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Buon compleanno a Trapattoni, 80 anni tra fischi e scudetti

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Il primo compleanno tondo senza calcio.  Giovanni Trapattoni è arrivato agli 80 anni trovandosi per la prima volta senza impegni legati alla sua incredibile carriera di giocatore e allenatore. Se i 70 li aveva festeggiati sulla panchina dell’Irlanda, per nulla intenzionato a smettere, questo nuovo traguardo lo trova nell’inconsueto ruolo di spettatore, anche se il derby della Madonnina di domani sera sembra fatto apposta per celebrarlo. Lasciati nel 2013 i panni del tecnico, smessi anche quelli del commentatore, il Trap di recente si e’ gettato a capofitto sul digitale, aprendo un sito e dicendo la sua sui social, per quello che ha definito “un nuovo capitolo della mia vita”, dedicato soprattutto ai giovani. Una vita che, in oltre 60 anni sul verde del prato, ne ha viste di tutti i colori. Dal calcio di Rocco a quello di Guardiola, passando attraverso facce e stili diversi, mai venendo meno al suo. Inconfondibile, colorito, istrionico: dall’acqua santa agli show in un maccheronico tedesco diventati cult. Nato sotto il segno dei pesci a Cusano Milanino il 17 marzo 1939, Trapattoni e’ rimasto sulla breccia per oltre mezzo secolo: simpatico e dotato di spiccato buon senso, e’ stato prima un giocatore di successo, e poi un allenatore tra i piu’ vincenti della storia del pallone, non solo quello made in Italy. Gia’, perche’ la curiosita’ e il coraggio, e una modernita’ ante-litteram, lo hanno portato a superare i confini nazionali tante volte, anche quando non era piu’ un ragazzo. Da giocatore la sua carriera si e’ tinta di rossonero: tredici le stagioni al Milan dal 1957 fino al ’71.

Mediano robusto e caparbio, nonostante la taglia small ma anche difensore e terzino quando serviva, il Trap e’ stato uno degli uomini simbolo del Milan allenato da Rocco, con cui vinse praticamente tutto. Due scudetti, altrettante Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe ed una Coppa intercontinentale, oltre alla Coppa Italia del 1967. Numeri record, collezionando ben 274 partite di campionato e 351 in gare ufficiali. Ma non sono solo sterili cifre a rendere grande un calciatore, perche’ quello lo ‘riconosci dal coraggio’: e il giovane Trapattoni ne ha avuto sempre tanto, non solo quando in un pomeriggio del maggio 1963 a San Siro si rese protagonista di una delle piu’ celebri marcature della storia del pallone. Lo stop a Pele’ e’ diventato leggenda e il Trap l’unico carnefice del fuoriclasse brasiliano. Difficile mettere in soffitta una storia cosi’: ma la fine del calcio giocato (con 17 presenze in nazionale) ha segnato per Trapattoni l’inizio di un’era altrettanto gloriosa. Quella di allenatore: l’esordio nel ’74 naturalmente con il Milan. Ma i successi veri in panchina arrivano con la Juventus: un decennio, dal 1976, segnato da sei scudetti e zeppo di trionfi anche europei, con la tragedia dell’Heysel triste tappa del suo inarrestabile cammino. Un passaggio all’Inter, condito dallo scudetto e poi un ritorno alla Juve, anche se meno glorioso. Nel 1994 la prima avventura oltre confine, al Bayern Monaco. Poi il ritorno in Italia al Cagliari e di nuovo nel club bavarese dal 1996 al 1998. Due anni alla Fiorentina e poi il quadriennio sulla panchina azzurra.

Un mondiale e un europeo conclusi senza gloria, e non senza qualche brutta figura. Tanto che in molti lo avevano gia’ messo in archivio: ‘Il Trap e’ bollito’. Vecchia la sua tecnica difensivistica, superato il suo calcio. Peccato che abbia continuato ad allenare e a vincere, in Portogallo col Benfica, in Austria col Salisburgo, prima di approdare per cinque lunghi e proficui anni sulla panchina dell’Irlanda. Alla guida dei ‘Ragazzi in verde’ festeggio’ le 70 primavere, patendo poi l’amara esclusione dal Mondiale 2010 a causa dello scandaloso mani di Henry che favori’ la vittoria della Francia nello spareggio. Nel 2013 si dimise da ct dopo aver mancato la qualificazione al torneo iridato in Brasile ma anche fuori dal campo e’ rimasto personaggio, diventando commentatore tv. Complice la sua esuberanza verbale – rimane storica la conferenza stampa del 10 marzo 1998 quando in Germania la rabbia per la sconfitta della sua squadra si trasformo’ in uno show esilarante con il giocatore Strunz malcapitato protagonista – le sue idee e i suoi commenti sono diventate ‘il Trap pensiero’. E sono ormai aforismi frasi del tipo ”Mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Nel 2015 divento’ anche il titolo della autobiografia, sunto di aneddoti spesso sconosciuti di una carriera inimitabile, “tra calci e fischi”.

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Coppa Davis: Italia in finale per la seconda volta consecutiva

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In doppio o in singolare, Matteo Berrettini e Jannik Sinner non tradiscono. Dopo aver eliminato in coppia la ostica Argentina, il romano e l’altoatesino, cosi’ diversi e cosi’ simili, prendono per mano l’Italtennis per regalarle la seconda finale consecutiva. Nella seconda semifinale, sul veloce indoor del Palacio de Deportes Jose’ Maria Martin Carpena di Malaga, gli azzurri hanno sfruttato i due singolari per battere 2-0 l’Australia nel remake della finale dello scorso anno.

Dopo la vittoria sofferta di Matteo Berrettini (35 Atp) su Thanasi Kokkinakis (77) per 6-7(6) 6-3 7-5, maturata in due ore e 46 minuti di gioco, a chiudere i conti e’ stato Jannik Sinner, leader del ranking mondiale, che nel match tra i numeri uno ha superato Alex de Minaur (9) con il punteggio di 6-3 6-4 in un’ora e 29 minuti di una partita mai in bilico. “Iniziare avanti 1-0 e’ diverso, grazie Matteo (Berrettini, ndr) e a tutti gli italiani qui – ha detto a caldo il fuoriclasse di San Candido – E’ bello tornare in finale. la Davis mi da’ una delle sensazioni migliori di sempre, e’ stato un match difficile oggi, sono felice di come sia andata”.

“Qui e’ come giocare in Italia – ha ammesso Berrettini – Adoro giocare in Davis, mi piace qeusta atmosfera, spero di giocare ancora di piu’ in nazionale nei prossimi anni”. “Matteo e Jannik hanno espresso un livello di tennis incredibile, ma abbiamo ancora uno step da fare”, ha sottolineato il capitano Filippo Volandri proiettandosi verso la finale di domani contro l’Olanda (ore 16).

Olanda che domani, contro i campioni uscenti, vivra’ la sua prima finale in Davis della sua storia. Fa bene Sinner ad avvertire che nel tennis non esiste nulla di scontato: dopo aver eliminato la Germania, gli Oranje di Haarhuis daranno di certo tutto in campo: Tallon Griekspoor, n.40 Atp, Botic van de Zandshulp, 80, e il doppista Wesley Koolhof, alla sua ultima apparizione da professionista, non saranno clienti facili. L’Italia pero’ ha un Sinner in piu’ nel motore, un campione che sta tornando come Berrettini, un ottimo giocatore come Lorenzo Musetti e la coppia Bolelli-Vavassari pronta all’occorrenza.

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Coppa Davis, Sinner: è stata dura, magnifico tornare in finale

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“E’ stata dura ma con tanti tifosi italiani in tribuna e un’atmosfera così è piu’ facile far bene”: lo ha detto Jannik Sinner dopo il successo su Alex De Minaur che ha regalato all’Italia la seconda finale di Coppa Davis di fila. “Matteo ha lottato e portato il primo punto, io volevo chiudere ed è andata bene”, ha aggiunto, “è magnifico essere di nuovo in finale dopo un anno. Daremo il 100% con l’Olanda e vedremo come andra’”. “Grazie mille a tutti!”, ha aggiunto in italiano rivolgendosi al pubblico. Sinner si conferma bestia nera di De Minaur: il punteggio di 6-3, 6-4 e’ stato più combattuto del 6-3, 6-0 della finale di Davis di un anno fa e speculare al 6-3, 6-4 rifilato all’australiano alle Finals di Torino. L’altoatesino ha una striscia aperta di vittorie in singolare (13, complessivamente sono 72 nel 2024) e in Davis non perde da due anni ed e’ reduce da 8 successi di fila tra singolo e doppio.

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Coppa Davis: Sinner batte De Minaur, Italia in finale

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L’Italtennis si qualifica per l’ultimo atto delle Davis Cup Finals. Nella seconda semifinale, sul veloce indoor del Palacio de Deportes José Maria Martin Carpena di Malaga, gli azzurri hanno sfruttato i due singolari per battere 2-0 l’Australia nel remake della finale dello scorso anno. Dopo la vittoria sofferta di Matteo Berrettini (35 Atp) su Thanasi Kokkinakis (77) per 6-7(6) 6-3 7-5, maturata in due ore e 46 minuti di gioco, a chiudere i conti è stato Jannik Sinner, leader del ranking mondiale, che nel match tra i numeri uno ha superato Alex de Minaur (9) con il punteggio di 6-3 6-4 in un’ora e 29 minuti di partita. Domani la squadra del ct Filippo Volandri, campione uscente, se la vedrà con l’Olanda, che ieri aveva eliminato la Germania per 2-0 nella prima semifinale.

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