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Cronache

Belsito, l’ultimo tesoriere della Lega che deve dare 50 milioni allo Stato: nel 2012 c’erano 40 milioni in cassa

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Francesco Belsito, depositario di molte verità sui conti della Lega, imputato e condannato assieme a Bossi e famiglia per la truffa dei fondi al movimento, si fa vivo sui media, rilascia interviste, dice e non dice molte cose. «Quando ho lasciato il Carroccio, nel 2012, la Lega Nord era un partito ricchissimo. Ricordo – lo ricorda Belsito – che sui conti c’erano più 40 milioni di euro di cui dieci solo di riserva legale. Nei consigli federali lo chiamavamo il “nostro tesoretto”. Ma non solo: c’erano immobili di proprietà prestigiosi come la sede di via Bellerio e le frequenze di Radio Padania che acquistai personalmente. Insomma, altri 30 milioni almeno». A sentirlo Francesco Belsito, 47 anni, la Lega era proprietaria di oltre 70 milioni euro.  L’ex tesoriere della Lega Nord, quello dello scandalo degli investimenti con i soldi pubblici in diamanti in Tanzania o a Cipro, che in primo grado ha già subito due condanne a Genova e Milano per appropriazione indebita (rispettivamente 2 anni e 6 mesi e 4 anni e 10 mesi) ed è sotto processo in almeno altri due filoni, parla della bufera che lo ha travolto ma commenta anche gli ultimi avvenimenti sul Carroccio. E che ora vedono la Procura chiedere indietro al partito di Matteo Salvini quasi cinquanta milioni di euro di quei rimborsi dal Parlamento che lui e Bossi avevano ottenuto.

Belsito, ai giornalisti che glielo chiedono, spiega che nelle casse c’erano più di quaranta milioni dopo le sue dimissioni nel 2012 e che ci significa una sola cosa: che prima Maroni e poi Salvini hanno speso una fortuna. Dopo lo scandalo dei diamanti il partito è passato a Maroni e poi a Salvini.  In questi cinque o sei anni è sparito un patrimonio.

Nemici amici. L’ex leader Umberto Bossi condannato per truffa e l’attuale capo politico della Lega ora ministro dell’Interno Matteo Salvini

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Cronache

Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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Cronache

‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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