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Coronavirus, l’ordinanza dei sindaci dell’isola d’Ischia strumentalizzata e l’intervento del Prefetto

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L’intenzione dei sindaci dell’isola d’Ischia non era (e non è) quella di vietare lo sbarco sull’isola dei cittadini lombardi, veneti, piemontesi, cinesi o altri. Ischia ha una storia millenaria di accoglienza, ospitalità e turismo che dice esattamente il contrario. Probabilmente l’ordinanza non è scritta benissimo, ma questo è forse il segnale che la burocrazia negli enti locali fa acqua da tutte le parti. Certo far sembrare l’iniziativa dei primi cittadini isolani come una sorta di ostracismo verso chìcchessia è disonesto intellettualmente. La ratio del provvedimento dei sindaci, se solo la si vuole leggere nello spirito e non alla lettera, era (ed è, immaginiamo) quella di evitare lo sbarco sull’isola di persone residenti nelle zone focolaio di infezione, peraltro circoscritte dal Governo nel corso del Consiglio dei Ministri. Parliamo di quelle zone off limits, con un cordone sanitario steso intorno, con forze di polizia che le cingono d’assedio per assicurare corridoi sterili per l’arrivo di generi di prima necessità ed evitare che persone potenzialmente infette (ripeto: potenzialmente infette) possano lasciare le zone di quarantena per recarsi in altri luoghi del Belpaese e infettare altre persone e dunque moltiplicare i luoghi focolaio di infezioni.

Il burocrate. Il Prefetto Marco Valentini ha annullato subito l’ordinanza dei sindaci isolani

L’ordinanza dei sindaci di Ischia era appellabile davanti al Tar, come tutte le ordinanze sindacali. Non era una ordinanza senza precedenti, come pure qualche burocrate ha detto. E nemmeno  era una ordinanza che criminalizzava cittadini. Era una ordinanza che intendeva (ma forse non lo faceva benissimo) difendere la salute pubblica ischitana (i sindaci sono massima autorità sanitaria nei comuni) e degli ospiti da eventuali contagi se fossero arrivati cittadini da luoghi focolaio di infezioni. In queste ore, purtroppo, proprio in Campania, in alcuni comuni dell’Irpinia, ci sono decine di persone costrette alla quarantena per colpa di irresponsabili che contravvenendo a leggi e buon senso hanno lasciato Codogno e altri paesini del Lodigiano epicentro dell’infezione da coronavirus e se ne sono tornati nei luoghi di origine credendo così di aver risolto tutto. Ma sono soggetti potenzialmente infetti che hanno obbligato i sindaci di Lauro, Montefusco e altri piccoli villaggi irpini ad emanare ordinanze con cui si obbligano alla quarantena tutte le persone che sono venute in contatto con chi è arrivato dalla Lombardia, dalla zona del Lodigiano. È questo che i sindaci di Ischia volevano evitare. Non impedire a tutti i lombardi o a tutti i veneti o a tutti i piemontesi o ad un  miliardo e mezzo di cinesi di sbarcare ad Ischia. Chi finge di non averlo capito è disonesto intellettualmente.

L’ordinanza è stata annullata dal prefetto di Napoli, Marco Valentini. L’alto burocrate del Viminale ha ravvisato presunti profili di illegittimità nella ordinanza dei sindaci. Può darsi che abbia ragione. L’ordinanza non è scritta bene ed è stata annullata. E così Ischia è isola aperta a tutti, come lo era anche prima dell’ordinanza. Quello che si voleva impedire era l’ingresso di persone potenzialmente infette anche perché sarebbe difficile (lo scrivono i sindaci nell’ordinanza) gestire una eventuale emergenza sia per le scarse e scarne strutture sanitarie sull’isola, sia per l’oggettiva situazione di disagio causata dalla insularità. Ma è andata così. Quello che però non deve passare è un messaggio disonesto. Il messaggio che i sindaci volevano chiudere l’isola. No, i sindaci volevano rendere il più sicuro possibile l’isola.

Commissario emergenza coronavirus. Angelo Borrelli

Lo stesso commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus, Angelo Borrelli, ha corretto il tiro rispetto alle iniziali critiche ai sindaci isolani. L’ordinanza è stata solo un equivoco sanato subito dall’intervento del prefetto, non appellato dai sindaci che potevano insistere. Non l’hanno fatto perchè l’intenzione non è creare tensione ma investire sulla sicurezza di tutti sotto il profilo sanitario. E questo dovrà essere ora garantito dal prefetto di Napoli, prima autorità di pubblica sicurezza nella città metropolitana di Napoli. Nel caso di turisti provenienti dai comuni-focolaio, nei quali è stata disposta la quarantena, sarà il prefetto a far intervenire le forze dell’ordine che isoleranno gli interessati allertando il 118.

Porto di Napoli. Nessun controllo all’imbarco a Napoli per i mezzi diretti verso le isole di Ischia, Procida e Capri

Sarà cura del Prefetto di Napoli sistemare termoscanner agli imbarchi a Napoli e agli sbarchi sui porti di Ischia per verificare che chi arriva non è potenzialmente infetto? Sarà il prefetto di Napoli a verificare che le comunità cinesi presenti sull’isola, che negli ultimi 15 giorni sono tornati dalla Cina, hanno osservato un periodo di quarantena? Sarà il prefetto ad accertarsi che l’ospedale dell’isola d’Ischia venga attrezzato con kit, tamponi faringei e altri presidi sanitari oggi inesistenti sull’isola per accertare la eventuale positività al coronavirus di isolani o ospiti? Sarà il prefetto di Napoli ad attrezzare il servizio di emergenza (idroambulanza, eliambulanza) in caso di trasporto di qualche paziente grave dall’isola all’ospedale capofila per le malattie infettive, il Cotugno di Napoli? Queste cose sono di capitale importanza e i sindaci chiederanno al Prefetto di essere attento rispetto a queste esigenze della comunità isolana.

Vincenzo Ferrandino. Il sindaco di Ischia

Enzo Ferrandino, il sindaco del comune di Ischia, uno dei cinque sindaci firmatari, difende la scelta sua e dei colleghi: “Abbiamo emanato l’ordinanza non per sfregio contro i lombardi o i veneti o chicchessia, ma a tutela della salute di ischitani e turisti. Chi dice o spiega il contrario sostiene una cosa falsa, non onesta intellettualmente” dice. “Volevamo evitare che Ischia diventasse come la nave da crociera in quarantena; d’altronde il nostro provvedimento sarebbe durato 15 giorni, il tempo di avere un quadro più chiaro in termini medici e di precauzioni da adottare per contenere l’epidemia” continua Ferrandino che non fa mistero dell’amarezza che si prova quando viene stravolta la ratio dei provvedimenti che spesso i sindaci devono adottare in assoluta solitudine, spesso dovendo anche combattere contro i burocrati dello Stato che senza manco conoscere le comunità si mettono a posto con le cartuscelle ma non con la coscienza.

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A Pompei via al numero chiuso, guerra ai bagarini

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“Pompei non può essere associata al turismo di massa, ma deve avere come obiettivo quello della qualità”. Gabriel Zuchtriegel stringe tra le mani il suo biglietto nominativo, quello che da oggi è obbligatorio per entrare negli scavi che dirige dal febbraio 2021. È una delle novità introdotte all’interno del parco archeologico. La più importante riguarda il numero chiuso per gli ingressi giornalieri, che non potranno mai superare quota 20mila. Nel periodo di maggiore afflusso (dal primo aprile al 31 ottobre), poi, saranno anche previste specifiche limitazioni a seconda delle fasce orarie: dalle 9 alle 12 massimo 15mila ingressi; altri 5mila da mezzogiorno alle 17.30. L’acquisto dei ticket è consentito sul posto e online. “Alla base – spiega ancora Zuchtriegel – ci sono soprattutto motivi di sicurezza, sia dei visitatori, sia di tutela del patrimonio. Partiamo in questo periodo di bassa stagione per sperimentare tale misura, i cui numeri saranno poi esaminati con calma in vista delle giornate di maggiore afflusso”.

Obiettivo è anche combattere il fenomeno del bagarinaggio, che portava i turisti ad acquistare biglietti rivenduti a prezzi maggiorati e con l’aggiunta di “servizi” già compresi nel costo abituale del ticket. Altro proposito è puntare a distribuire i visitatori anche sugli altri siti del parco (Boscoreale, Torre Annunziata, Villa dei Misteri, Civita Giuliana e Stabia). Gli scavi di Pompei introducono le novità del numero chiuso e del biglietto nominativo dopo un’estate da record, che ha fatto registrare flussi mai visti in passato, con oltre quattro milioni di visitatori e punte di oltre 36.000 presenze in occasione di una delle prime domeniche del mese (quelle a ingresso gratuito). Questa mattina Zuchtriegel ha deciso di seguire personalmente l’avvio del cambiamento insieme con Prefettura, vigili del fuoco e consulenti dei lavoratori insieme ai quali è stata ravvisata la necessità di prevedere una gestione in piena sicurezza del sito Unesco.

“Abbiamo avuto in autunno, estate e primavera – sottolinea ancora il direttore – giornate in cui il limite dei 20.000 ingressi è stato superato: ci siamo resi conto di dover garantire a tutti i visitatori una esperienza di qualità. Pompei non deve essere un sito per il turismo di massa. Abbiamo un territorio meraviglioso e ci impegneremo a canalizzare maggiormente i flussi, ma anche gli investimenti, la ricerca e la valorizzazione di questi luoghi. Questo non è una misura contro la crescita. Anzi, noi puntiamo sulla crescita”. Nessuna gara sui numeri, come avviene in particolare in occasione delle domeniche ad ingresso gratuito: “La nostra priorità è la sicurezza – conclude Zuchtriegel -. E in caso di emergenza, abbiamo pensato di assicurare uscite controllate ai visitatori. Attenzione, siamo orgogliosi dei dati che abbiamo raggiunto in questi anni: spesso eravamo al primo posto nelle giornate di ingressi gratuiti. Questa classifica è carina, ma logica ci impone di scegliere la conservazione del nostro patrimonio: non vorremmo mai che qualche classifica finisca per danneggiarlo”.

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Casi di Covid in calo, 8.660 in 7 giorni e cresce la variante Xec

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Calano i contagi da Covid-19 in Italia. Nella settimana dal 17 al 23 ottobre si registrano 8.660 nuovi casi rispetto ai 11.433 della rilevazione precedente mentre i decessi sono 116 a fronte di 117. Il maggior numero di nuovi casi è stato registrato in Lombardia (2.693), Veneto (1.206), Piemonte (998) e Lazio (928). Mentre continua la corsa della variante Xec. E’ quanto emerge dal bollettino aggiornato e dal monitoraggio settimanale a cura del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 89.792 tamponi, in calo rispetto ai 94.880 della precedente rilevazione, e scende anche il tasso di positività, da 12% a 9,6%.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero, al 15 ottobre è pari a 0,84 rispetto a 1,06 del 9 ottobre. È in lieve diminuzione, in quasi tutte le regioni, l’incidenza settimanale: la più elevata è stata in Lombardia (27 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Sicilia (con 0,2 casi per 100mila abitanti). Al 23 ottobre, si legge, “l’occupazione dei posti letto in area medica è pari a 3,7%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,8% al 16 ottobre). In lieve diminuzione l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 0,9% (76 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (1,0% al 16 ottobre)”. In base ai dati di sequenziamento nell’ultimo mese si osserva la co-circolazione di differenti sotto-varianti di JN.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. In crescita, inoltre, la proporzione di sequenziamenti attribuibili a Xec (17% nel mese di settembre contro il 5% del mese di agosto).

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Salgono del 30% i casi di Covid, in 7 giorni 11.164

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Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.

Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.

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