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Coronavirus, pronto un decreto per le zone rosse: stop a bollette e aiuti al turismo

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Sospensione di tutti i pagamenti, non solo delle tasse ma anche di contributi e premi dell’Rc auto. Tutele per i lavoratori, dalla cassa integrazione a un’indennita’ specifica per gli autonomi fino alle norme ‘salva-stipendio’ per i dipendenti pubblici. E poi mano tesa alle imprese, comprese quelle del turismo che piu’ stanno soffrendo a una settimana dall’esplosione dell’emergenza Coronavirus. Il governo stringe i tempi e vara, gia’ in serata, un primo decreto per fronteggiare l’impatto economico dell’epidemia per famiglie e aziende delle zone rosse. Servira’ poi almeno un’altra settimana per una operazione generalizzata di sostegno all’economia, che potrebbe avere bisogno di uno o piu’ decreti. Per il momento si parte con le aree dei focolai, che hanno subito le misure di contenimento del virus, “in tempi record”, come sottolinea Roberto Gualtieri. Il ministro dell’economia assicura anche che ci sono i “margini di bilancio” per intervenire, ribadendo che e’ troppo presto per quantificare nel dettaglio i danni alle attivita’ produttive. Certo, serve “equilibrio” nella gestione dell’emergenza sanitaria, “evitando di fermare il Paese e bloccare l’economia”. Proprio quello che continuano a chiedere aziende e sindacati, cui arriva con il primo decreto economico parte delle risposte.

Nelle bozze del provvedimento compaiono tutte le misure di cui si e’ parlato in questi giorni, dalle agevolazioni per l’accesso al Fondo di garanzia per le Pmi allo stop, almeno fino al 30 aprile, di adempimenti e versamenti. Slitta, per le aree isolate per frenare il contagio, anche la scadenza per le rate della rottamazione ter, che passa dal 28 febbraio al 1 giugno (visto che il 31 maggio e’ festivo). E chi ha aderito al ‘saldo e stralcio’ non dovra’ passare alla cassa il 31 marzo ma avra’ tempo sempre fino a inizio giugno. In arrivo forme di sussidio per i “17.600 lavoratori” delle zone rosse: le aziende potranno chiedere per tre mesi la Cig ordinaria con procedure semplificate. Arrivera’ la Cig in deroga per chi ha meno di 6 addetti (comprese le aziende agricole) e ci saranno anche indennita’ di 500 euro al mese, per un massimo di tre mesi (quindi massimo 1.500 euro) per collaboratori, autonomi e professionisti. Per i dipendenti pubblici non saranno conteggiate come assenze gli stop per chiusura degli uffici o per la quarantena, che dovra’ essere osservata, se necessario, anche da polizia, militari e vigili del fuoco. Per le aziende del turismo, in tutta Italia, si sta preparando un pacchetto di misure, che potranno essere spalmate anche nei prossimi decreti, che vanno dalla sospensione dei versamenti di ritenute e contributi a voucher per consentire alle agenzie turistiche di rimborsare le disdette sia di alberghi sia di voli aerei. Tamponata l’emergenza si dovra’ invece trovare la ricetta anti-recessione che, secondo gli analisti, oramai e’ alle porte: per il rilancio dell’economia il governo sta studiando misure per il rilancio degli investimenti, la semplificazione e lo sblocco dei cantieri, in particolare per le infrastrutture. Interventi che avranno bisogno di fondi ingenti, difficili da trovare nelle pieghe del bilancio visto anche il rallentamento generalizzato. L’esecutivo punta a sfruttare tutti gli spazi che potranno essere concessi da Bruxelles, – che intanto sta avviando un’analisi a livello Ue dell’impatto del Covid-19 – non solo sfruttando le regole sulla flessibilita’ da cui, secondo i piu’ ottimisti, si potrebbero spuntare anche 4-5 miliardi, ma anche attivando il Fondo di solidarieta’ europeo.

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Le dash cam per vendere informazioni a Mosca, 2 indagati

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Avrebbero collaborato con “i servizi di intelligence russi” per un’attività inquietante di “spionaggio”, prestandosi a fornire, in cambio di criptovalute, “dati sensibili”, documentazione “classificata”, fotografie di installazioni militari e informazioni su tecnici specializzati nel campo dei droni e della sicurezza elettronica. E pure la “mappatura” dei sistemi di video sorveglianza di Milano e Roma, “mostrando particolare” attenzione alle “zone grigie”, ossia a quelle aree cittadine non coperte da telecamere. E’ quanto contesta la Procura di Milano a due imprenditori italiani di 34 e 60 anni, titolari di una società in Brianza, esperti nel campo delle tecnologie e “filo-russi”. Ai due è stato recapitato oggi l’avviso di conclusione delle indagini per il reato di “corruzione del cittadino da parte dello straniero”, aggravato “dall’art. 270 bis”, in quanto commesso per “finalità di terrorismo ed eversione”.

I rapporti tra i due indagati e persone ritenute legate agli 007 di Mosca sarebbero nati prima sul deep web e poi proseguiti su Telegram, dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina. E gli imprenditori avrebbero agito, oltre che per alcune migliaia di euro, a volte 2mila a volte 10mila in criptovalute, anche per finalità prettamente “ideologiche”, perché dalla parte della Russia nel conflitto e contro “le politiche occidentali”. L’inchiesta, coordinata dal pm Alessandro Gobbis del pool antiterrorismo, guidato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco, iniziata a partire dall’aprile scorso, scaturisce dagli esiti di una complessa attività investigativa condotta dal Ros di Milano, in collaborazione con la Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma.

Indagine, a cui ha collaborato anche l’Aise, nella quale sono stati “riscontrati a partire dal 2023 l’adescamento, da parte di cittadini russi, e la successiva corrispondenza sul canale telegram” tra loro e i due indagati. Questi ultimi si sarebbero messi a disposizione per acquisire informazioni, dalle più banali come ricerche sul web anche da fonti aperte, come le Camere di Commercio, fino a fotografie anche del Duomo di Milano, fino ad immagini di caserme ed obiettivi militari, alcune anche tecnicamente impossibili da realizzare. Ma pure per una raccolta più ampia di dati, simile ad operazioni di dossieraggio, in particolare su imprenditori. La richiesta degli apparati di intelligence sarebbe stata, poi, quella di arrivare a ‘vedere’ dove non ci sono telecamere, anche se non c’è prova nelle indagini che avessero possibilità di entrare nei sistemi di videosorveglianza pubblici o privati.

Le perquisizioni eseguite nei confronti dei due prima dell’estate, infatti, hanno fatto emergere interessi per la “mappatura” dei sistemi di videosorveglianza di Milano e Roma, con particolare attenzione alle “zone grigie”, ossia a quelle aree cittadine non coperte da telecamere. E proprio la volontà di avere il “controllo” su certe zone delle città o su aree militari è ciò che ha destato maggiore “allarme” tra gli inquirenti della Procura guidata da Marcello Viola. Infine, è venuto a galla anche una sorta di piano per trasferire informazioni a Mosca: i due, destinatari dell’atto di chiusura delle indagini, avrebbero pure proposto a cooperative di taxi di Milano un “business plan” che prevedeva l’installazione a titolo gratuito di “dash cam”, piccole videocamere da cruscotto in genere di sicurezza. E ciò nella prospettiva di affidare, all’insaputa dei tassisti, la gestione delle immagini di intere aree cittadine all’intelligence russa e per “molteplici finalità”. Tra queste quella più concreta, per gli inquirenti, è una attività di “spionaggio” ad ampio spettro.

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Modi, l’amicizia con l’Italia aiuta a rendere il mondo migliore

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“Felice di aver incontrato il primo ministro Giorgia Meloni a margine del Summit G20 di Rio de Janeiro. I nostri colloqui si sono incentrati sull’intensificazione dei rapporti in ambiti come difesa, sicurezza, commercio e tecnologia. Abbiamo anche parlato di come incrementare la cooperazione in settori come cultura, istruzione e altri ambiti simili. L’amicizia tra l’India e l’Italia può contribuire enormemente a rendere il pianeta migliore”. Lo scrive il primo ministro indiano Narendra Modi su X dopo l’incontro con la premier italiana a margine del G20 di Rio de Janeiro.

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Fitto al test finale, ultime riserve nei Socialisti

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Martedì, all’ora di pranzo, l’Italia potrebbe aver ufficialmente conquistato la vice presidenza esecutiva della Commissione Ue. Il traguardo è ben visibile, la strada per arrivarci tuttavia non è del tutto sgombra. Raffaele Fitto, il candidato di Giorgia Meloni che piace a Ursula von der Leyen, non ha convinto i Socialisti. O, almeno, l’intero gruppo di S&D. Tedeschi e francesi non hanno abbassato la loro trincea.

Il nodo resta quello dell’assegnazione di una vice presidenza esecutiva a un rappresentante di un partito che non è nella maggioranza europeista e che non ha votato, nel luglio scorso, il bis di von der Leyen. La numero uno dell’esecutivo europeo si sta occupando in prima persona del dossier. La settimana scorsa, quando le candidate Hadja Lahbib e Jessika Roswall erano state momentaneamente rimandate dalle commissioni del Pe competenti, von der Leyen si è recata all’Eurocamera e ha parlato a lungo con loro.

Per la presidente ulteriori ritardi non sono ammissibili: il primo dicembre la nuova Commissione deve entrare in carica e cominciare a pianificare la strategia europea per affrontare gli Usa di Donald Trump. Il sudoku delle votazioni sui candidati, inoltre, sembra blindare il destino di Fitto. Il candidato italiano sarà esaminato martedì con gli altri 5 vice presidenti in pectore. L’audizione è prevista alle 9.30, in contemporanea a quella di Kaja Kallas. Subito dopo toccherà a Stephane Sejourné e Roxana Minzatu.

Chiuderanno la giornata Teresa Ribera e Henna Virkkunen. Un blitz anti-Fitto dei Socialisti avrebbe un effetto immediato: una rappresaglia di Ecr e Ppe su Minzatu e soprattutto su Ribera, entrambe di S&D. A ciò vanno aggiunti due dati. Fitto è trasversalmente considerato un uomo del dialogo, non certo un estremista anti-Ue. Il gruppo Ecr, nelle audizioni dei 20 candidati commissari finora esaminati al Pe, è stato tra quelli più ligi nel votare la loro promozione, a prescindere dal partito di appartenenza.

Il tema, come si dice da settimane è però politico. L’apertura alle destre di Manfred Weber – non solo a Ecr, ma anche ai Patrioti – ha fatto scattare l’allarme nei Socialisti, nei Verdi e nei Liberali. Il pericolo di una ‘maggioranza Venezuela’ (dal nome della risoluzione su cui si è formata per la prima volta) alternativa a quella Ursula, è diventato concreto. A complicare il quadro ci sono le tensioni interne ai singoli Paesi, a partire dal pressing del leader della Cdu Friedrich Merz sul cancelliere Olaf Scholz affinché la Germania torni alle urne. “Fitto non può essere vicepresidente, e la posizione del mio gruppo a riguardo non è cambiata”; ha avvertito dal canto suo giovedì scorso il francese Raphael Glucksmann. In linea teorica, il candidato italiano potrebbe passare senza il sì di S&D e con il voto favorevole dei Patrioti, arrivando così al quorum dei 2/3 necessario. Ma per von der Leyen si porrebbe un problema politico non da poco: i sovranisti di Viktor Orban, che hanno Donald Trump come stella polare, risulterebbero decisivi.

Per questo, dalla Commissione è partita una silenziosa moral suasion nei riguardi di Weber, con l’obiettivo di frenare qualsiasi sua tentazione di apertura ai sovranisti, restando invece nell’alveo di una maggioranza “di centro, e pro-europeista”. Il Parlamento, tuttavia in queste occasioni è solito rivendicare un suo ruolo. Che Fitto sia costretto al supplemento di esame con le domande scritte non è escluso, come è accaduto per il candidato commissario ungherese. La decisione sulle risposte di Oliver Varhelyi alle domande scritte è attesa per lunedì pomeriggio. E anche da qui si capirà se, martedì, l’Eurocamera, sarà il teatro di normali tensioni politiche o l’anticamera del caos.

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