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Cronache

Condanne per gli stupri di Caivano: 12 e 13 anni di reclusione per Giuseppe Varriale e Pasquale Mosca

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Il tribunale di Napoli Nord ha emesso una dura sentenza contro Giuseppe Varriale e Pasquale Mosca, condannandoli rispettivamente a 12 anni e 5 mesi e a 13 anni e 4 mesi di reclusione per gli stupri di cui sono state vittime due cuginette di 12 e 10 anni a Caivano, in provincia di Napoli. La decisione del giudice Mariangela Guida arriva dopo una camera di consiglio durata diverse ore e rappresenta la prima sentenza su questa vicenda.

La Procura di Napoli Nord aveva chiesto 11 anni e 4 mesi di reclusione per Giuseppe Varriale, diciannovenne, e 12 anni per Pasquale Mosca, ventenne. La sentenza del giudice ha superato le richieste dell’accusa, sottolineando la gravità dei crimini commessi.

Oltre alla pena detentiva, il giudice ha disposto una provvisionale immediatamente esecutiva di 50mila euro per ciascuna delle due vittime, somma che dovrà essere erogata da ciascuno dei due imputati. Inoltre, Mosca e Varriale dovranno corrispondere 20mila euro a ciascuno dei genitori (madre e padre) della più piccola delle vittime. È stata inoltre decretata l’interdizione perpetua per entrambi gli imputati.

Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro 30 giorni, fornendo un quadro dettagliato delle ragioni che hanno portato a queste severe condanne. La decisione riflette l’attenzione del tribunale nel punire severamente crimini di tale gravità, considerando l’età giovanissima delle vittime e l’impatto devastante che questi eventi avranno sulle loro vite.

Il caso di Caivano ha suscitato profonda indignazione e ha riportato alla ribalta il tema della protezione dei minori e della giustizia per le vittime di abusi sessuali. La sentenza rappresenta un passo significativo verso la giustizia per le due cuginette e le loro famiglie, e un segnale forte contro la violenza sessuale.

La comunità locale e le organizzazioni per la protezione dei minori continueranno a monitorare il caso, sperando che le severe pene inflitte fungano da deterrente per future violenze e che venga garantita maggiore sicurezza e supporto per tutte le vittime di abusi.

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Cronache

Sentenza storica della Corte Costituzionale: giustizia per i familiari delle vittime innocenti dei clan

La Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma sul “quarto grado di parentela”, restituendo giustizia ai familiari delle vittime innocenti della camorra. La sentenza impatta in particolare in Campania, dove numerosi familiari non hanno visto riconosciuti i benefici a causa di legami familiari con individui coinvolti in attività criminali.

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Dal caso di Gianluca Cimminiello, vittima innocente della camorra ucciso il 2 febbraio 2010 a Secondigliano (Napoli), a quello di Giuseppe Quadrano, ucciso da innocente il 7 luglio 1996 a San Cipriano d’Aversa. La lista è lunga e tristemente nota. Tuttavia, la recente sentenza 122 della Corte Costituzionale, emessa il 4 luglio scorso, ha dichiarato incostituzionale la norma sul “quarto grado di parentela”, un provvedimento che ha avuto un impatto significativo sulla vita di decine di familiari di vittime innocenti dei clan, specialmente in Campania.

La norma contestata prevedeva che i familiari entro il quarto grado di parentela con individui coinvolti in procedimenti per reati di mafia o gravi reati penali non potessero beneficiare di alcun supporto dallo Stato. Questa disposizione ha penalizzato molte famiglie, considerando colpevoli anche chi non aveva mai avuto contatti con la criminalità organizzata.

La sentenza della Corte Costituzionale

“La pronuncia della Consulta è storica perché restituisce giustizia ai tanti familiari di vittime innocenti delle mafie,” afferma Giovanni Zara, avvocato che ha seguito numerosi casi di vittime innocenti dei clan. “Chi non ha mai condiviso nulla con la criminalità organizzata, anche se ha un parente delinquente, ha gli stessi diritti degli altri,” ribadisce Zara.

Casi emblematici

Gianluca Cimminiello

Gianluca Cimminiello, ucciso nel quartiere napoletano di Secondigliano, era completamente estraneo agli ambienti delinquenziali. La madre di Gianluca ha chiesto il riconoscimento dei benefici di legge, ma la sua istanza è stata rigettata perché alcuni nipoti del marito, suoi affini di quarto grado, avevano precedenti penali. Nonostante la separazione dal marito risalisse a 1987 e il fatto che non avesse contatti con la famiglia da oltre 30 anni, la madre di Gianluca non ha ottenuto alcun supporto fino ad ora.

Giuseppe Quadrano

Giuseppe Quadrano, postino di San Cipriano d’Aversa, fu ucciso il 7 luglio 1996. I figli di Giuseppe hanno richiesto il riconoscimento, ma la loro istanza è stata respinta perché un cugino della vittima, omonimo e killer di don Giuseppe Diana, è collaboratore di giustizia.

Salvatore Barbaro

Salvatore Barbaro fu ucciso per uno scambio di persona a Ercolano il 13 novembre 2009. Alla madre è stato negato il diritto per presunte parentele con soggetti criminali, sebbene non li avesse mai frequentati.

Impatto della sentenza

La sentenza della Corte Costituzionale offre un cambiamento significativo. “A differenza di quanto sostenuto dai dirigenti del Ministero dell’Interno e da alcuni giudici, chi ha parenti con precedenti penali è ora considerato uguale a chi tali parentele non le ha,” sottolinea Zara. Questo principio sancisce l’uguaglianza di diritti per tutti, indipendentemente dai legami familiari.

Questa sentenza rappresenta un passo avanti nella giustizia per i familiari delle vittime innocenti della camorra, correggendo una grave ingiustizia che ha afflitto molte famiglie per anni. L’abolizione della norma sul “quarto grado di parentela” permette finalmente di riconoscere i diritti di chi è rimasto colpito dal crimine organizzato senza aver mai avuto alcun legame con esso.

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Bimba morta in incidente a Villabate, anche madre con tasso alcolemico alto

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I due genitori indagati per omicidio stradale per la morte della loro figlia di tre anni, nel Palermitano avevano entrambi un tasso alcolemico alto. L’uomo aveva 1,34 microgrammi per litro, la donna 1,25 microgrammi per litro. Gli esami sono stati eseguiti anche sulla mamma della piccola perché i Carabinieri, che indagano, vogliono accertare con esattezza la dinamica dell’incidente stradale, non escludendo alcune ipotesi, neppure quella che alla guida ci fosse la donna, anche se il marito ha detto di esserci stato lui.

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Cronache

Tredicenne va in ospedale: un conoscente mi ha violentato

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Un ragazzino di 13 anni si è presentato con la mamma sabato sera all’ospedale di Cristina di Palermo, con segni di abusi, dicendo ai sanitari di essere stato violentato da un uomo di 40 anni. Sulla vicenda sta indagando la polizia. Il ragazzino è stato ricoverato ed entro domani verrà dimesso. L’uomo sarebbe un conoscente della vittima che avrebbe attirato il ragazzino in casa per poi abusarne, prima che il tredicenne riuscisse a scappare. Una volta a casa ha raccontato tutto alla mamma che l’ha portato in ospedale.

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