Un anno e 4 mesi con sospensione condizionale della pena. È la richiesta di condanna formulata oggi dalla Procura di Brescia nei confronti di Piercamillo Davigo, lo storico ex pm del pool Mani Pulite, ex giudice di Cassazione ed ex componente del Csm, finito a processo per rivelazione del segreto d’ufficio per l’ormai noto caso dei verbali dell’avvocato Piero Amara su una presunta “Loggia Ungheria”. Verbali che furono a lui consegnati nell’aprile del 2020 dal pm di Milano Paolo Storari – già assolto in via definitiva dalla stessa accusa di rivelazione con rito abbreviato – dopo che lo stesso pubblico ministero si era rivolto proprio a Davigo, all’epoca consigliere di Palazzo dei Marescialli, per tutelarsi dal “freno” che, a detta del pm, era stato messo dagli allora vertici della Procura milanese alle indagini sulla fantomatica associazione segreta di cui aveva parlato l’avvocato siciliano, anche per verificare le eventuali calunnie messe nero su bianco dal legale. Dichiarazioni rese nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’, di cui Storari era uno dei titolari. L’ex pm dell’epoca di Tangentopoli, stando agli atti dell’inchiesta bresciana, avrebbe rassicurato Storari “di essere autorizzato a ricevere copia” di quegli atti, dicendogli che “il segreto investigativo su di essi non era a lui opponibile in quanto componente del Csm”.
E sarebbe così entrato “in possesso del contenuto di atti coperti da segreto investigativo”. Lo avrebbe fatto al di fuori di una “procedura formale”, tracciata, invece, da circolari del ’94 e ’95 del Csm. Poi, sempre secondo l’accusa, avrebbe riferito, in modo confidenziale, delle dichiarazioni messe a verbale da Amara anche all’allora senatore Nicola Morra, oltre che a diversi consiglieri del Csm dell’epoca, come Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna e al vicepresidente David Ermini, al quale avrebbe dato anche “copia degli atti” al di fuori di “qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente” li avrebbe distrutti. In più, parlando e mostrando quei verbali sulla fantomatica loggia segreta, Davigo avrebbe fatto il nome di Sebastiano Ardita, anche lui allora componente del Csm e che col legale Fabio Repici, poi, si è costituito parte civile nel processo a Brescia.
“Io credo di aver fatto il mio dovere nelle uniche forme in cui andava fatto”, ha sempre ribadito Davigo. “Storari – aveva detto con dichiarazioni in udienza – mi informa di una situazione che lui ritiene illegittima e che io ritengo illegittima”. E ancora: “Io sono un pubblico ufficiale ho l’obbligo di denunciare, cosa che feci al pg Giovanni Salvi. Dovevo segnalarlo, senza però recare danno alle indagini”. Per questo, a suo dire, non “formalizzò” la ricezione di quei verbali. Dopo la richiesta di condanna a 16 mesi avanzata dai pm di Brescia Donato Greco e Francesco Carlo Milanesi, è intervenuto anche il legale di parte civile. Nella prossima udienza, fissata per il 20 giugno, parlerà la difesa di Davigo e arriverà anche la sentenza.
Il 23 novembre 1980 è una data incisa nella memoria dell’Italia. Alle ore 19:35, una scossa di terremoto di magnitudo 6,8, seguita da un’altra di magnitudo 5, devastò le province di Avellino, Salerno e Potenza, colpendo anche altre zone della Campania e della Basilicata. Una tragedia che causò migliaia di vittime e distrusse interi paesi, lasciando ferite profonde nel cuore delle comunità.
A 44 anni di distanza, i Vigili del Fuoco di Avellino, insieme alle istituzioni e ai cittadini, vogliono rendere omaggio alle vittime e ai feriti di quella catastrofe, ricordando anche il sacrificio di chi, con coraggio e abnegazione, si mobilitò per portare soccorso.
Il ricordo dei soccorritori
I Vigili del Fuoco furono tra i protagonisti della risposta all’emergenza. Nonostante le difficoltà rappresentate da un territorio montagnoso, dalle condizioni meteorologiche avverse e dalle vie di comunicazione interrotte, operarono senza sosta per mesi. Ragazzi che, con il loro spirito di adattamento, riuscirono a superare ogni ostacolo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della popolazione colpita.
«Vogliamo ricordare l’immane lavoro dei nostri colleghi Vigili del Fuoco, che affrontarono sacrifici personali senza precedenti per fronteggiare una situazione straordinaria», sottolineano oggi i rappresentanti del corpo.
Un messaggio dal Ministro Piantedosi
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato alle commemorazioni a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei comuni più colpiti dal sisma, ricordando con commozione il sacrificio delle vittime e il moto di solidarietà che ne seguì.
«Quella tragedia rappresentò uno spartiacque per il nostro Paese, evidenziando la necessità di un Sistema nazionale di protezione civile. Oggi, la Protezione Civile italiana è un modello d’eccellenza riconosciuto a livello internazionale», ha dichiarato Piantedosi.
L’impatto storico e umano
La scossa devastò un’area di 17.000 chilometri quadrati, rendendo i soccorsi estremamente complessi. Cinque giorni dopo il sisma, tutti i corpi erano stati estratti dalle macerie, ma il lavoro di ricostruzione e assistenza durò per mesi. Allora, il presidente Sandro Pertini denunciò i gravi ritardi nei soccorsi, sollevando l’urgenza di migliorare le risposte alle emergenze.
Quella tragedia fu il punto di partenza per la nascita, nel 1982, del Dipartimento della Protezione Civile, che oggi coordina le emergenze sul territorio nazionale con rapidità ed efficacia.
Un tributo all’Italia solidale
L’anniversario del terremoto in Irpinia è un’occasione per ricordare non solo il dolore, ma anche la straordinaria solidarietà che unì il Paese. Da ogni angolo d’Italia arrivarono soccorritori e aiuti per sostenere le popolazioni colpite.
I Vigili del Fuoco di Avellino celebrano oggi il coraggio e la dedizione di chi si sacrificò per portare speranza e sollievo in un momento di disperazione, riaffermando il valore della memoria collettiva e dell’impegno civile.
Questa mattina, alle ore 8:35, è stata registrata una lieve scossa di terremoto di magnitudo 2,2 della scala Richter sul Vesuvio, precisamente sul versante di Ottaviano. La scossa, localizzata a una profondità di appena 20 metri, è stata percepita dalla popolazione locale, sebbene senza provocare danni.
Un evento di natura superficiale
La particolarità di questo evento sismico è la sua natura superficiale: essendo avvenuto a una profondità molto ridotta, il movimento del suolo è stato avvertito con maggiore intensità nelle aree circostanti l’epicentro, pur trattandosi di una magnitudo contenuta.
La rete di monitoraggio sul Vesuvio
Il Vesuvio, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, è costantemente sotto osservazione dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Gli eventi sismici di bassa intensità e profondità, come quello di questa mattina, rientrano nelle normali attività vulcaniche e tettoniche dell’area.
Cosa significa per la popolazione
Gli esperti sottolineano che una scossa di questa entità non rappresenta un motivo di preoccupazione. Tali fenomeni sono parte della normale attività geodinamica dell’area vesuviana e non indicano necessariamente cambiamenti significativi nel comportamento del vulcano.
Consigli per la cittadinanza
È sempre utile che la popolazione residente in aree vulcaniche adotti semplici pratiche di prevenzione e segua le comunicazioni ufficiali delle autorità locali e degli enti scientifici.
L’evento odierno, pur avvertito dalla cittadinanza, rientra nella casistica di scosse leggere che non destano particolari allarmi, ma che ricordano l’importanza di vivere consapevolmente in una zona caratterizzata da fenomeni naturali unici.
Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.
Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.
La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.
Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.
Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.