Catello Maresca, sostituto procuratore generale in Corte di Appello, è autore del Codice antimafia. L’ide è che la normativa antimafia deve essere considerata un’autonoma materia di studio. Dopo il primo Manuale di legislazione antimafia, edito da Rogiosi editore e pubblicato nel 2019, il sostituto procuratore generale di Napoli Catello Maresca firma ora, assieme all’avvocato Sabrina Rondinelli, il Codice antimafia edito da Key Editore. Il Codice rappresenta il tentativo ambizioso di sistematizzare la normativa antimafia, che deve ormai essere considerata a pieno titolo una materia con dignità scientifica. Riconoscere la legislazione antimafia come autonoma materia di studio è, secondo Maresca, un passaggio necessario per l’avanzamento della normativa e per affrontare finalmente la materia in modo organico e strutturato, e non più solo come risposta emergenziale di fronte agli attacchi perpetrati allo Stato da parte delle mafie.
Il sostituto procuratore generale in Corte di Appello a Napoli. Catello Maresca
Dottor Maresca, come nasce questa iniziativa editoriale?
Avevo maturato l’idea già qualche anno fa, quando scrissi il manuale di legislazione antimafia, all’epoca il primo a raccogliere tutta la normativa antimafia, fatta di disposizioni sparse qua e là per il nostro ordinamento, in maniera elaborata e sistematica. La circostanza ha voluto che incontrassi l’avvocato Rondinelli, che mi ha proposto di collaborare a questo lavoro. Quella dell’antimafia è sempre stata una normativa di emergenza nel nostro Paese. Basti pensare ad esempio che il 416 bis, la celebre norma che sanziona l’associazione di stampo mafioso, nasce nel settembre dell’82, all’indomani dell’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Qual è dunque lo scopo di questo lavoro?
Con il manuale prima e con il codice oggi, cerchiamo di sistematizzare la materia, offrendo la possibilità agli operatori del diritto di disporre di tutte le norme in uno stesso contenitore. Il codice prevede una panoramica aggiornata ed estesa della normativa di settore, che include gli ultimi interventi, dalla riforma sulle intercettazioni telefoniche, allo svuotacarceri, sino ai due successivi interventi normativi per riportare in cella i boss mafiosi. Ritengo sia un lavoro importante perché la normativa antimafia ha ormai assurto a dignità di insegnamento universitario, di autonoma materia di studio.
Nonostante il nostro imponente armamentario normativo nella lotta alle mafie, la materia viene affrontata sempre in maniera emergenziale e poco organica, come si può superare questo approccio?
Io credo che il passaggio principale sia il riconoscimento della dignità di materia di studio autonoma da parte del mondo accademico. Ciò è necessario perché la legislazione antimafia è sempre stata interdisciplinare. Dal punto di vista accademico noi abbiamo le materie di diritto sostanziale (diritto penale, civile, amministrativo) e le materie processuali, quelle che disciplinano le norme della procedura penale, civile, amministrativa. La legislazione antimafia si colloca a metà fra la normativa sostanziale e quella processuale. Ma ormai le norme sui processi penali di mafia (si pensi alle norme sulle intercettazioni, sui collaboratori di giustizia, sull’utilizzabilità degli atti) rappresentano un corpus autonomo rispetto alla procedura ordinaria. È pertanto fondamentale che la materia diventi un autonomo oggetto di studio, perché il progresso della normativa antimafia passa per l’impegno della dottrina e del mondo accademico, così come avviene per le altre branche del diritto.
Lei è già autore del primo manuale di legislazione antimafia, che cosa aggiunge questo volume a quella trattazione?
Il codice, in quanto tale, è un completamento del manuale. Se lei va nelle aule di giustizia troverà i magistrati intenti a consultare i codici, che consentono di individuare rapidamente una norma, quando se ne ha la necessità. Il manuale è maggiormente rivolto agli studenti e contribuisce ad elaborare il percorso scientifico della materia. Il codice è uno strumento agile e proprio della materia che potrà risultare utile agli operatori del diritto impegnati in processi di mafia.
Il suo è anche un tentativo di contribuire a riportare il tema mafioso al centro del dibattito politico?
Sì, questo è per me da sempre un interesse primario; ritengo che attraverso la riflessione del mondo accademico si possano porre importanti questioni al legislatore. Ad oggi, ad esempio, una delle questioni da affrontare anche in vista del Recovery Fund, è il concreto rischio di infiltrazione mafiosa in questo periodo di crisi. Bisogna scongiurare la possibilità che una parte di quei fondi destinati alla ripresa economica del Paese finiscano nelle mani sbagliate. Secondo me si dovrebbe affrontare il rischio di infiltrazione mafiosa con la stessa priorità accordata alla questione sanitaria e a quella economico-sociale.
Crede che servano nuovi strumenti normativi per combattere le mafie che si muovono agilmente nell’economia legale, oppure basterebbe salvaguardare e applicare gli istituti già esistenti?
Servirebbe anzitutto una maggiore consapevolezza europea: la mafia non riguarda solo l’Italia, ma è ormai una questione diffusa ed estesa al punto che anche il legislatore europeo dovrebbe farsene carico, predisponendo strumenti più agili in termini di intervento e coordinamento investigativo. Le mafie poi sono sempre sul pezzo; cercano in continuazione di elaborare nuovi strumenti di aggressione degli interessi economici degli Stati. Si pensi ai bitcoin e alle nuove modalità di investimento e circolazione delle monete virtuali. Bisogna allora necessariamente elaborare degli strumenti moderni, adeguati al rischio.
Che anno è stato il 2020 nella lotta alle mafie?
È stato un anno drammatico per tanti motivi, dalle scarcerazioni dei boss mafiosi alle difficoltà investigative, nonostante il grande impegno profuso dalla magistratura e delle forze dell’ordine. Inoltre, momenti di crisi come quello di quest’anno, sono sfruttati dalle mafie per fare proselitismo e rafforzarsi economicamente, inserendosi in maniera ancora più prepotente nel mercato legale. Dovremo quindi ripartire subito rimettendo in campo strategie investigative e giudiziarie particolarmente illuminate e sofisticate, per fronteggiare in modo tempestivo l’offensiva delle mafie nel nostro Paese.
Codice antimafia, Key Editore, 588 pagine, 18,00 euro (versione cartacea), 13,00 euro (versione ebook)
Manuale di legislazione antimafia, Rogiosi Editore, 440 pagine, 48,00 euro
Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.
Questa mattina i carabinieri sono intervenuti in via Domenico Cirillo 30, in seguito a una segnalazione ricevuta al numero di emergenza 112. L’intervento si è reso necessario dopo che ignoti, probabilmente agendo durante le ore notturne, hanno fatto irruzione nella sede del Partito Democratico della Quarta Municipalità Napoli San Lorenzo.
All’interno del locale, i malintenzionati hanno provocato disordine, mettendo a soqquadro gli spazi. Nonostante i danni causati, dalle prime verifiche effettuate non sembrerebbe che siano stati sottratti oggetti di valore o documenti importanti.
Sul posto sono intervenuti gli specialisti del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli, che hanno effettuato i rilievi tecnici necessari per raccogliere elementi utili all’identificazione dei responsabili. Le indagini sono attualmente in corso per risalire agli autori dell’atto vandalico e chiarire le motivazioni dietro l’accaduto.
Questo episodio si aggiunge a una serie di atti vandalici e intimidatori registrati negli ultimi tempi in diverse città italiane, sollevando interrogativi sulla necessità di maggiori misure di tutela per le sedi di partiti e associazioni sul territorio.
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Umbria del 1994 che prevedeva il requisito “di essere residente in uno dei Comuni della Regione Umbria” come necessario al fine dell’iscrizione nel ruolo dei conducenti per il servizio di taxi e per quello di noleggio di veicoli con conducente (Ncc).
Lo rende noto la Corte Costituzionale. La disposizione, antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, era stata censurata dal Tar Umbria in quanto ritenuta lesiva del principio di ragionevolezza nonché dell’assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea, giacché d’ostacolo al libero ingresso di lavoratori o imprese nel “bacino lavorativo” regionale.