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Caos M5s, Grillo nomina comitato di 7 per Statuto

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Beppe Grillo apre alla mediazione ed annuncia la nomina di un comitato di 7 componenti per studiare modifiche allo Statuto M5s che siano “in linea con i principi e i valori della nostra comunita’”. Ne faranno parte anche Luigi Di Maio, Roberto Fico e Vito Crimi e i tempi per arrivare ad una conclusione saranno “brevissimi”. Nel frattempo ferma pero’ le lancette per la nomina della nuova governance collegiale. E’ un’apertura che arriva nonostante l’affondo di Crimi che aveva autorizzato il voto per il nuovo direttorio, come richiesto dal Garante, lasciando pero’ fuori dalla partita Davide Casaleggio. E formalizzando l’avvio del processo per l’elezione della nuova governance collegiale sul nuovo sito del Movimento (Movimento5Stelle.eu), lasciando fuori anche il blog delle Stelle. Un percorso foriero di nuovi scontri giudiziari (e politici). Con il gia’ preannunciato avvio di una raffica di ricorsi contro le decisioni del reggente. L’apertura di Grillo, che anticipa possibili mosse di Giuseppe Grillo, e’ anche l’effetto del lavoro dei pontieri che nell’ombra hanno continuato a lavorare per evitare il baratro della scissione. Un lavoro portato avanti dallo stesso Luigi Di Maio che non ha abbandonato la speranza di poter raggiungere una tregua. A spingere per la mediazione c’e’ stato anche il lavorio dei parlamentari che nelle assemblee dei gruppi avevano dato mandato ai loro presidenti di farsi portavoce per tentare anche loro una ricomposizione. Tanto che nel Comitato a sette nominato da Grillo ci sono anche i due presidenti dei gruppi di Camera e Senato, Davide Crippa ed Ettore Licheri, oltre la capogruppo in parlamento europeo Tiziana Beghin, e un rappresentate dei ministri, Stefano Patuanelli. La truppa degli eletti che auspicava un ritorno al dialogo ha fatto pressione per far sentire: non ci stava ad essere spettatore passivo di uno scontro su uno Statuto che neppure avevano letto. E non ci stanno ad andare alla conta, alla cieca. Anche al Senato, che era dato in gran parte orientato a propendere verso la “causa” dell’ex premier, un gruppo di 19 senatori ha preso carta e penna per sottoscrivere un appello all’unita’. E’ un gruppo che mette insieme di diversa estrazione, non tutti classificabili tra gli ortodossi puri. Chiedono di andare “oltre le difficolta’ attuali, nella consapevolezza che il Movimento ha necessita’ di innovarsi e ristrutturarsi, nella speranza che le posizioni di Grillo e di Conte si riconcilino” e chiedendo ad entrambi un incontro, a breve. Tra le loro firme c’e’ anche quella dell’ortodosso Danilo Toninelli che oggi dice: “La fiducia nei confronti di Conte da parte di Grillo sembra essere venuta meno. Ma questo non vuol dire che il Movimento e’ morto”. Anche alla Camera si susseguono appelli per cercare una via d’uscita. Lo chiede Giuseppe Brescia, deputato molto vicino alle posizioni di Roberto Fico, l’altro mediatore insieme a Di Maio. Lo chiede Carlo Sibilia, sottosegretario e componente del primo direttorio che esprime il suo “massimo supporto” al percorso di mediazione dei capigruppo: “Servono meno tifoserie, piu’ equilibrio e studio dei regolamenti” dice. Lo chiede Luigi Gallo, deputato della “sinistra” pentastellata che invoca Conte e Grillo a fare “mezzo passo indietro” nella convinzione che “il miracolo sia possibile”. E lo chiede Sergio Battelli: “mediare e’ l’arte della politica e dobbiamo continuare a farlo fino all’ultimo secondo”. E lui, da sempre considerato un dimaiano, mette in guardia: “la riconoscenza e’ un valore che, nella vita come nella politica non deve mancare mai”. E’ una confessione che esplicita i dubbi di molti parlamentari che pur condividendo la necessita’ di rinnovare il M5s come stava facendo Conte, di dare il benservito a Grillo non se la sentono proprio. Conte, dal canto suo, la sua disponibilita’ ad incontrare i parlamentari per condividere le sue proposte per il nuovo Statuto l’ha gia’ data. E Grillo pure. Chissa’ che la partita non si riapra proprio grazie alla pressione degli eletti.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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