Seguìto mentre rientrava a casa dalla zona dello stadio, avvicinato nel momento in cui era più solo, da un killer che con calma è sceso da una moto – forse uno scooter – e che gli ha sparato cinque colpi andando a segno tre volte, risalendo poi sul mezzo e fuggendo col complice. Non sembra un agguato da dilettanti, ma un ‘lavoro’ da professionisti, quello per mano del quale ha trovato la morte, ieri sera, a Milano, Vittorio Boiocchi, 69 anni, storico capo ultrà dell’Inter, anzi, il quasi indiscusso capo della curva nerazzurra per due decenni, anche se intervallati da lunghissimi periodi di detenzione, scontri con gli altri ‘ras’ e polemiche. Ad ucciderlo, infatti, in base alle testimonianze e alle prime ricostruzioni, due killer che lo hanno freddato nella strada dove abitava, via Fratelli Zanzottera, nel quartiere di Figino, estrema periferia ovest del capoluogo, non troppo lontano dal suo amato stadio di San Siro, dove pare si fosse recato quello stesso pomeriggio e intorno al quale, negli anni, aveva costruito una piccola rete di lucrosi affari illeciti, che si sommavano ad altri, molto più grossi, che portava avanti al di fuori del suo mondo ultras. “Anche perché oggi non è più come 15 anni fa – racconta uno storico bagarino – non si campa più coi biglietti e altre cosette di parcheggio, devi avere una squadra vincente e a livello europeo, devi avere altre cose”. La sua morte ha sconvolto il mondo della tifoseria nerazzurra più estrema, che la sera stessa, con un gesto inedito, e che ha suscitato un vespaio, ha abbandonato la curva ma soprattutto avrebbe costretto tutti i presenti in quella zona dell’anello a fare lo stesso, anche con metodi minacciosi e coercitivi, tanto da far scattare una serie di altri accertamenti alla Digos, che coadiuva la Squadra Mobile nelle indagini. Oggi però è il giorno del cordoglio: “La Curva Nord piange la scomparsa di Vittorio, per tutti ‘Lo Zio’. In questi interminabili attimi di buio e dolore è solo tempo di silenzio”, hanno scritto gli ultras sui social. A carico di Boiocchi c’erano diverse condanne definitive raccolte nel tempo: rapina, traffico di droga e sequestro di persona per le quali aveva trascorso oltre 26 anni in carcere. Era stato anche raggiunto da cinque anni di Daspo a seguito degli scontri avvenuti dopo Inter-Napoli del 2018, l’occasione in cui morì l’ultras del Varese Dede Belardinelli. Lo scorso maggio la Cassazione aveva bocciato il suo ricorso, motivo per cui doveva restare a due chilometri dallo stadio durante le partite (ma prima e dopo poteva avvicinarsi) ed era sottoposto alla ‘sorveglianza speciale di pg’. La Squadra mobile lo aveva arrestato nel 2021 dopo averlo sorpreso con una pistola, manette, taser e una pettorina della Gdf, tutto materiale che è poi risultato essere attrezzatura per commettere un’estorsione. Gli investigatori al momento indagano su varie piste, ma la sensazione prevalente è che questa esecuzione non sia nata da ambienti di tifoserie, ma da altri giri criminali, con cui Boiocchi aveva una lunga frequentazione, anche ad alti – e pericolosi – livelli.