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Coronavirus, la Lega di serie A ufficializza: Juve e Inter giocheranno a porte chiuse

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Nessuno spiraglio per i tifosi di Inter-Juve. L’ipotesi delle porte aperte per il derby d’Italia sembra essere stata solo una tiepida speranza che una concreta possibilità. Superato in parte lo choc dei primi giorni di allarme, alla luce anche di ordinanze più alleggerite, l’idea che la sfida scudetto tra Juventus e Inter, in programma domenica sera alle 20.45 all’Allianz Stadium di Torino (con circa 170 paesi collegati), si potesse giocare con il pubblico sugli spalti ha iniziato da ieri a farsi largo ma oggi a spegnere gli entusiasmi delle tifoserie sono state le parole del prefetto di Torino, Claudio Palomba, al termine di un incontro con il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, i presidenti delle province e dei capoluoghi. “Si è creato un equivoco. Il Dpcm è norma, ed è chiaro. Mi auguro che la Lega chiarisca. Se non intervengono nuovi provvedimenti che superino il decreto del Governo, la partita Juve-Inter si giocherà senza pubblico”, ha dichiarato Palomba. Una decisione che a malincuore deve essere presa dall’Inter e anche dalla Juventus, protagoniste di un match che sarà seguito a spalti vuori da circa 170 paesi collegati. “Le porte chiuse sono una situazione surreale, ma la salute va salvaguardata e rispettiamo le decisioni”, ha dichiarato l’ad dell’Inter, Beppe Marotta.

In serata è arrivata la conferma della Lega Serie A attraverso un comunicato in riferimento alla 26/ma giornata: il derby d’Italia a porte chiuse insieme a Udinese-Fiorentina, Milan-Genoa, Parma-Spal e Sassuolo-Brescia. In mattinata il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, era apparso più possibilista alzano il livello della speranza tra i tifosi. “Bisogna vedere com’è la situazione. Come per le scuole, facciamo un check sabato”, aveva dichiarato il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, augurandosi una regressione della diffusione “così ci vado anche io a vedere Juventus-Inter”. Si monitora comunque la situazione ma anche se il clima appare più tranquillo e sotto controllo rispetto ai giorni scorsi della massima emergenza che ha portato al decreto della presidenza del Consiglio, la decisione ormai è presa. La stessa ordinanza del Piemonte firmata con il ministro della salute parlava di scadenza del provvedimento di sospensione delle manifestazioni aperte al pubblico per sabato 29 febbraio, escludendo dunque la sfida scudetto dal divieto ma valgono di fatto le indicazioni contenute nel DPCM, come aveva già fatto presente il presidente Alberto Cirio, governatore del Piemonte. In settimana c’erano state anche le chiare posizioni del tecnico della Juventus, Maurizio Sarri (“Se Juve-Inter si fa a porte chiuse allora anche le altre”), e del tecnico nerazzurro Antonio Conte secondo cui “il calcio ha bisogno di pubblico, di sentire intorno l’atmosfera ed è quella la cosa più bella, l’atmosfera intorno al calcio giocato”. Entrambi si sono augurati che quanto prima si potesse tornare alla normalità e dunque a vedere una sfida di alto impatto emotivo con il calore delle tifoserie. Fin da subito era stata esclusa l’ipotesi di uno spostamento del match al lunedì per guadagnare ancora un giorno per poter garantire con maggiore sicurezza la sfida a porte aperte. La Lega A è stata sempre orientata a respingerla data la vicinanza con le due semifinali di Coppa Italia che vedono impegnate entrambe le squadre (mercoledì c’è Juve-Milan e giovedì Napoli-Inter).In serata la Lega di A ha anche reso noto che Verona-Cagliari e Torino-Parma, che erano state rinviate per l’emergenza coronavirus, verranno recuperate mercoledì 11 marzo. Ancora da stabilire la data per Inter-Sampdoria e Atalanta-Sassuolo. In merito agli anticipi dell’8/a giornata di ritorno, sabato 7 marzo si giocherà Torino-Udinese alle 15 mentre Lecce-Milan lunedì 9 marzo alle 20.45. Variazioni anche per la nona giornata di ritorno: Brescia-Genoa in programma sabato 14 marzo alle 15 e Sassuolo-Verona domenica 15 marzo alle 15.

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Le dash cam per vendere informazioni a Mosca, 2 indagati

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Avrebbero collaborato con “i servizi di intelligence russi” per un’attività inquietante di “spionaggio”, prestandosi a fornire, in cambio di criptovalute, “dati sensibili”, documentazione “classificata”, fotografie di installazioni militari e informazioni su tecnici specializzati nel campo dei droni e della sicurezza elettronica. E pure la “mappatura” dei sistemi di video sorveglianza di Milano e Roma, “mostrando particolare” attenzione alle “zone grigie”, ossia a quelle aree cittadine non coperte da telecamere. E’ quanto contesta la Procura di Milano a due imprenditori italiani di 34 e 60 anni, titolari di una società in Brianza, esperti nel campo delle tecnologie e “filo-russi”. Ai due è stato recapitato oggi l’avviso di conclusione delle indagini per il reato di “corruzione del cittadino da parte dello straniero”, aggravato “dall’art. 270 bis”, in quanto commesso per “finalità di terrorismo ed eversione”.

I rapporti tra i due indagati e persone ritenute legate agli 007 di Mosca sarebbero nati prima sul deep web e poi proseguiti su Telegram, dopo l’aggressione della Russia all’Ucraina. E gli imprenditori avrebbero agito, oltre che per alcune migliaia di euro, a volte 2mila a volte 10mila in criptovalute, anche per finalità prettamente “ideologiche”, perché dalla parte della Russia nel conflitto e contro “le politiche occidentali”. L’inchiesta, coordinata dal pm Alessandro Gobbis del pool antiterrorismo, guidato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco, iniziata a partire dall’aprile scorso, scaturisce dagli esiti di una complessa attività investigativa condotta dal Ros di Milano, in collaborazione con la Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma.

Indagine, a cui ha collaborato anche l’Aise, nella quale sono stati “riscontrati a partire dal 2023 l’adescamento, da parte di cittadini russi, e la successiva corrispondenza sul canale telegram” tra loro e i due indagati. Questi ultimi si sarebbero messi a disposizione per acquisire informazioni, dalle più banali come ricerche sul web anche da fonti aperte, come le Camere di Commercio, fino a fotografie anche del Duomo di Milano, fino ad immagini di caserme ed obiettivi militari, alcune anche tecnicamente impossibili da realizzare. Ma pure per una raccolta più ampia di dati, simile ad operazioni di dossieraggio, in particolare su imprenditori. La richiesta degli apparati di intelligence sarebbe stata, poi, quella di arrivare a ‘vedere’ dove non ci sono telecamere, anche se non c’è prova nelle indagini che avessero possibilità di entrare nei sistemi di videosorveglianza pubblici o privati.

Le perquisizioni eseguite nei confronti dei due prima dell’estate, infatti, hanno fatto emergere interessi per la “mappatura” dei sistemi di videosorveglianza di Milano e Roma, con particolare attenzione alle “zone grigie”, ossia a quelle aree cittadine non coperte da telecamere. E proprio la volontà di avere il “controllo” su certe zone delle città o su aree militari è ciò che ha destato maggiore “allarme” tra gli inquirenti della Procura guidata da Marcello Viola. Infine, è venuto a galla anche una sorta di piano per trasferire informazioni a Mosca: i due, destinatari dell’atto di chiusura delle indagini, avrebbero pure proposto a cooperative di taxi di Milano un “business plan” che prevedeva l’installazione a titolo gratuito di “dash cam”, piccole videocamere da cruscotto in genere di sicurezza. E ciò nella prospettiva di affidare, all’insaputa dei tassisti, la gestione delle immagini di intere aree cittadine all’intelligence russa e per “molteplici finalità”. Tra queste quella più concreta, per gli inquirenti, è una attività di “spionaggio” ad ampio spettro.

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Modi, l’amicizia con l’Italia aiuta a rendere il mondo migliore

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“Felice di aver incontrato il primo ministro Giorgia Meloni a margine del Summit G20 di Rio de Janeiro. I nostri colloqui si sono incentrati sull’intensificazione dei rapporti in ambiti come difesa, sicurezza, commercio e tecnologia. Abbiamo anche parlato di come incrementare la cooperazione in settori come cultura, istruzione e altri ambiti simili. L’amicizia tra l’India e l’Italia può contribuire enormemente a rendere il pianeta migliore”. Lo scrive il primo ministro indiano Narendra Modi su X dopo l’incontro con la premier italiana a margine del G20 di Rio de Janeiro.

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Fitto al test finale, ultime riserve nei Socialisti

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Martedì, all’ora di pranzo, l’Italia potrebbe aver ufficialmente conquistato la vice presidenza esecutiva della Commissione Ue. Il traguardo è ben visibile, la strada per arrivarci tuttavia non è del tutto sgombra. Raffaele Fitto, il candidato di Giorgia Meloni che piace a Ursula von der Leyen, non ha convinto i Socialisti. O, almeno, l’intero gruppo di S&D. Tedeschi e francesi non hanno abbassato la loro trincea.

Il nodo resta quello dell’assegnazione di una vice presidenza esecutiva a un rappresentante di un partito che non è nella maggioranza europeista e che non ha votato, nel luglio scorso, il bis di von der Leyen. La numero uno dell’esecutivo europeo si sta occupando in prima persona del dossier. La settimana scorsa, quando le candidate Hadja Lahbib e Jessika Roswall erano state momentaneamente rimandate dalle commissioni del Pe competenti, von der Leyen si è recata all’Eurocamera e ha parlato a lungo con loro.

Per la presidente ulteriori ritardi non sono ammissibili: il primo dicembre la nuova Commissione deve entrare in carica e cominciare a pianificare la strategia europea per affrontare gli Usa di Donald Trump. Il sudoku delle votazioni sui candidati, inoltre, sembra blindare il destino di Fitto. Il candidato italiano sarà esaminato martedì con gli altri 5 vice presidenti in pectore. L’audizione è prevista alle 9.30, in contemporanea a quella di Kaja Kallas. Subito dopo toccherà a Stephane Sejourné e Roxana Minzatu.

Chiuderanno la giornata Teresa Ribera e Henna Virkkunen. Un blitz anti-Fitto dei Socialisti avrebbe un effetto immediato: una rappresaglia di Ecr e Ppe su Minzatu e soprattutto su Ribera, entrambe di S&D. A ciò vanno aggiunti due dati. Fitto è trasversalmente considerato un uomo del dialogo, non certo un estremista anti-Ue. Il gruppo Ecr, nelle audizioni dei 20 candidati commissari finora esaminati al Pe, è stato tra quelli più ligi nel votare la loro promozione, a prescindere dal partito di appartenenza.

Il tema, come si dice da settimane è però politico. L’apertura alle destre di Manfred Weber – non solo a Ecr, ma anche ai Patrioti – ha fatto scattare l’allarme nei Socialisti, nei Verdi e nei Liberali. Il pericolo di una ‘maggioranza Venezuela’ (dal nome della risoluzione su cui si è formata per la prima volta) alternativa a quella Ursula, è diventato concreto. A complicare il quadro ci sono le tensioni interne ai singoli Paesi, a partire dal pressing del leader della Cdu Friedrich Merz sul cancelliere Olaf Scholz affinché la Germania torni alle urne. “Fitto non può essere vicepresidente, e la posizione del mio gruppo a riguardo non è cambiata”; ha avvertito dal canto suo giovedì scorso il francese Raphael Glucksmann. In linea teorica, il candidato italiano potrebbe passare senza il sì di S&D e con il voto favorevole dei Patrioti, arrivando così al quorum dei 2/3 necessario. Ma per von der Leyen si porrebbe un problema politico non da poco: i sovranisti di Viktor Orban, che hanno Donald Trump come stella polare, risulterebbero decisivi.

Per questo, dalla Commissione è partita una silenziosa moral suasion nei riguardi di Weber, con l’obiettivo di frenare qualsiasi sua tentazione di apertura ai sovranisti, restando invece nell’alveo di una maggioranza “di centro, e pro-europeista”. Il Parlamento, tuttavia in queste occasioni è solito rivendicare un suo ruolo. Che Fitto sia costretto al supplemento di esame con le domande scritte non è escluso, come è accaduto per il candidato commissario ungherese. La decisione sulle risposte di Oliver Varhelyi alle domande scritte è attesa per lunedì pomeriggio. E anche da qui si capirà se, martedì, l’Eurocamera, sarà il teatro di normali tensioni politiche o l’anticamera del caos.

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