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Conte rischia la guerra nel M5s e punta a blindarsi con il Pd

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C’e’ forse un motivo per cui Giuseppe Conte non si candidera’ nel seggio di Roberto Gualtieri se il candidato dem dovesse spuntarla a Roma: quello di evitare l’accusa di lucrare per interesse personale sulle sconfitte dei candidati del Movimento. Potra’ cosi’ salire con piu’ serenita’ su un palco con Enrico Letta a benedire Roberto Gualtieri, in un’eventuale iniziativa comune per il secondo turno nella corsa al Campidoglio. I bagni di folla raccolti da Giuseppe Conte nel suo primo tour elettorale da leader M5s fanno comunque sperare in un risultato alle urne migliore del previsto, ma i big sono ben consapevoli che non e’ tutto oro quel che luccica. E soprattutto timorosi che si avveri la massima “piazze piene, urne vuote”.Eppure l’auspicata rimonta di Virginia Raggi scaccia il fantasma di una faglia nel Movimento, che potrebbe affossare il futuro di Giuseppe Conte. Mentre un risultato negativo a Roma potrebbe aprire una frattura interna, facendo assurgere la sindaca uscente come la nuova paladina dell’ala movimentista 5 Stelle. L’insistenza di Conte nello svincolare il nuovo corso M5s dal risultato elettorale (“non sono un test”, ripete quotidianamente), mette in luce la sua vera urgenza: conquistare la leadership dell’alleanza di centrosinistra, in vista delle elezioni vere, quelle politiche. E quindi si gioca la competizione per la candidatura alla premiership. Una contesa su cui Conte e’ costretto a guardarsi le spalle dal fuoco amico. Da una truppa che arriccia il naso e ironizza sull’ inaspettato successo di piazza del presidente. “La gente va a farsi i selfie con l’ex premier, ma Conte non spostera’ un voto”, dice un parlamentare scettico che racconta di quanto i vecchi eletti siano infastiditi dalle continue sottolineature di Conte sul nuovo corso M5s: “Questa sua smania di rinnegare i modi e le battaglie del vecchio Movimento inizia a far girare le scatole a tutti”. Sul fronte interno, d’altra parte, finita la campagna elettorale, nel rapporto con Raggi potrebbe riemergere quell’antica diffidenza sopita per “ragion di stato”. Anche per questo la scelta di Conte per la chiusura della campagna e’ caduta sulle due piazze, Roma e Napoli, in cui spera di ottenere i risultati migliori e dove si potrebbe scrivere anche il suo futuro politico. Napolipotrebbe rivelarsi, infatti, l’unico esperimento davvero riuscito dell’alleanza Pd-M5s e dove il Movimento potrebbe essere primo partito mentre a Roma, una rimonta della candidata 5 Stelle potrebbe togliergli qualche castagna dal fuoco. E’ la strategia win-win: se Raggi supera Gualtieri, il M5s e quindi Conte hanno vinto. Se arriva al ballottaggio Roberto Gualtieri, Conte puo’ rivendicare l’alleanza con il Pd . Non sembra invece aver dato i frutti sperati il tentativo di Giuseppe Conte di abbracciare il nord produttivo. A Milano la sola chance e’ di far entrare in giunta Layla Pavone che “non e’ la sua candidata ma del Fatto Quotidiano”, dicono i maligni. Torino viene considerata persa: ma anche Valentina Sganga, si spiega nel movimento, “non e’ ‘contiana’ e non e’ sostenuta da Chiara Appendino ne’ da Laura Castelli”, le vere potenze del Movimento in Piemonte. Anche a Bologna, si racconta, “il Movimento non c’e’ piu’. A Bologna c’e’ solo Max Bugani”: il quale, pero’, e’ tra i pochi ad aver scommesso sull’alleanza con il Pd. Alleanza che verra’ rilanciata da Conte dopo le elezioni, come unica via per la riscossa a dispetto della fronda interna che lo osteggera’ comunque vada.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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