Un veloce consulto con gli uomini della sua maggioranza, e poi l’indicazione, “si va avanti”, lasciata filtrare da Luigi Brugnaro per far capire che lui, nonostante il coinvolgimento nell’inchiesta per corruzione in Comune a Venezia, non ha alcuna intenzione di dimettersi. “Non capiamo perché sia indagato, non ci sono state perquisizioni e sequestri, abbiamo ricevuto solo una pagina e mezza di avviso di garanzia” dice Alessandro Rampinelli, l’avvocato del sindaco, indagato per ipotesi corruttive relative alla vendita (mai avvenuta) dell’area dei Pili, 41 ettari di laguna di sua proprietà.
“Non riusciamo a capire il senso dell’accusa – aggiunge Rampinelli -, per noi è inimmaginabile sentir parlare di corruzione. Non riusciamo a spiegarci il perché. Il sindaco è esterrefatto”. Intanto l’assessore Renato Boraso, uno dei soli due indagati finiti in carcere nel blitz di ieri della Gdf , è pronto a rassegnare le dimissioni dalla giunta. Il politico veneziano lo ha detto oggi al suo avvocato, Umberto Pauro, che lo ha incontrato nella casa di reclusione di Padova.
“Il meccanismo delle dimissioni non è così immediato – ha detto il legale – Pauro – alla luce delle procedure e della sua situazione detentiva. Ma sta assolutamente valutando questa ipotesi”. Quanto alle accuse mosse dalla Procura a Brugnaro, più che la vicenda dei Pili, e della vendita a prezzo stracciato di Palazzo Donà e Palazzo Papadopoli (proprietà comunali) al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, è la questione del blind trust delle proprietà di Brugnaro quella su cui la Procura vuol fare luce.
Per capire, in sostanza, se non vi siano state opacità nella gestione, e se effettivamente il fondo ‘cieco’ creato nel 2017 abbia impedito al sindaco di influenzare le scelte sulle future lottizzazioni fatte dalla Giunta. Intanto Brugnaro, pur non partecipando al Consiglio Comunale tenutosi questo pomeriggio, – già calendarizzato su altri argomenti – ha fatto sentire la sua voce.
“Sarò io stesso – ha scritto in un messaggio letto in apertura – a chiedere di inserire all’ordine del giorno la questione, in uno dei prossimi Consigli Comunali, per riferire a voi consiglieri e a tutta la città, non tanto sulle questioni giudiziarie, che saranno affrontate nella sede loro propria, quanto sulle questioni di natura politica ed amministrativa collegate ed inerenti all’indagine”.
“Non oggi – ha aggiunto – perché non ho alcuna intenzione di trasformare l’aula in un campo di battaglia”. Naturalmente il clima nell’aula di Ca’ Loredan è stato infuocato comunque, con le opposizioni a chiedere le dimissioni di Brugnaro. Tensioni, fischi e interruzioni del dibattito sono seguite alla lettura del messaggio del sindaco. Con le opposizioni che hanno lasciato l’aula consiliare per protesta. Nel frattempo si avvicina il momento degli interrogatori di garanzia per i due arrestati: l’assessore Boraso, e Fabrizio Ormenese, uno degli imprenditori amici con i quali – secondo le accuse della Procura – Boraso discuteva spesso di mazzette per agevolare questa o quell’altra pratica.
I due saranno sentiti in carcere venerdì dai sostituti procuratori Roberto Terzo e Federica Baccaglini. Nell’incontro in carcere a Padova, l’avvocato Pauro ha detto di aver trovato Boraso “provato dalla vicenda, soprattutto pensando alla famiglia, alla moglie e ai tre figli, ma allo stesso modo determinato nel voler provare la correttezza del proprio operato di amministratore”. “Domani – ha aggiunto – cominceremo a studiare le carte in attesa dell’interrogatorio di garanzia che sarà un momento per fare chiarezza”. Nell’inchiesta sono indagate, a vario titolo, 22 persone, tra le quali anche il capo e vice capo di gabinetto di Brugnaro, Morris Ceron e Derek Donadini.