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Banchiere anti Putin che finanziava Navalny trovato morto a Washington

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Morte sospetta a Washington di un noto banchiere lettone-russo, che si era espresso ferocemente contro Vladimir Putin e che aveva sostenuto l’oppositore Alexiei Navalny. Si tratta di Dan Rapoport, 52 anni, businessman americano nato a Riga, trovato privo di vita domenica sera di fronte ad un condomino di lusso: inutile la corsa all’ospedale per tentare di salvarlo. La polizia, riferisce il Daily Beast, e’ intervenuta in seguito alla segnalazione di una persona che si era lanciata nel vuoto ma le indagini sono ancora in corso e la causa della morte non e’ ancora stata accertata. L’uomo e’ stato trovato con indosso infradito arancioni, un cappello nero, la patente di guida della Florida e 2.620 dollari in contanti. A fine anni ’90 e inizio anni 2000, Rapoport aveva lavorato per diverse istituzioni finanziarie russe prima di aprire a Mosca nel 2007 la celebre discoteca Soho Rooms.

Quando l’opposizione russa acquisi’ influenza dopo il ritorno di Putin alla presidenza russa nel 2012, Rapoport si lego’ al dissidente Alexiei Navalny, ora imprigionato, a cui si dice abbia dato il suo sostegno. Rapoport, che e’ stato anche collegato a numerosi post online che condannavano Putin, ha lasciato la Russia nel giugno 2012 e ha vissuto per diversi anni a Washington prima di vendere la sua casa a Ivanka Trump e Jared Kushner per 5,5 milioni di dollari. L’uomo d’affari si era trasferito a Kiev nel 2016 ed era stato coinvolto nella politica locale. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte da parte delle forze russe il 24 febbraio, Rapoport aveva criticato pubblicamente il Cremlino e espresso chiaramente il suo sostegno all’Ucraina sui social media. Il suo ultimo post su Facebook, tre giorni prima della sua morte, sembrava fare riferimento proprio alla guerra in Ucraina: una foto di Marlon Brando in Apocalypse Now con le famose battute: “L’orrore, l’orrore”. Sua moglie, Alyona Rapoport, ha detto all’agenzia di stampa russa Rbc che avrebbe dovuto incontrarsi di nuovo col marito dopo che i loro piani erano saltati per via della guerra in Ucraina, la patria della donna e dove i due avevano risieduto negli ultimi anni. , ha detto la moglie. , ha riferito. La moglie dell’imprenditore ha contestato le notizie di alcuni media secondo cui Rapoport aveva lasciato un biglietto d’addio (per il suicidio) con denaro contante e aveva lasciato il suo cane in un parco vicino dopo essersi separato dalla moglie ed essere stato visto a Londra. , ha assicurato la Rapoport. Nel 2016 c’era stato un altro ‘giallo’ a Washington per la morte sospetta dell’ex ministro russo per l’informazione Mikhail Lesin, 57 anni, uomo chiave del mondo mediatico russo e stretto alleato di Putin. Era stato ritrovato senza vita in una stanza d’albergo della capitale ma nonostante i “forti colpi alla testa” e le “tracce di traumi” su varie parti del corpo segnalati dal medico legale la conclusione fu quella di un decesso “accidentale”.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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