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Cronache

Catturato dalla polizia nel Frusinate Giovanni Diana, boss del clan dei casalesi latitante

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Gli investigatori della squadra mobile della Questura di Caserta hanno scovato ieri pomeriggio nel Frusinate, a Ceccano Giovanni Diana, di Casal di Principe, classe 58 anni, pregiudicato, elemento di spicco del clan camorristico dei casalesi, latitante dallo scorso mese di settembre, poiché colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa  per i reati di estorsione aggravata dall’appartenenza ad associazione mafiosa.  

In particolare, Giovanni Diana, in concorso con Tommaso Diana, di Casal di Principe, e Davide Natale, , è ritenuto responsabile di tentata estorsione in concorso e aggravata dall’aver agito con il metodo mafioso, nei confronti di un imprenditore agricolo di Francolise. Diana Giovanni, stretto collaboratore e uomo di fiducia, nonché cognato di NOBIS Salvatore, di San Cipriano d’Aversa, del 1959, elemento di spicco della predetta associazione camorristica e braccio destro del capo clan Michele Zagaria, a seguito di una intensa attività investigativa condotta dalla Squadra Mobile di Caserta, fatta di appostamenti, pedinamenti e perquisizioni sui territori di Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Casapesenna e Cancello Arnone, aveva deciso di allontanarsi temporaneamente dalla provincia di Caserta per proseguire la sua latitanza.

Nel corso dell’operazione di polizia, condotta unitamente alla Squadra Mobile di Frosinone, veniva anche tratto in arresto Franco Fabi, di Ceccano, proprietario dell’immobile dove aveva trovato rifugio il Diana e ritenuto responsabile, in concorso con il Diana, di detenzione di arma clandestina, e in particolare di un fucile di fattura artigianale, sprovvisto di matricola e marca ed a canna unica.

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Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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