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Caccia israeliani attaccano in Siria, decine di morti. Ira di Teheran

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Israele torna a colpire in Siria. Dopo l’attacco dello scorso aprile al consolato iraniano a Damasco che aveva provocato una risposta senza precedenti di Teheran con droni e missili contro lo Stato ebraico, stavolta i jet dell’Idf hanno colpito nella notte tra domenica e lunedì diversi siti militari nella zona di Masyaf, nella provincia centro-occidentale di Hama, causando decine di vittime e suscitando nuovamente l’ira dell’Iran. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, almeno 26 persone sono rimaste uccise nei raid che avrebbero preso di mira, con 14 missili, anche un centro di ricerca che sviluppa armi iraniane, in particolare “droni e missili di precisione”. Tra le vittime identificate, ha aggiunto l’ong con sede a Londra, ci sono 11 miliziani siriani filo-iraniani, 2 combattenti degli Hezbollah libanesi, 4 militari governativi e almeno 5 civili.

I feriti sono almeno 32. Si tratta di “uno dei raid più violenti” condotti da Israele in Siria, ha commentato il direttore Rami Abdel Rahman. L’esercito israeliano, come di consueto, non ha confermato gli attacchi in territorio siriano, mentre Damasco – che ha denunciato la morte di “18 martiri” – ha rivendicato, attraverso l’agenzia ufficiale Sana, di aver “abbattuto alcuni missili” del “nemico israeliano”. Il ministero degli Esteri siriano ha inoltre accusato Israele di “provocare un’ulteriore escalation nelle regione”. Ma è soprattutto Teheran ad alzare i toni nel condannare l’attacco definendolo un atto “criminale” e respingendo le ricostruzioni secondo cui sarebbe stato colpito un sito di produzioni di armi iraniane. “L’affermazione è completamente priva di fondamento”, ha sottolineato il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanani, costretto nelle stesse ore a smentire anche le affermazioni dell’Ue secondo cui la Repubblica islamica sta fornendo missili anche alla Russia per la guerra contro l’Ucraina. “I sostenitori del regime israeliano dovrebbero smettere di armare i sionisti”, ha aggiunto il portavoce invitando le Nazioni Unite a “prendere misure più serie contro i crimini barbari del regime sionista”.

Rifiutando di firmare un accordo per il cessate il fuoco a Gaza, ha quindi proseguito, Israele “sta aprendo le porte dell’inferno”. Lo Stato ebraico ha tuttavia già messo in guardia più volte l’Iran dall’espandersi in Siria e dal continuare ad armare e sostenere i suoi nemici diretti come gli Hezbollah libanesi contro i quali l’Idf ha pronto un “piano operativo”. Dal 7 ottobre di un anno fa, infatti, si sono moltiplicati gli scontri al confine nord di Israele con il lancio di razzi da una parte e raid aerei dall’altra. Caccia ed elicotteri israeliani hanno attaccato anche la scorsa notte strutture militari di Hezbollah nel sud del Libano, ha annunciato l’Idf. I miliziani filoiraniani hanno risposto lanciando droni e colpendo un edificio residenziale nella città costiera di Nahariya, senza provocare vittime.

“L’esercito israeliano opera con forza nel nord ed è a un alto livello di prontezza, con piani operativi ghià fatti per qualsiasi missione necessaria”, ha avvertito il capo di stato maggiore, il generale Herzi Halevi, definendo l’attacco a Nahariya “un incidente grave”. Ma mentre l’esercito si dichiara pronto per il fronte nord, cresce ancora in Israele la richiesta al governo di Benyamin Netanyahu di raggiungere un accordo con Hamas per una tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nella Striscia.

L’ex ministro Benny Gantz, dimessosi lo scorso giugno dal governo di emergenza nato dopo il 7 ottobre in dissenso con il premier, ha avvertito: “Senza un accordo con Hamas per un cessate il fuoco a Gaza, una guerra con Hezbollah è imminente”. “Ascolto il grido delle famiglie degli ostaggi che hanno perso ciò che avevano di più caro. E sto facendo tutto il possibile per riportare a casa gli ostaggi e vincere la guerra”, ha poi dichiarato Netanyahu, dopo un colloquio teso con Elhanan Danino, padre di uno dei sei ostaggi giustiziati nei giorni scorsi da Hamas.

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Criptovalute: Trump lancia piattaforma World liberty financial

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Donald Trump, insieme ai suoi figli ha lanciato una nuova piattaforma di criptovaluta, che dovrebbe competere con le istituzioni finanziarie tradizionali. World Liberty Financial intende offrire diversi servizi basati sulla cosiddetta finanza decentralizzata, un meccanismo che non utilizza piu’ un intermediario come una banca per effettuare transazioni con terzi. La finanza decentralizzata o DeFi si basa sulla tecnologia “blockchain”, che mantiene un registro delle transazioni teoricamente inviolabile, visibile a tutti. World Liberty Financial consentira’ di prestare e prendere in prestito criptovalute da altri utenti, un servizio che gia’ offrono molte piattaforme, una delle piu’ conosciute e’ Aave. “Questo e’ l’inizio di una rivoluzione finanziaria”, ha detto su X Donald Trump Jr., il figlio maggiore del candidato repubblicano alle presidenziali. Zachary Folkman e Chase Herro, capi del progetto, imprenditori gia’ affermati nel settore delle criptovalute, hanno indicato che la piattaforma utilizzera’ principalmente “stablecoin”, che sono garantiti da una valuta tradizionale, molto spesso il dollaro. Di conseguenza, il loro valore e’ stabile e sono esenti dalle fluttuazioni a volte brutali sperimentate dalla maggior parte delle altre valute digitali.

World Liberty Financial cerca di attirare quante piu’ persone possibile verso le criptovalute, “non per correre molti rischi sul prossimo bitcoin, ma per utilizzare le stablecoin e generare interessi o ottenere liquidita’”, ha spiegato Zachary Folkman. Nel secondo caso, l’utente deposita criptovalute come garanzia per ottenere un prestito di importo maggiore. Il progetto prevede anche la vendita, in un secondo momento, di token, che daranno diritto a partecipare alla governance della piattaforma e non potranno essere rivenduti. “Il 63% circa sara’ messo in vendita al pubblico, ha spiegato Corey Caplan, consulente del progetto, anche se non e’ stato comunicato alcun programma di rilascio. Inizialmente molto critico nei confronti delle criptovalute, da lui definite addirittura una “truffa”, Donald Trump ora ha cambiato radicalmente la sua posizione, al punto da presentarsi ora come un paladino delle valute digitali. Durante un’importante conferenza di settore alla fine di luglio a Nashville (Tennessee), ha promesso che, se rieletto, sarebbe stato “il presidente pro-innovazione e pro-bitcoin di cui l’America ha bisogno”. Donald Trump si schiera quindi in posizione opposta rispetto al governo Biden, favorevole ad una regolamentazione severa del settore.

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Meta bandisce Rt e altri media russi dalle sue piattaforme

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Meta ha dichiarato di aver bandito Rt, Rossiya Segodnya e altre reti di media statali russe dalle sue piattaforme. “Dopo un’attenta riflessione, abbiamo ampliato la nostra applicazione in corso contro media statali russi: Rossiya Segodnya, Rt e altre entità correlate sono ora bandite dalle nostre app a livello globale per attività d’interferenza straniera”, ha affermato oggi in un comunicato la società proprietaria di Facebook e Instagram.

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Bus si schianta in Perù, ‘6 italiani gravemente feriti’

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Sei italiani e altre decine di turisti sono rimasti gravemente feriti in Perù quando il loro autobus si è schiantato mentre scendeva dall’antica cittadella Inca di Machu Picchu, ha detto la polizia locali. L’autista avrebbe perso il controllo e il mezzo è precipitato fuori dalla strada di montagna a zigzag che collega il sito storico con la città turistica di Aguas Calientes, cadendo per circa 15 metri.

“Abbiamo 30 turisti feriti: sono stati tutti portati a Cusco”, ha detto un funzionario di polizia peruviana. Subito dopo l’incidente, le autorità e i residenti locali sono accorsi in aiuto dei turisti per aiutarli a raggiungere il centro sanitario della città. Almeno 20 persone tra cui italiani, cileni e guatemaltechi sono stati ricoverati in ospedale per fratture ossee. Sono rimasti feriti anche cinque cittadini messicani, due giapponesi e un cinese. La polizia ha aperto un’indagine sull’incidente.

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