Dopo l’apertura di Parigi, gli Stati Uniti chiudono la porta a Kiev sui caccia per contrastare l’invasione russa in Ucraina. Il presidente Joe Biden ha escluso l’opzione rispondendo con un secco “no” alla domanda se fosse favorevole all’invio di F16, subito dopo aver annunciato un prossimo viaggio in Polonia senza specificare se sarà in occasione dell’anniversario della guerra, il 24 febbraio. Dopo la Germania, si allarga quindi il fronte dei contrari ai jet – almeno per ora – al quale si accoda anche Londra.
Perché gli aerei britannici “sono estremamente sofisticati e richiedono mesi di addestramento”, quindi “crediamo non sia pratico fornirli all’Ucraina”, ha tagliato corto Downing Street. Persino l’amica Polonia esclude che a Varsavia si stia parlando di fornire caccia, dopo essere stata capofila nella campagna per assicurare l’arrivo dei tank occidentali in Ucraina: “Al momento non ci sono discussioni ufficiali sul trasferimento di F16”, ha affermato il vice ministro della Difesa Wojciech Skurkiewicz. Kiev però non demorde e tira fuori i numeri: servono almeno 200 caccia per difendere i cieli del Paese, secondo il portavoce dell’Aeronautica ucraina Yuriy Ignat, che ha aggiunto come “al momento l’F16 sia il candidato più probabile per sostituire i vecchi aerei sovietici” in uso nel Paese. Il ministro della Difesa ucraino Oleksy Reznikov intanto è volato a Parigi, dove ha ottenuto la conferma che per la Francia parlare di caccia a Kiev “non è un tabù”, secondo le parole dell’omologo Sebastien Lecornu.
E dopo aver incassato una nuova fornitura francese di 12 cannoni Caesar oltre ai 18 già consegnati, Reznikov si è detto “ottimista” su una futura fornitura degli aerei. Anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha fatto sapere che Kiev sta già “conducendo negoziati attivi per sbloccare” missili a lungo raggio e caccia dall’Occidente, ma è chiaro che la questione dei jet è ancor più difficile di quella già spinosa dei tank, ottenuti da Kiev dopo giorni di fuoco prima degli annunci di Germania e Stati Uniti. Proprio sui carri armati Kuleba ha previsto l’arrivo dai 120 ai 140 mezzi in una “prima ondata” di consegne da una coalizione di 12 Paesi, per le quali bisognerà però aspettare almeno la primavera. Che le armi all’Ucraina siano necessarie per far finire la guerra lo ha sottolineato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, affermando che “il sostegno politico, economico e militare all’Ucraina e le sanzioni alla Russia sono funzionali a far cessare la guerra, non ad alimentarla”.
Le tensioni diplomatiche però si acuiscono: gli Stati Uniti hanno accusato la Russia di non rispettare il New Start, l’ultimo trattato per il controllo delle armi atomiche rimasto tra le due superpotenze nucleari, mentre il ministro degli Esteri russo Lavrov ha riferito di aver ricevuto l’invito dell’omologo statunitense Blinken a fermare l’offensiva in Ucraina. Ma non è questa evidentemente l’intenzione di Mosca, che guarda ai suoi alleati: dopo l’annuncio di una visita al Cremlino del leader cinese Xi Jinping in primavera – non confermata tuttavia da Pechino -, Vladimir Putin ha annunciato centri di addestramento militare congiunti con Minsk, e il presidente bielorusso Lukashenko si è detto pronto a fornire ulteriore aiuto a Mosca nella guerra, anche se al momento “non ne ha bisogno”.
Per Kiev invece esiste solamente una ‘formula di pace’, quella in 10 punti redatta dal presidente Zelensky che prevede, tra l’altro, il ripristino dell’integrità di tutta l’Ucraina, inaccettabile per Mosca. Il governo ucraino, come noto, starebbe valutando assieme agli alleati di chiedere ai 193 Paesi membri dell’Onu di votare in Assemblea una risoluzione proprio sul piano di pace in occasione dell’anniversario della guerra, con l’ipotesi di una visita di Zelensky al Palazzo di Vetro a New York alla vigilia del 24 febbraio. Tuttavia, numerosi Paesi – si apprende da fonti diplomatiche all’Onu – non sarebbero affatto convinti, segnalando il rischio di ottenere un sostegno limitato che sarebbe di fatto controproducente. Intanto sul terreno la guerra continua: a Bakhmut, punto caldo della guerra nel Donetsk, due civili sono stati uccisi dalle bombe russe, tra cui un bambino di 12 anni. Secondo gli analisti dell’Istituto Isw, la Russia probabilmente non ha ancora utilizzato tutte le sue riserve, e sta rafforzando l’esercito nel Donbass per prepararsi a un’altra “imminente offensiva”. Ma intanto, oltre 9.000 cittadini russi sono stati riportati a casa dopo essere stati mandati erroneamente in guerra, ha riferito il procuratore generale russo Igor Krasnov.