Il disaccordo pubblico tra esperti in tema di coronavirus “disorienta la popolazione e genera pericolose fake news: spostare il dibattito sui risultati della ricerca di base e di studi clinici preliminari spesso nemmeno pubblicati oppure generalizzare le proprie esperienze sul campo deforma il puzzle delle evidenze scientifiche sulla pandemia, sostituendo la logica dell’ipse dixit al rigore metodologico della ricerca”. Lo afferma la Fondazione Gimbe, Fondazione che ha lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attivita’ indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica. Nelle ultime settimane, scrive Gimbe, l’attenzione dei media sull’epidemia di coronavirus si e’ spostata dai “numeri del contagio, sempre meno ‘sensazionali’, alle svariate dichiarazioni di esperti che disegnano scenari estremi, generando fazioni opposte. Per alcuni la pandemia e’ finita ed e’ tempo di tornare alla vita normale senza troppe preoccupazioni; altri invece, in linea con le raccomandazioni del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanita’, ritengono che non bisogna abbassare la guardia perche’ il virus continua a circolare, in particolare in alcune Regioni”. In questa fase dell’epidemia, afferma il presidente Nino Cartabellotta, “ricercatori, medici e scienziati che comunicano al grande pubblico hanno enormi responsabilita’: ora che il pericolo non e’ piu’ tangibile e la grande paura via via svanisce, il rischio di disorientare i cittadini e’ molto elevato. In particolare, affermazioni sostenute da studi preliminari o esperienze individuali alimentano un senso di falsa sicurezza che facilita’ comportamenti irresponsabili”. Secondo Cartabellotta, bisogna ricordare che la ricerca su COVID-19 e’ “molto frammentata ed eterogenea: gli studi sono stati condotti in una situazione di emergenza; la disponibilita’ in poco tempo di moltissimi dati su scala mondiale ha fatto lievitare il numero di pubblicazioni; la grande attenzione delle riviste scientifiche per il tema ha allentato il rigore dei criteri di valutazione. Ogni singolo studio, per quanto ineccepibile, rimane solo una tessera nel puzzle delle conoscenze”. In un contesto di limitate evidenze scientifiche, conclude Gimbe, “le decisioni di sanita’ pubblica devono dunque essere prese nell’incertezza: durante la fase di convivenza con il virus, questo impone di affidarsi al principio di precauzione”.
La scienza, afferma la Fondazioe Gimbe, “convive con l’incertezza e con la continua evoluzione del sapere”. Per questo, Gimbe ha elaborato una sintesi sulle “attuali ragionevoli (in)certezze della scienza”. Mutazioni: le sequenze genetiche depositate non dimostrano mutazioni del SARS-CoV-2 associate a diminuzioni di infettivita’ o virulenza. Allo stato attuale delle conoscenze il virus non e’ “meno aggressivo”. Sensibilita’ alle elevate temperature: non esistono robuste evidenze sulla sensibilita’ di SARS-Cov-2 alle elevate temperature ma e’ realistico presumere una sua ridotta circolazione nella stagione estiva, per il maggior tempo trascorso all’aperto oltre che della piu’ rapida evaporazione delle droplets. Ridotta contagiosita’, minore carica virale, adattamento all’ospite: studi preliminari non permettono di trarre conclusioni definitive su queste ipotesi. In generale, “si tratta di studi che, prima di essere replicati e validati, dovrebbero essere condivisi solo tra ricercatori, evitando di incendiare il dibattito pubblico”. Distanziamento: insieme alle misure di igiene personale, rimane l’unica strategia di provata efficacia per ridurre la probabilita’ di contagio. E per le mascherine, le evidenze scientifiche le indicano come efficaci sia nei luoghi pubblici al chiuso, sia all’aperto se non e’ possibile mantenere la distanza di sicurezza. Vaccino: auspicando il successo della ricerca, ipotizzando procedure rapide e tenendo conto dei tempi di produzione, il vaccino sara’ disponibile su larga scala solo per la stagione influenzale 2021-2022. Terapie: le prove di efficacia sui trattamenti di COVID-19 sono “frammentate, eterogenee e spesso di qualita’ metodologica inadeguata. Ad oggi non e’ possibile raccomandare alcuna terapia specifica sulla base di evidenze scientifiche. Tuttavia sembrano promettenti i farmaci Dexametazone e Remdesevir”.