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Corruzione Qatar e caso Sumahoro, il centrosinistra diventa un ring

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Il Qatargate diventa una clava da usare per regolare i conti tra partiti: mentre a Bruxelles si susseguono sviluppi giudiziari, a Roma lo scandalo ha dato vita ad uno scambio di accuse tra forze politiche più che stimolare una riflessione sul rapporto tra portatori di interessi e politica.

Un rapporto non ancora regolato da alcuna legge visto che la fine anticipata della scorsa legislatura ha fatto morire in Senato la proposta sul registro delle lobby approvata all’unanimità alla Camera. L’ulteriore avanzamento delle indagini sulla moglie di Aboubakar Soumahoro, ha poi dato spunto alla destra di polemizzare con la sinistra. Ad aprire il gioco delle accuse è stato Matteo Renzi, cogliendo al balzo il fatto che Panzeri sia di Articolo 1.

“C’è un atteggiamento di doppia morale a sinistra. Quelli coinvolti nello scandalo Qatar sono gli stessi che se ne erano andati dal Pd perché dicevano che io non rispettavo i valori della sinistra”. A sua volta Giuseppe Conte ha attaccato Renzi, a suo dire reo di “prendere soldi da Stati sovrani” esteri, vista la sua partecipazione a convegni della Fondazione del principe saudita Bin Salman, cosa che “andrebbe vietata”. Sempre Conte, questa volta per frenare eventuali accordi col Pd sul piano nazionale, ha detto che M5s sarà “intransigente sulla questione morale”.

“Da anni – ha invece detto Matteo Salvini – infangano la Lega cercando rubli (che non ci sono) con articoli, inchieste e commissioni, ma allo stesso tempo gli passavano sotto il naso milioni di euro in corruzione dai paesi islamici. Penosi”. C’è poi M5s che con diversi suoi dirigenti, dal Giuseppe Conte alla capogruppo in Senato Barbara Floridia fino a Federico Cafiero de Raho, se la prende con le parole di Giorgia Meloni che ha chiesto una “reazione ferma”: il centrodestra, osservano i pentastellati, ha appena votato nel decreto rave la parziale abrogazione della legge Spazzacorrotti, favorendo così i reati contro la PA.

Quanto al Pd, per ora coinvolto in quanto Panzeri è stato un proprio eurodeputato prima del passaggio ad Articolo 1, vive il proprio dramma in chiave congressuale. Elly Schlein, che è stata anch’egli europarlamentare, si è dovuta giustificare per delle foto in cui viene ritratta in eventi pubblici con Panzeri. L’altro candidato, Stefano Bonaccini, respinge la tesi rilanciata dei quotidiani di destra su una questione morale a sinistra: “il Pd è parte lesa e come tale si comporterà”, a partire dalla “costruzione di un sistema di prevenzione” a tutti i livelli. E’ stato invece molto diretto Gianni Cuperlo che ha detto di “vergognarsi” di quanto avvenuto a Bruxelles.

“La questione morale teorizzata da Berlinguer è entrata dentro di noi, nella sinistra. C’è un abbassamento della soglia di sorveglianza. L’accesso al potere è diventato, in alcuni casi, il fine ultimo. Il resto è conseguenza. Se sopprimi ogni forma di finanziamento della politica, rimanere nelle istituzioni diventa il traguardo a cui non puoi rinunciare”. La destra non fa sconti e Maurizio Gasparri ha detto che la vicenda Qatar e quella di Soumahoro, fanno sì che la sinistra “ha superato il limite. E scatta anche l’irrisione: alla festa per il decennale di Fdi, in piazza del Popolo a Roma, ecco spuntare una sagoma in cartone con stivali, giacca e cravatta, allusione al deputato di Si.

Più riflessivo Maurizio Lupi che invita a non guardare il dito ma la luna: “il problema non è la corruzione di deputati o lobbisti, ma il tentativo di stati esteri di influenzare e condizionare le decisioni politiche dell’Unione e delle democrazie europee. Questo è il cuore del problema, che va affrontato dal Parlamento europeo e dai singoli stati nazionali”. In questo psicodramma generale in Parlamento c’è chi si attende una parola dal presidente Sergio Mattarella, che venerdì incontrerà il corpo diplomatico. Occasione propizia per esternare le proprie valutazioni.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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