Collegati con noi

Cronache

Bimbo morto a Sharm, è ancora giallo sulle cause

Pubblicato

del

Dubbi e interrogativi continuano a circondare la morte del piccolo Andrea Mirabile, il bimbo di 7 anni di Palermo deceduto a Sharm el Sheikh in seguito a quella che sembrava una intossicazione alimentare. Ma che a causare la tragedia sia stata il cibo e’ tutto da vedere e proprio per far luce sul giallo la Procura di Palermo, che oltre a quella egiziana indaga sul caso, sentira’ nei prossimi giorni i genitori di Andrea, Rosalia Manosperti e Antonio Mirabile. I pm, che per la convocazione della coppia attendono la celebrazione dei funerali del figlio fissata per domattina nella chiesa di San Basilio, vogliono ricostruire precisamente tutte le tappe della vacanza. A partire dai luoghi in cui sono stati – ci sarebbe stata ad esempio una gita in barca col bambino – fino ai locali frequentati e al cibo mangiato nel resort. I Mirabile hanno raccontato di aver pranzato e cenato solo al Sultan Garden, l’albergo 5 selle sulle rive del Mar Rosso, e mai fuori dalla struttura. Inoltre la coppia ha precisato di aver spesso scelto il ristorante a la carte invece del buffet. Ma, secondo quanto accertato, nessun ospite del resort sarebbe stato male. Inoltre a lasciare perplessi gli inquirenti sono i sintomi avvertiti prima da Andrea e poi dai genitori, che hanno escluso di avere avuto dissenteria. Antonio Mirabile, che nei giorni della morte del figlio era ricoverato in Rianimazione all’ospedale internazionale di Sharm, ha avuto gravi problemi renali. “Gli abbiamo diagnosticato una insufficienza renale e una infezione alle vie urinarie”, dicono i medici del Policlinico di Palermo che lo hanno in cura da quando, con un aereo-ambulanza e’ stato trasferito nel capoluogo. Una diagnosi che potrebbe far ipotizzare una intossicazione “ambientale” o da contatto piu’ che una intossicazione alimentare. Oggi l’uomo dovrebbe lasciare l’ospedale per poter partecipare ai funerali del figlio, ma le sue condizioni continueranno a essere monitorate. Sul corpo di Andrea sono state effettuate due autopsie; una a Sharm, subito dopo il decesso, una a Palermo, ieri. Per conoscere gli esiti degli esami egiziani, effettuati da un collegio di periti venuti da Suez, si dovra’ attendere almeno un mese anche se le autorita’ hanno assicurato che accelereranno i tempi. Ci vorra’ del tempo anche per l’esame autoptico effettuato a Palermo perche’ i medici legali dovranno esaminare i campioni di tessuto prelevati dagli organi. Andrea e la sua famiglia hanno cominciato a star male venerdi’ 1 luglio. Vomito e nausea che non passavano hanno spinto i genitori a rivolgersi alla guardia medica che si trova vicino al resort. I sanitari li hanno dimessi dopo aver prescritto loro un farmaco contro le intossicazioni alimentari. Ma le condizioni del bambino e del padre non accennavano a migliorare e sabato Rosalia ha chiamato l’ambulanza. Andrea e’ morto prima di arrivare all’ospedale internazionale di Sharm nonostante vari tentativi di rianimazione. Il padre e’ stato ricoverato per giorni in Rianimazione tenuto in coma farmacologico. L’intervento dell’Ambasciata italiana a Il Cairo e del Consolato, ai quali si era rivolta Rosalia Manosperti chiedendo aiuto per poter rientrare presto in Italia, ha consentito il rientro della salma in tempi brevi e il trasferimento di Mirabile al Policlinico di Palermo. Ancora molto provati i genitori del bimbo. “La signora non parla neppure con i familiari”, ha detto il loro legale, l’avvocato Gabriele Giambrone che ha nominato suoi consulenti per l’esame autoptico.

Advertisement

Cronache

Il culto di Medjugorje: tra devozione popolare e cautela del Vaticano

Pubblicato

del

Anni fa, mentre si trovava in Argentina, il cardinale Victor Manuel Fernandez propose di collocare alcune edicole votive dedicate alla Madonna lungo le strade della sua diocesi. La prima immagine suggerita dai fedeli fu quella della Madonna di Medjugorje. Nonostante una suora avesse sollevato dubbi sull’approvazione della Chiesa riguardo a tale devozione, il vescovo tagliò corto con una frase significativa: “Ma che male può fare?”. Oggi, da prefetto dell’ex Santo Uffizio, con l’avallo di papa Francesco, Fernandez ha autorizzato la devozione per la Madonna di Medjugorje.

Il culto della Madonna di Medjugorje ha avuto inizio nel 1981, quando sei bambini riferirono di aver visto la “Regina della Pace” apparire nella piccola cittadina della Bosnia Erzegovina, all’epoca parte della Jugoslavia. Da allora, Medjugorje è diventata una meta di pellegrinaggio globale, attirando oltre 50 milioni di fedeli. Tuttavia, Roma ha sempre mostrato cautela nei confronti di queste apparizioni. Nonostante l’autorizzazione recente, il Vaticano non riconosce ufficialmente il carattere soprannaturale delle visioni, ma approva la “esperienza spirituale” che esse generano. “Non accogliamo questi messaggi come rivelazioni private, perché non abbiamo la certezza che siano messaggi della Madonna”, ha dichiarato Fernandez, “ma come testi edificanti”.

Il cammino per arrivare a questa decisione è stato lungo e accidentato. Il primo vescovo locale negò la veridicità delle apparizioni, e le tensioni tra i francescani e la diocesi, inizialmente di natura immobiliare, furono esacerbate dal fenomeno delle apparizioni. Negli anni successivi, il Vaticano avanzò dubbi, parlando di possibili “eresie e scismi”. Nel 2010, papa Benedetto XVI incaricò una commissione guidata dal cardinale Camillo Ruini, che espresse ulteriori perplessità. Nel frattempo, intorno a Medjugorje si era sviluppato un florido business di pellegrinaggi, alberghi e gadget religiosi, mentre alcuni scandali personali e abusi sessuali complicavano ulteriormente il quadro.

Papa Francesco, pur esprimendo ironia sulla frequenza delle apparizioni, a volte paragonandola a una “Madonna postina”, ha riconosciuto i “frutti positivi” della devozione: conversioni, guarigioni, riavvicinamenti alla fede e la riscoperta della preghiera e della messa da parte di milioni di fedeli. Questo ha portato alla decisione di autorizzare il culto pubblico, già anticipata dall’approvazione ufficiale dei pellegrinaggi qualche anno fa. L’arcivescovo Aldo Cavalli, nominato visitatore apostolico, sta vigilando attentamente su eventuali abusi legati al business dei pellegrinaggi, mentre il dicastero per la Dottrina della fede ha messo ordine negli innumerevoli messaggi attribuiti alla Vergine, approvando solo quelli in linea con il magistero della Chiesa.

In definitiva, i “frutti positivi” del culto di Medjugorje sono stati riconosciuti e separati dalle figure dei veggenti, che ora non sono più considerati i mediatori centrali di questo fenomeno. Con queste precauzioni, come direbbe il cardinale Fernandez, “che male può fare?”

Continua a leggere

Cronache

Saverio Amato, il bagnino di Venezia punito per aver salvato una turista tedesca

Pubblicato

del

A Venezia, una turista tedesca di settant’anni ha rischiato la vita mentre faceva il bagno, colta da un malore improvviso. A salvarla è stato il bagnino Saverio Amato, che, dalla sua torretta di sorveglianza, si è tuffato immediatamente in acqua per soccorrerla e riportarla in salvo. Una scena che potrebbe sembrare ordinaria, se non fosse che l’eroico gesto di Amato è stato seguito da una sanzione di 1.032 euro, quasi tutto il suo stipendio mensile. La colpa? Non aver segnalato tempestivamente l’incidente alla Capitaneria di porto, nonostante avesse avvisato il 118.

Questa vicenda rappresenta perfettamente la figura dell’Eroe Multabile: una persona che compie un gesto esemplare, ma che, per una ragione burocratica, si ritrova punita invece che premiata. Tre estati fa, lo stesso Saverio Amato aveva salvato altri bagnanti e in quell’occasione ricevette una lettera d’encomio. Questa volta, però, ha ricevuto solo una multa. Ironico, se non fosse amaro.

L’episodio solleva una riflessione più ampia sulla nostra società, in cui il rispetto rigido delle norme burocratiche sembra prevalere su ogni altro principio, anche quando questo porta a punire chi si comporta con altruismo e senso del dovere. Come sosteneva Leo Longanesi, forse sulla bandiera italiana bisognerebbe aggiungere la frase «Tengo famiglia» e, oggi, anche «e penso ai fatti miei». Perché chiunque decida di fare di più, di prendersi una responsabilità che esula dai propri compiti strettamente regolamentati, rischia di trovarsi invischiato in lungaggini legali o, peggio, sanzionato.

Saverio Amato, con il suo gesto istintivo di salvare una vita, ha agito con coraggio e prontezza. Eppure, il suo intervento ha scatenato una reazione che lo ha trasformato da eroe a multato. Si spera che almeno la turista tedesca, riconoscente, decida di farsi carico della sanzione, ma la questione di fondo resta: in una società dove chi si assume una responsabilità viene punito, non c’è da sorprendersi se il lamento e lo scaricabarile rimangono le uniche azioni che non vengono mai sanzionate.

Continua a leggere

Cronache

Camorra: il pentimento shock di Luisa De Stefano, la boss del rione Pazzigno

Pubblicato

del

È un vero colpo di scena quello che emerge dalle aule di giustizia napoletane: Luisa De Stefano, leader indiscussa del gruppo camorristico delle “pazzignane”, ha deciso di collaborare con la giustizia dopo otto anni di detenzione. La notizia, riportata oggi dal Corriere del Mezzogiorno, getta nuova luce sulle dinamiche criminali di San Giovanni a Teduccio, rione di Napoli Est, dove il gotha della camorra era solito emettere le sue sentenze di morte.

Il nome di Luisa De Stefano è stato associato a crimini. Siamo in un quartiere dove sono stati commessi due omicidi di spicco  nel 2016: quello di Francesco Esposito, affiliato al gruppo Piezzo, e di Raffaele Cepparulo, scissionista del rione Sanità. Quest’ultimo agguato, avvenuto in un circolo ricreativo di via Cleopatra, costò la vita anche all’innocente Ciro Colonna, appena 19enne. De Stefano, durante una serie di udienze, ha ammesso le proprie responsabilità e ha iniziato a fornire dettagli preziosi sul ruolo del suo gruppo e dei clan rivali.

Secondo le prime dichiarazioni della neo pentita, le riunioni per decidere le sorti delle vittime avvenivano su una scala condominiale, fuori dall’abitazione di Ciro Rinaldi, storico capo dell’omonimo clan. Luisa De Stefano, tuttavia, poteva permettersi il lusso di dare del tu ai capi della malavita e di partecipare attivamente alle decisioni di vita e di morte.

Il suo pentimento, consumato in due udienze consecutive, potrebbe rappresentare un duro colpo per il cartello criminale di Napoli Est e segnare un’importante svolta nelle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto