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Cronache

Confessione shock in diretta: Lorenzo Carbone ammette l’omicidio della madre su Pomeriggio Cinque

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In un episodio senza precedenti per la televisione italiana, Lorenzo Carbone, ricercato dalle autorità per l’omicidio di sua madre, ha confessato il crimine in diretta TV durante una puntata di Pomeriggio Cinque. Fabio Giuffrida, giornalista della trasmissione, si è ritrovato di fronte l’uomo ricercato, visibilmente scosso, davanti alla casa della vittima, Loretta Levrini, un’anziana di ottant’anni trovata strangolata nel suo appartamento a Spezzano di Fiorano, in provincia di Modena.

Il giornalista, incredulo, ha chiesto all’uomo: «Lei è Lorenzo Carbone? Ha ucciso sua madre?». La risposta, scioccante quanto inattesa, è stata un’ammissione diretta: «Sì, sono io, Lorenzo, quello che state cercando. Non ce l’ho fatta, l’ho uccisa io». Una confessione drammatica, resa ancora più intensa dalle lacrime di Carbone, che ha spiegato di non essere più in grado di gestire la madre, affetta da demenza e Alzheimer. «L’ho strangolata. Non ce la facevo più, non riuscivo a gestirla», ha dichiarato l’uomo, quasi parlando a se stesso.

L’arresto è avvenuto in diretta, seguito in tempo reale dai telespettatori di Pomeriggio Cinque. Myrta Merlino, conduttrice della trasmissione, ha raccontato il retroscena di quelle drammatiche immagini. Avvertita dal suo inviato, ha immediatamente contattato i carabinieri per assicurarsi che la trasmissione della confessione non interferisse con le indagini in corso. «Le notizie si danno», ha affermato Merlino, sottolineando come la decisione di mandare in onda l’intervista fosse guidata da criteri di coscienza e professionalità.

La vicenda ha sollevato interrogativi sull’equilibrio tra il dovere di informare e il rispetto della dignità umana, in particolare riguardo a una persona evidentemente in stato di shock. Tuttavia, Merlino ha difeso la sua scelta, sostenendo di aver seguito rigorosamente i principi del giornalismo e di aver eliminato le parti più cruente della confessione per non turbare gli spettatori.

Carbone, descritto dai vicini come un uomo taciturno e solitario, è stato catturato dai carabinieri pochi minuti dopo la confessione e portato alla caserma di Sassuolo per l’interrogatorio. La sua dichiarazione finale, «Non ce la facevo più», ha lasciato un’eco profonda su chi ha assistito alla diretta, aprendo il dibattito su quanto la televisione debba spingersi nel raccontare la cronaca nera in tempo reale.

L’episodio ha già provocato reazioni contrastanti. Se da un lato molti lodano la professionalità del team di Pomeriggio Cinque, dall’altro non mancano le critiche per l’eccessivo sensazionalismo. Tuttavia, Merlino ribadisce: «L’opinione pubblica ha diritto di sapere».

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Incidente mortale a Frattamaggiore: un giovane perde la vita, un altro in gravi condizioni

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Tragico incidente stradale a Frattamaggiore: nella notte, i carabinieri della sezione radiomobile della compagnia di Caivano sono intervenuti in via Roma, a Frattamaggiore, per un grave incidente stradale che ha causato la morte di un giovane di 17 anni e il ferimento grave di un 16enne. L’incidente è avvenuto intorno alle 02:30, quando una jeep Avenger, guidata da un 20enne, si è scontrata con uno scooter su cui viaggiavano i due ragazzi.

Le dinamiche precise dell’incidente sono ancora in corso di accertamento da parte delle autorità. Subito dopo l’impatto, il 17enne è stato trasportato d’urgenza in codice rosso presso l’ospedale di Frattamaggiore, dove è purtroppo deceduto a causa delle gravi ferite riportate. Il 16enne, suo compagno di viaggio, si trova attualmente in terapia intensiva, in pericolo di vita.

Su disposizione dell’Autorità giudiziaria, la salma del giovane deceduto è stata sequestrata per l’esecuzione dell’esame autoptico, mentre i mezzi coinvolti nel tragico impatto sono stati anch’essi sequestrati per ulteriori indagini.

La comunità è sotto shock per quanto accaduto, mentre le forze dell’ordine continuano a lavorare per ricostruire i dettagli di questo tragico evento.

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Legale Sangiuliano, da Boccia forse altre registrazioni

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“Non posso escludere tutto quello che” Maria Rosaria Boccia “ha captato in altri luoghi di nascosto” ma “ovviamente non con la consapevolezza dell’allora ministro”. Arriva dal legale di Gennaro Sangiuliano, l’avvocato Silverio Sica, un ulteriore colpo di scena nella vicenda costata la poltrona all’ex inquilino di via del Collegio Romano.

Il penalista, che nei giorni scorsi ha depositato una denuncia a carico dell’imprenditrice, ribadisce che “Sangiuliano aveva un controllo pieno della situazione per quanto riguarda gli affari ministeriali” e professa “serenità” assicurando di avere messo a disposizione degli inquirenti della Procura di Roma, che hanno proceduto all’iscrizione nel registro degli indagati della 41enne, tutto il materiale necessario a “verificare che non c’è nulla” di illecito nella condotta del suo assistito. Sica, comunque, sostiene che le eventuali registrazioni non sono tali da “mettere “in imbarazzo altri componenti del governo”.

Il boccino è comunque, ora, nella mani dei pm di piazzale Clodio che contestano alla Boccia i reati di violenza e minaccia a corpo politico e lesioni aggravate. Quest’ultima fattispecie è legata a quanto avvenuto la notte tra il 16 e il 17 luglio scorso a Sanremo durante un diverbio con l’allore ministro che, è detto nella denuncia a cui sarebbero stati allegati anche documenti, è stato colpito da Boccia alla testa.

Una ferita visibile anche in alcune foto scattate a Sangiuliano nei giorni successivi in eventi pubblici. Intanto l’indagine dei magistrati capitolini, che viaggia parallela con quella che vede indagato l’ex capo del dicastero per di peculato e rivelazione del segreto d’ufficio e all’attenzione del tribunale dei ministri, muove i primi passi. Gli investigatori hanno avviato l’analisi dei cellulari, dei pc e delle schede di memoria e pen drive sequestrati durante la perquisizione nell’abitazione a Pompei dell’imprenditrice il 21 settembre scorso.

In particolare i carabinieri del Nucleo Investigativo hanno acquisito tre cellulari (Samsung, Nokia e Apple), cinque schede di memoria, due pendrive, due pc Apple e un tablet. Posti sotto sequestro anche gli occhiali Smart utilizzati dalla 41enne per effettuare anche delle riprese all’interno della Camera dei deputati. L’attività istruttoria richiederà alcuni giorni con l’estrapolazione anche di chat e documenti eventualmente. Gli inquirenti cercano riscontri sui dialoghi intercorsi tra i due sulla presunta gravidanza e sui tentativi di Boccia di contattare il ministero per “conoscere gli esiti della procedura di nomina” a consulente poi saltata. Al termine dell’attività tecnica non è esclusa una convocazione a piazzale Clodio per l’indagata per essere interrogata.

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Omicidio Cecchettin, il papà: io penso a Giulia, a Turetta nulla da dire

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“Non c’è giorno in cui non pensi alla mia Giulia e a tutto quello che ho perso con lei. Se vedessi Filippo ? Il danno ormai lo ha fatto. Non avrei nulla da dirgli”. Sono come pietre, pur se espresse col solito tono pacato, le parole di Gino Cecchettin nel giorno in cui, con l’inizio del processo a Filippo Turetta, gli è toccato un’altra volta mostrare in pubblico un dolore che non può diminuire.. Elegante, con la spilletta della Fondazione per Giulia attaccata al rever del vestito blu, Cecchettin si è concesso alla ressa di giornalisti e fotografi al termine della prima udienza ‘tecnica’, che ha aperto il processo in Corte d’Assise a Venezia.

I fratelli di Giulia, Elena e Davide, non sono venuti: “stamattina a casa non ho parlato del processo, ho salutato tutti come ogni giorno e sono venuto qui” ha spiegato Gino. “Oggi – ha aggiunto è un giorno di grande dolore, come tutti gli altri del resto”. Nelle dichiarazioni di Cecchettin non c’è mai stata la parole vendetta: “sono sicuro che il Giudice, il collegio, sapranno ben giudicare quanto è successo, con la pena giusta che sarà stabilita dalla giuria”. E non gli interessa, “se sarà un processo veloce o lungo, anche se per me è uno stillicidio, non sto assolutamente bene: ogni giorno penso a Giulia”. T

uretta non si è visto in aula, come aveva anticipato il suo difensore, per evitare almeno all’inizio la spettacolarizzazione mediatica. Un’ assenza che lascia indifferente il papà di Giulia: “è a sua discrezione venire o meno al processo, non sta a me giudicare” risponde. Ma quando gli chiedono se ha “paura” di poter incrociare in aula una prossima volta gli occhi di Filippo Turetta, Gino Cecchettin è gelido: “Perchè dovrei aver paura ? A Filippo non avrei niente da dire”.

Cecchettin non ha voluto anticipare se parteciperà personalmente alle prossime udienze. In aula oggi non c’erano naturalmente nemmeno i genitori di Filippo. Nicola Turetta ed Elisabetta Martini, che da quando il figlio è in carcere hanno eretto un muro con il mondo esterno. Anche per i Cecchettin il rapporto con loro pare un capitolo, se non chiuso, perlomeno sospeso: “I Turetta – dice ancora Gino – non li sento da tempo. Non c’è rancore, tutti abbiamo le nostre colpe. Se mi scrivono io rispondo sempre. L’ultima volta li ho sentiti risale a molto tempo fa, quando sono uscite le indiscrezioni sull’interrogatorio di Filippo in carcere”. “Ora – conclude – porto avanti la battaglia che ha iniziato mia figlia Elena con la Fondazione che si basa sui valori di Giulia”.

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