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Politica

Caso De Luca, per Pd si complica la partita Campania

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Manca ancora un anno alle elezioni regionali in Campania, a meno di eventuali rinvii alla primavera successiva, ma il caso De Luca scuote la politica campana, possibile preludio a un vero e proprio terremoto nel centro sinistra. Il via libera in commissione alla legge sul terzo mandato che sarà recepito nel corso del Consiglio regionale in programma martedì prossimo, ha sancito ufficialmente e contemporaneamente il via libera alla ricandidatura di De Luca per il terzo mandato e una profonda spaccatura tra il Pd nazionale e quello regionale.

Che il Pd voglia o no, De Luca sarà in campo. In Campania, alla fine, i dem dovranno scegliere tra la fedeltà al partito e quella al governatore cui alcuni di loro devono anche l’elezione. Che faranno se alla fine De Luca decidesse di scendere in campo con una coalizione senza simboli, traversale? La Schlein – si apprende – manterrà il netto no espresso contro il terzo mandato. Nel caso di una autocandidatura di De Luca è evidente che si complicherebbe comunque la corsa di un rappresentante del centrosinistra, area nella quale pescherebbe pure il governatore uscente.

E questo finirebbe inevitabilmente per favorire un rappresentante del centrodestra, Martusciello, Cirielli o altri. Nel campo del centrosinistra tra i nomi che si fanno ci sono quelli dell’attuale sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, uno dei primi amministratori pubblici ad essere eletto come proposta del campo largo. Ci sarebbe, sempre se il candidato fosse espressione di un accordo Pd-M5S, l’ipotesi di Roberto Fico. Ma l’ex presidente della Camera potrebbe essere della partita solo se nel Movimento 5 Stelle passasse la linea del superamento del vincolo dei due mandati.

Tra i consiglieri di maggioranza che hanno detto sì al terzo mandato oggi si è fatta sentire Maria Luigi Iodice, del gruppo ‘Partito Socialista Italiano, Campania Libera, Noi di Centro, Noi Campani’ per la quale “quella di ieri “è stata una giornata lunga ma importante e produttiva”. Spettatrice interessata, pronta ad approfittare dello strappo è l’opposizione di centrodestra. Manca ancora l’intesa su un candidato unitario ed anche sulle modalità attraverso le quali si arriverà alla sua scelta.

Uno dei possibili aspiranti alla successione di De Luca, Fulvio Martusciello, eurodeputato e coordinatore regionale di Forza Italia sottolinea: “lo scenario sembra si vada delineando. Il presidente uscente sarà il terzo polo, e quella fine farà. Quando i consiglieri capiranno che candidandosi con lui non verranno eletti – aggiunge Martusciello – ci sarà il fuggi fuggi”. Il sottosegretario Tullio Ferrante, deputato Fi, evidenzia che “per decenni hanno accusato il centrodestra di leggi ad personam. Oggi il PD campano recepisce, con singolare ritardo di 20 anni, una legge nazionale del 2004 per consentire il terzo mandato al Presidente De Luca. Elly Schlein confermi che neanche stavolta ti hanno vista arrivare?”.

Mentre il senatore Antonio Iannone, commissario Fdi in Campania, sostiene:”siamo ai saldi di fine stagione per la Regione. De Luca si fa approvare un terzo mandato che è il terzo mondo delle Istituzioni”. “La questione ci mostra un PD bifronte – chiosa il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti -: mentre i suoi parlamentari hanno votato contro il terzo mandato, i Consiglieri regionali della Campania votano a favore. Dobbiamo dunque ritenere che esiste un Pd a Roma e un Pd a Napoli?”.

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Lega vuole tagliare il canone Rai, scontro con FI

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E’ braccio di ferro nella maggioranza sul canone Rai. La Lega annuncia, infatti, che presenterà un emendamento alla manovra per ripristinare il taglio da 90 a 70 euro del contributo. Una misura che, ribatte immediatamente Forza Italia, “non è nell’accordo di governo”. Sullo sfondo del botta e risposta tra alleati anche la partita per la presidenza nel servizio pubblico sulla quale, però, al momento si registra uno stallo in commissione di Vigilanza. L’uscita della Lega, che si dice anche pronta a proseguire in prospettiva la battaglia per l’abolizione totale del canone, irrita gli azzurri che però al momento, off the records, la inquadrano come una boutade visto che una misura del genere costerebbe almeno 400 milioni ed è dunque poco realizzabile. “Se si abbassa il canone – ragiona il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri – allora vanno aumentati i trasferimenti”. Lo stesso meccanismo previsto nella legge di bilancio dello scorso anno.

“La Rai non può essere indebolita – dice il portavoce nazionale di Forza Italia Raffaele Nevi – abbiamo bisogno di un servizio pubblico forte. L’anno scorso è stato ridotto il canone ma poi abbiamo dovuto garantire alla Rai un contributo straordinario”. Nella manovra di quest’anno, invece, al momento è prevista invece solo una decisa spending review per il servizio pubblico. La Rai, infatti, nel 2025 non potrà aumentare le spese per il personale e per gli incarichi di consulenza, che non potranno superare il livello del 2023. E nel 2026 dovrà ridurre la spesa per personale e consulenza di almeno il 2% rispetto alla media delle spese nel triennio 2021-2023. Un taglio che raddoppia nel 2027. Per le opposizioni la proposta di una nuova stretta sul canone è un “atto ostile” contro la Rai. “L’Italia – evidenzia da Avs Peppe De Cristofaro – ha bisogno di una grande azienda radiotelevisiva sottratta alle grinfie della maggioranza di turno. E’ urgente cambiare la legge sul servizio pubblico”. Sulla riforma della governance, tra l’altro, da mercoledì si apriranno gli Stati Generali convocati dalla presidente della Vigilanza, Barbara Floridia. Mentre domani proprio Forza Italia con Maurizio Gasparri farà la propria proposta. La questione della riforma della governance si intreccia, tra l’altro, con quella della nomina della presidenza, sulla quale per il momento non si registrano però, passi in avanti. La maggioranza richiesta impone un accordo con le opposizioni che al momento non sembra alle viste. Il Pd – con Ouidad Bakkali – chiede una convocazione urgente della Vigilanza.

“Maggioranza e governo – attacca – sono in totale confusione e bloccano di fatto il servizio pubblico”. Tornando alla manovra, in vista dello scadere del termine per gli emendamenti i partiti stanno mettendo a punto le proprie proposte di modifica. Dalle cripto-valute ai controllori Mef sono diversi i fronti aperti. Certamente c’è quello del concordato con FI pronta a chiedere un bis della misura. La nostra linea – ricorda Antonio Tajani – è “favorevole alla riapertura dei termini”. Non sarà prorogato – puntualizza da FdI Marco Osnato – ma si valuterà una riapertura che “non potrà comunque essere legata alla manovra”. Intanto dal governo si ribadisce l’invito a fare emendamenti mirati puntando, per dirla con il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, “più sulla qualità che sulla quantità”. E l’auspicio è che non diventi una mission impossibile di fronte agli appetiti dei parlamentari.

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Pratica a tutela giudici. Ma la destra in Csm si spacca

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“I giudici alle prese con i provvedimenti attuali e futuri sui migranti vanno tutelati, c’è chi prova a condizionarli”. Lo scontro dei magistrati con il governo torna al punto di partenza, ma stavolta la corrente di destra del Csm è spaccata. I componenti togati del Consiglio, esclusi tre membri, hanno depositato la richiesta di apertura di una pratica urgente a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia del collegio giudicante del tribunale di Bologna che alcuni giorni fa aveva rinviato alla Corte di giustizia europea il recente decreto del governo sui Paesi sicuri. Secondo la richiesta quel provvedimento era stato poi “oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali” e la “situazione determina una inaccettabile pressione sui giudici” e “un obiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni; essa, pertanto, vulnera l’indipendenza dell’intera magistratura”.

Parole che arrivano a meno di una settimana dalle dichiarazioni della premier Meloni, la quale aveva definito le argomentazioni dei giudici bolognesi più vicine a “un volantino propagandistico che a un atto da tribunale”. Ma su sette togati di Magistratura Indipendente, in tre non hanno aderito alla richiesta dei togati del Csm, formulandone un’altra in cui chiedono “garantire una tutela piena dell’indipendenza della giurisdizione e della intangibilità della vita privata di ciascun magistrato, al di là di qualsiasi strumentalizzazione e contrapposizione di tipo politico”. Il riferimento in questo caso è esclusivamente nei confronti del solo Marco Gattuso, presidente della sezione immigrazione del tribunale di Bologna, finito nella bufera mediatica. Lo stesso Gattuso rivolgendosi in una missiva all’Anm, la quale in queste ore ha tenuto un’assemblea straordinaria in segno di solidarietà proprio con i giudici bolognesi, ha parlato del “tentativo di trasferire l’attenzione per un provvedimento giurisdizionale, che può essere sempre oggetto di critica, ai giudici che l’hanno firmato, con un oggettivo effetto intimidatorio di condizionamento nei confronti della magistratura”.

La lettera di Gattuso, che non ha partecipato di persona all’iniziativa, ha ricevuto il tributo dell’assemblea del sindacato delle toghe con un lungo applauso e una standing ovation. Resta però un caso la spaccatura all’interno di Magistratura Indipendente, che solo qualche giorno fa invece, riguardo alla richiesta di tutela dei giudici di Roma che non avevano convalidato il trattenimento dei migranti in Albania, era stata compatta nel rifiutarsi di sottoscrivere il documento firmato da tutti gli altri togati. “È il momento dell’unità di chi esercita la giurisdizione, dei magistrati, degli avvocati, degli operatori del diritto, per testimoniare che nessuna maggioranza politica, nessun interesse nazionale può sacrificare i diritti e le garanzie fondamentali delle persone, che spetta a magistrati ed avvocati difendere, al di là di ogni consenso o mandato popolare – commenta il segretario di AreaDg Giovanni Zaccaro – Mi spiace che alcuni colleghi, seppure investiti dell’onore di presidiare l’autonomia e la indipendenza della magistratura, non abbiano aderito a quella proposta quasi unitaria”.

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Politica

Emendamento Lega, tagliare il canone Rai a 70 euro

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La Lega presenta un emendamento alla legge di Bilancio per ripristinare la riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro, come previsto nella manovra dell’anno scorso. Lo di legge in una nota dell’ufficio stampa del partito. “Un intervento che ci sembra doveroso – commentano i parlamentari della Lega in commissione Vigilanza – anche alla luce del fatto che è ora per il servizio pubblico di migliorarsi senza gravare ulteriormente sui cittadini. Non ci fermeremo in questa battaglia e andremo avanti con la sua progressiva riduzione fino alla definitiva abolizione per favorire la transizione verso una azienda in grado di stare sul mercato”.

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