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Esteri

Biden fa l’anti-cinese e minaccia di boicottare le Olimpiadi invernali di Pechino

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Boicottare le Olimpiadi invernali di Pechino in programma da 4 al 13 febbraio 2022, quelle che gli attivisti per la difesa dei diritti umani hanno gia’ ribattezzato ‘Genocide Games’. La tentazione di Joe Biden e’ forte, quella di una prova di forza clamorosa per inviare un messaggio inequivocabile all’autocrate Xi Jinping: gli Stati Uniti non resteranno a guardare di fronte alle gravissime persecuzioni etniche in atto in Cina, a partire da quello che la stessa Casa Bianca non ha esitato a definire “il genocidio degli uiguri”. Secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre un milione di persone appartenenti a questa popolazione e ad altre minoranze di fede musulmana sono tenute prigioniere nei campi di lavoro forzato nella regione dello Xinjiang. Ma non e’ il solo caso di violazione dei diritti umani che viene contestato al gigante asiatico, basti pensare alla repressione dei diritti e delle liberta’ ad Hong Kong e all’annosa questione del Tibet. Una situazione intollerabile per il presidente americano, che ha fatto della lotta alla repressione delle liberta’ nel mondo un caposaldo della nuova politica estera della Casa Bianca, che si tratti di Cina, Russia o Arabia Saudita. Cosi’ il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha confermato che gli Stati Uniti stanno valutando con gli alleati azioni comuni, compresa l’ipotesi di boicottare i Giochi di Pechino 2022, sottolineando che un “approccio coordinato non sarebbe solo nel nostro interesse, ma anche nell’interesse dei nostri partner”. Una decisione non e’ stata ancora presa, ha chiarito. Ma le sue dichiarazioni hanno comunque fatto infuriare il governo cinese, tanto che la Casa Bianca in serata e’ stata costretta a gettare acqua sul fuoco, spiegando come al momento non vi sia alcuna discussione in corso su un possibile boicottaggio. Pechino ha minacciato una “risposta forte” contro i Paesi che eventualmente dietro il pressing degli Usa decidessero di snobbare l’evento, col rischio di rappresaglie politiche ed economiche. “La comunita’ internazionale non accettera’ una cosa simile”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijia, sottolineando come “la politicizzazione dello sport e’ contraria allo spirito olimpico e danneggia gli interessi degli atleti di tutti i Paesi”. In effetti se Biden vorra’ andare avanti nel proporre forme di boicottaggio dei Giochi di Pechino dovra’ fare i conti anche con il Comitato Olimpico e Paraolimpico Usa, che ha gia’ bocciato l’ipotesi di una linea dura: “Sarebbe una decisione che colpisce solo gli atleti senza risolvere effettivamente alcun problema globale”, ha ammonito la presidente del comitato Susanne Lyons. Un freno all’ipotesi del boicottaggio e’ sembrato arrivare anche da Berlino, dove una portavoce del governo tedesco ha confermato i colloqui con gli americani e gli altri alleati sottolineando pero’ come in generale valga “il principio dell’autonomia dello sport”. Due, secondo gli esperti, gli scenari possibili, con quello di un boicottaggio sportivo ed economico (sponsor e diritti tv) poco probabile. Piu’ percorribile invece la strada del boicottaggio diplomatico, col rifiuto di inviare a Pechino i rappresentanti del proprio governo, una soluzione che probabilmente vedrebbe dalla parte degli Usa il Canada, il Regno Unito, l’Australia e alcuni Paesi europei, ma non gli alleati asiatici come il Giappone, la Corea del Sud e l’India.

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Esteri

Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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