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Bozza delle Autonomie al vaglio delle Regioni, c’è già un braccio ferro

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Qualche governatore di fronte al testo ufficiale della bozza della legge quadro sull’Autonomia ha schiumato rabbia. Ha avuto come la sensazione che siano stati buttati via quasi due anni di lavoro per arrivare ad un quadro normativo condiviso. Ora però saranno le prossime settimane a dire quale sarà il grado di soddisfazione reale da parte dei presidenti. Per ora c’è già un giudizio decisamente negativo espresso dal governatore del Veneto Luca Zaia. Il testo della legge quadro, già ampiamente anticipato in più di un’occasione dal ministro Francesco Boccia, si fonda sull’architrave del principio di sussidiarietà tra i territori, ma anche – e questa è in qualche modo una delle novità di rilievo – su un ruolo più da protagonista delle città metropolitane. Nel frattempo la già fitta agenda del ministro Boccia conterrà anche un appuntamento clou venerdì 15 novembre in occasione di una riunione straordinaria della Conferenza Stato-Regioni.

Governatori del Nord. Attilio Fontana (Lombardia) con Luca Zaia (Veneto)

La bozza della legge quadro sottolinea che le intese tra lo Stato e le Regioni si conformano agli obiettivi e alle modalità di attuazione, per le materie oggetto di attribuzione, dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), anche se in questa fase il finanziamento delle funzioni verrà calcolato sulla base dei fabbisogni standard. Il testo avverte poi che in caso di mancata determinazione dei Lep, degli obiettivi di servizio e dei fabbisogni standard – entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge – le funzioni e le relative risorse verranno attribuite sulla base del riparto delle risorse gia’ iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente. Ancora relativamente ai Lep, agli obiettivi di servizio e ai fabbisogni standard, la bozza della legge quadro prevede che questi vengano individuati con uno o piu’ decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio e del ministro per gli Affari regionali di concerto con il ministro dell’Economia, entro 12 mesi della entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa.

Altra novità, anch’essa annunciata nei giorni scorsi, riguarda l’introduzione di un Commissario ad hoc che potrà contare su una struttura di missione istituita presso la Presidenza del Consiglio. Questi, dopo l’approvazione dei Lep, degli obiettivi di servizio e dei fabbisogni standard dovra’ occuparsi, tra l’altro, della messa a punto dei decreti riguardanti i beni e le risorse finanziarie, umane e strumentali legate alle funzioni attribuite ai sensi del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Il tutto con il contributo dei rappresentanti indicati di volta in volta dalle regioni interessate. La bozza della legge quadro non e’ piaciuta al governatore del Veneto Luca Zaia, che ha giudicato il documento “non sottoscrivibile”, rendendo noto di aver “rimesso tutto e rapidamente in mano ai tecnici perche’ o si arriva a una soluzione sostenibile nel senso di una vera Autonomia – e allora vale la pena discutere – oppure quel testo noi non lo sottoscriveremo”. Pronta la risposta del ministro Boccia, che ha tenuto a ricordare che “le bozze di una norma solitamente non devono essere sottoscritte ma discusse”, non senza puntualizzare di essere “sicuro che le miglioreremo insieme”.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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