Collegati con noi

Esteri

Controffensiva ucraina a Kharkiv, Mosca in difficoltà invia rinforzi

Pubblicato

del

La nuova battaglia cruciale per le sorti del conflitto in Ucraina si combatte a Kharkiv. La controffensiva delle forze di Kiev sulla seconda citta’ del Paese, finita in mani russe nelle prime settimane dell’invasione, continua a intensificarsi, costringendo i comandi di Mosca a rafforzare le truppe nella regione per cercare di mantenere le posizioni, dopo aver perso in pochi giorni centinaia di chilometri quadrati di terreno. La Difesa russa ha diffuso un video in cui si mostra un convoglio militare che si dirige nell’area composto da tank, blindati e pezzi d’artiglieria marchiati con la lettera Z, simbolo dell’offensiva. Le autorita’ locali hanno fatto sapere che a causa dell’intensificarsi dei bombardamenti e’ in corso l’evacuazione di civili verso la Russia e le altre zone sotto il suo controllo, a partire dal Lugansk, ma gli ucraini li accusano al contrario di utilizzare “la popolazione locale come scudo umano”. Dal primo settembre, ha annunciato nelle scorse ore il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, “sono stati liberati piu’ di mille chilometri quadrati di territorio”, la maggior parte proprio nell’oblast di Kharkiv. Un’avanzata favorita “con tutta probabilita’, sfruttando la riallocazione delle forze russe” nel sud per contrastare l’altro contrattacco lanciato a fine agosto, quello su Kherson. Una manovra “opportunistica ma molto efficace”, concentrata nel nord-ovest della citta’ di Izyum, spiega il think tank americano The Institute for the Study of War. Un assalto su piu’ fronti che avrebbe prima indotto Mosca a lasciare sguarnite alcune aree e ora a cercare di porre rimedio con una nuova iniezione di forze. La situazione “e’ complicata e controversa”, ha ammesso Maxim Gubin, capo dell’amministrazione filorussa di Kupjansk, altro distretto cruciale per il controllo dell’area, che Kiev rivendica di aver preso come Balaklija. Dal canto loro, dopo aver rivendicato la penetrazione nelle linee nemiche per una cinquantina di chilometri, gli ucraini si preparano alla reazione russa. “E’ molto difficile per noi, ma stiamo andando avanti”, ha spiegato il comandante dell’esercito Valery Zaluzhnyi. “I primi segnali della controffensiva ucraina sono positivi, le forze armate di Kiev stanno compiendo progressi tangibili, a Kherson come a Kharkiv”, ha detto il segretario di Stato Usa Antony Blinken, avvertendo pero’ che il conflitto “puo’ durare a lungo”, mentre per il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg la guerra e’ entrata in una fase cruciale e i prossimi mesi saranno un test per l’unita’ dell’Alleanza. L’impegno a sostegno di Kiev e’ stato ribadito anche nella videoconferenza G7-Ue-Nato. Nella call del premier Mario Draghi con gli altri leader “si e’ convenuto di continuare a lavorare congiuntamente per contrastare la propaganda russa e per contenere l’impennata dei prezzi dell’energia garantendo forniture sostenibili e accessibili per l’Europa”, ha fatto sapere Palazzo Chigi. Gli alleati inoltre “hanno confermato l’importanza di uno stretto coordinamento nell’assistenza all’Ucraina in tutte le sue dimensioni e hanno reiterato la necessita’ di mantenere forte pressione sulla Russia mediante un impianto sanzionatorio che si sta rivelando molto efficace”. Lo scontro resta aperto anche intorno a Zaporizhzhia. Secondo i filorussi che controllano l’area, e’ fallito un nuovo tentativo nemico di sbarcare vicino a Energodar, che ospita la centrale nucleare piu’ grande d’Europa, dopo i due andati a vuoto questo mese. Dal canto suo, Kiev ha denunciato violenze nei confronti di decine di lavoratori ucraini dell’impianto, due dei quali picchiati a morte. In questo quadro, il timore di incidenti nucleari resta forte. Per l’Aiea, che mantiene nell’impianto due ispettori per monitorare la situazione, un nuovo blackout in citta’ “ha compromesso la sicurezza delle operazioni”. Il direttore generale Rafael Grossi ha chiesto ancora una volta di “cessare immediatamente i bombardamenti nella zona”. Ma anche a Zaporizhzhia la battaglia continua.

Advertisement

Esteri

La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

Pubblicato

del

La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

Continua a leggere

Esteri

Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

Pubblicato

del

Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

Continua a leggere

Esteri

Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

Pubblicato

del

Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto