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Class action contro le espulsioni, M5s nella tempesta

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Lo aveva promesso e ora l’ha fatto: mentre gli espulsi minacciano una “class action”, Alessandro Di Battista si chiama fuori dal Movimento. Il “frontman” pentastellato, paladino delle battaglie a 5 Stelle, non ha piu’ la “tessera” M5s. Avendo disdetto la sua iscrizione non risulta quindi piu’ neppure nell’elenco riportato sulla pagina di Rousseau, dove risultava di gran lunga l’attivista piu’ apprezzato, quello che aveva in assoluto il maggior numero di “Mi Fido” nella classifica dei “like” predisposta sulla piattaforma. Ma non per questo il sodalizio con Davide Casaleggio risulta compromesso: anzi, mai tra i due esponenti della galassia a 5 Stelle, i rapporti sono stati cosi’ stretti. Un sodalizio che preoccupa il M5s di Beppe Grillo che, dopo la diaspora e le espulsioni dei dissidenti, prova a recuperare terreno provando a “tirare” dalla sua l’unico nome in grado di risollevare le sorti del Movimento: quello di Giuseppe Conte. Lo fa l’ex guardasigilli Alfonso Bonafede che dalle pagine del Fatto quotidiano lo lancia come possibile leader. “Io penso che il futuro del M5S non possa che essere intrecciato a quello di Conte”. E’ un’opzione che sognano molti parlamentari del Movimento che vorrebbero vederlo addirittura candidato in un ruolo in vista della nuova governance. Dove ambiscono ad entrare pero’ anche i senatori Barbara Lezzi e Nicola Morra anche se la stessa piattaforma Rousseau precisa che non sono candidabili “gli iscritti che siano sottoposti ad un procedimento disciplinare e/o che abbiano subito la sanzione (eventualmente anche in via cautelare) della sospensione”. I due senatori si tengono quindi lontani da quelle azioni legali che si stanno avviando in Parlamento per promuovere una “class action” contro le espulsioni M5s. Un gruppo di 5 senatori ha infatti avviato una raccolta di deleghe per avviare un ricorso collettivo in Tribunale e chiedere una sospensiva dei provvedimenti di espulsione dal Movimento. A presentare l’istanza sara’ l’avvocato genovese Daniele Granara che sara’ a Roma nelle prossime ore per raccogliere le deleghe e presentare la richiesta ex articolo 700 del codice civile. Al gruppo iniziale di senatori che hanno contattato l’avvocato genovese dovrebbero aggiungersi a breve altri parlamentari anche della Camera mentre i senatori, come Morra e Lezzi, dovrebbero invece fare un ricorso parallelo con un altro avvocato, ritenendosi espulsi dai soli Gruppi e non dal Movimento. Per la stessa ragione non entreranno a far parte dei gruppi che, come componenti del Misto, si stanno costituendo in Parlamento grazie alla concessione del simbolo Idv. Come pure Lannutti che non seguira’ questa strada: “Per me, la priorita’ e’ difendere l’onore” chiarisce. Per gli altri invece la nascita di nuovi gruppi alla Camera e Senato e’ solo questione di ore. L’accordo con Idv per la cessione del simbolo del vecchio partito di Di Pietro necessario, almeno al Senato, anche per costituire una nuova componente dentro i gruppi del Misto, e’ infatti in via di definizione. La trattativa con Ignazio Messina, detentore del simbolo Idv, e’ a buon punto avendo Messina posto come unica “condizione” per la cessione del simbolo la creazione di un gruppo che abbia un progetto con alla base valori condivisi. Come la legalita’ e la lotta alle mafie o, spiega il senatore Mattia Crucioli, “la necessita’ di garantire gli strumenti parlamentari per consentire l’agibilita’ ad una opposizione pluralistica” argomenti su cui non si esclude addirittura una “mobilitazione della societa’ civile”. In Senato sarebbero gia’ 8 i parlamentari disposti a dare vita alla componente (ne servono 3 di base) che, grazie anche al “prestito” di IdV, si dovrebbe chiamare “Alternativa c’e'”.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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