettin, hanno dato incarico a legali per una costituzione in giudizio, che verrà valutata dal collegio. Di basso profilo è anche la scelta del luogo del processo, l’aula della nuova Cittadella di Giustizia in piazzale Roma. Inagibile la storica aula di Rialto, non si è optato per la più grande aula bunker di Mestre, teatro dei grandi processi veneziani. Il presidente del collegio, Stefano Manduzio, ha ritenuto sufficienti i 18 posti per le parti processuali più le 40 suddivise in egual misura tra pubblico e giornalisti, con le riprese video affidate alla sola Rai. E’ comunque prevedibile che al di fuori del palazzo vi sia una folta partecipazione di pubblico, interessato alla vicenda processuale. Ed è ipotizzabile che il “cuore” del giudizio sia la premeditazione del delitto da parte di Turetta, basato sulla sua “ossessiva pretesa” di laurearsi insieme a Giulia, al non rassegnarsi sulla fine della relazione. Nei suoi interrogatori, aveva ammesso di aver portato in macchina la notte del delitto due zainetti, uno con alcuni regali, l’altro con un kit per il delitto. Verrà ripercorsa la vicenda tragica con la fuga di otto giorni di Filippo, conclusasi in Germania, che tenne col fiato sospeso l’Italia, suscitando poi un moto di partecipazione al dolore dei Cecchettin, e di rabbia per i femminicidi, che non sono diminuiti.

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Juve-Napoli, decreto Tar valido solo per i due ricorrenti

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l provvedimento del Prefetto di Torino di divieto di trasferta, con l’annullamento dei biglietti già acquistati, per i residenti nella provincia di Napoli per assistere alla partita Juventus-Napoli di oggi pomeriggio resta efficace, tranne per il tifoso partenopeo e suo figlio il cui ricorso è stato accettato dal Tar del Piemonte. E’ la precisazione che si apprende da fonti autorevoli a Torino. Dunque i tifosi residenti a Napoli e provincia, come già stabilito, non possono entrare all’Allianz Stadium per assistere alla partita. E la società bianconera deve attenersi a queste disposizioni. La decisione del Prefetto di Torino Donato Cafagna era arrivata dopo la richiesta del Comitato di Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni Sportive (Casms) alla luce dei disordini che si sono verificati in occasione della partita Cagliari-Napoli, di domenica scorsa, e tenuto conto anche dell’accesa rivalità fra le tifoserie juventina e partenopea.

“Dalla Prefettura si precisa che le è stato trasmesso nel pomeriggio un provvedimento cautelare del Tar Piemonte, adottato in assenza di contraddittorio, che sospende gli effetti del divieto di assistere alla partita Juventus Napolilimitatamente ai due ricorrenti, come indicato in motivazione”. Così in una nota diffusa, nel pomeriggio, della Prefettura di Torino.

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Tutte le bugie di Chiara, ‘temevo i giudizi degli altri’

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Bugie. Tante bugie. Un castello di contraddizioni messo insieme per una serie di motivi ancora insondabili, non ultimo quello del timore del giudizio di famiglia, fidanzato e amici. E per alleggerire la propria posizione via via che le evidenze raccolte dagli inquirenti si facevano sempre meno opinabili e le domande sempre più incalzanti. Chiara Petrolini, 21enne di Parma accusata di omicidio premeditato e soppressione di cadavere dopo il ritrovamento dei corpicini dei suoi due figli neonati nel giardino di casa, giovedì avrà la possibilità di esporre al giudice per le indagini preliminari la sua versione dei fatti e contrastare la ricostruzione messa in piedi dalla Procura. Anche se al momento non è ancora chiaro se la 21enne, sssistita dall’avvocato Nicola Tria, risponderà alle domande o si avvarrà della facoltà di non rispondere.

La ragazza si trova da venerdì agli arresti domiciliari, in un’abitazione lontano dalla villetta di Vignale di Traversetolo, alle porte di Parma, dove il 9 agosto si è spalancato l’orrore prima col ritrovamento del cadavere di un neonato e poi, dopo un mese, di un altro bimbo partorito un anno prima. Per entrambi, gli esami del Dna hanno stabilito che i genitori sono Chiara, la studentessa di Scienze dell’Educazione che in quella villetta abitava con la sua famiglia, e il suo fidanzato storico, un coetaneo col quale praticamente è cresciuta insieme. Nella dettagliata ricostruzione della Procura quelle che saltano all’occhio sono non tanto le omissioni quanto le bugie della ragazza. Le prime dichiarazioni sono state raccolte il 2 settembre (il secondo corpo viene trovato dopo una settimana), quando Chiara sostanzialmente racconta del suo assoluto silenzio sulla gravidanza con le persone a lei più vicine, di un parto in solitudine, di un bambino nato morto nella notte del 7 agosto.

Dice che non era a conoscenza del mese di gestazione, esplicita la volontà di rivelare tutto ai suoi una volta tornati dagli Stati Uniti, nega di aver provato ad accelerare il parto, nega una gravidanza pregressa sulla quale gli inquirenti avevano già dei sospetti. Un quadro che praticamente crolla nel successivo interrogatorio, il 10 settembre, quando ormai Chiara sa che nel giardino della villetta, di fronte alla finestra di camera sua, sono state trovate altre ossa umane. Quelle del corpicino in decomposizione di un altro bimbo da lei partorito a maggio 2023. Le prime bugie vengono al pettine. Chiara aveva dichiarato che il bimbo partorito il 7 agosto era nato morto, ma le analisi hanno rilevato che il piccolo aveva respirato, prima di morire dissanguato per un taglio del cordone ombelicale fatto con le forbici trovate in cucina. L’indagata aveva anche affermato che desiderava quel bambino, ma per la Procura i suoi comportamenti e soprattutto le sue costanti e compulsive ricerche online smentirebbero queste parole.

Proprio le tante domande che Chiara ha affidato ai motori di ricerca sul web smentiscono anche altre sue precedenti dichiarazioni, dal fatto che non conosceva l’epoca gestazionale al diniego di interesse per l’interruzione di gravidanza con farmaci o anche altre modalità- Chiara, ancora, ha anche negato di aver assunto droghe, ma sarebbe stato accertato il suo uso di marijuana. L’indagata ha poi detto di non aver visto sangue del bimbo dopo il parto ma le risultanze della consulenza medico legale andrebbero in direzione opposta. Così come il fatto che il padre le chiese conto di tracce di sangue in bagno e che lei giustificò con un ciclo abbondante.

Chiara disse di non avere il cellulare con sé ma le ricerche indicano che si sarebbe servita del suo smartphone per capire come affrontare rottura delle acque e fasi del parto in tempo reale. Il timore del giudizio degli altri sembra non reggere davanti alle dichiarazioni dei genitori, in particolare del padre che più volte avrebbe espresso il desiderio di diventare nonno. E poi restano i tanti perché. A partire dalle possibilità che Chiara avrebbe potuto avere di abortire in modo legale, sicuro, in presenza di una gravidanza indesiderata. Mai, è quanto però mette nero su bianco il Pm, dalle ricerche online effettuate, Chiara ha avuto in mente di salvare quelle due vite.

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