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Ambiente

Bagnoli, dall’abbandono al polo turistico: ecco i dettagli del Piano

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Dalle ciminiere dell’Italsider di Bagnoli il fumo ha cessato di uscire il 20 ottobre 1990 e oggi dopo oltre 30 anni di intese, accordi di programma, risorse stanziate e fallimenti di società di scopo si intravede la luce in fondo al tunnel. Una luce che restituirà al quartiere, nato sotto la spinta dell’industria siderurgica, un nuovo volto che guarda alla tutela dell’ambiente, alla sostenibilità, all’innovazione e allo sviluppo con l’insediamento di imprese green e della blu economy, di centri di ricerca e di alta formazione, e alla restituzione del mare che bagna quel pezzo di Napoli.

Arriva così la firma del protocollo tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il sindaco di Napoli e commissario straordinario per Bagnoli, Gaetano Manfredi, che ha come finalità di assicurare “la celere realizzazione” degli interventi inseriti nel programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio. “Stiamo lavorando per ricostruire la speranza – ha affermato Manfredi -, questo quartiere non sopporterebbe una nuova delusione: questa comunità troppe volte ha visto istituzioni proclamare la svolta e vive il tormento e il logorio di una rinascita promessa ma mai concessa”. Al centro della vasta area che si estende per circa 250 ettari, sorgerà il Parco urbano pensato per diventare il cuore verde della città. Qui si integreranno le diverse funzioni del quartiere: residenze, servizi, strutture ricettive.

La struttura commissariale dispone di tutti i progetti sia per le bonifiche a terra che per quelle a mare, per il waterfront, per il Parco urbano e per le infrastrutture (trasporti, sistema idrico ed elettrico). Le bonifiche a terra sono in parte completate e in parte in corso o in fase di attivazione (la scadenza prevista è il 2024); inoltre si stanno realizzando la rete e le cabine elettriche. I fondi impegnati dal governo Meloni, con il protocollo di oggi – oltre un miliardo e 200 milioni – saranno utilizzati per realizzare le infrastrutture viarie ed idrauliche (entro il 2030); per il Parco urbano (entro il 2029); per il water front (entro il 2031) e per la bonifica a mare e la realizzazione della spiaggia (entro il 2031).

Bonifica a mare per cui è necessario decidere il futuro della colmata: si tratta di una vasta superficie di 195mila metri quadrati riempita di cemento e scarti dell’altoforno, realizzata alla metà degli anni Sessanta riempiendo il tratto di mare tra i due pontili a servizio dello stabilimento e su cui è in corso un approfondimento per valutare la possibilità di una rimozione parziale. “Mai come oggi nessuna incertezza – ha chiosato Manfredi – oggi definiamo una road map robusta, affidabile e precisa che potrà portarci al definitivo rilancio di quest’area”.

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Copernicus, quella del 2024 l’estate più calda di sempre

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Gli scorsi mesi di giugno e agosto sono stati i più caldi mai registrati e nel complesso, l’estate boreale 2024 (ovvero giugno-luglio-agosto) è stata la più calda di sempre. E’ quanto spiega Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service, il servizio europeo sul clima. “Questa serie di temperature record sta aumentando la probabilità che il 2024 sia l’anno più caldo mai registrato. Gli eventi estremi legati alla temperatura osservati quest’estate diventeranno solo più intensi, con conseguenze più devastanti per le persone e il pianeta, a meno che non adottiamo misure urgenti per ridurre le emissioni”.

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Greenpeace, aziende petrolifere paghino per crisi climatica

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Le aziende petrolifere paghino per la crisi climatica. E’ la richiesta ribadita da Greenpeace in una nota a commento dello studio del World Weather Attribution, sulla siccità in Sicilia e in Sardegna. «A pagare il prezzo della siccità estrema in Sardegna e in Sicilia – amplificata da un uso inefficiente delle risorse idriche e da infrastrutture inadeguate – sono le persone che subiscono razionamenti di acqua, gli ecosistemi naturali e persino interi settori produttivi come l’agricoltura e il turismo. Danni gravissimi di cui si dovrebbe invece chiedere conto alle aziende del petrolio e del gas, come Eni, che con le loro emissioni di gas serra sono i principali responsabili della crisi climatica”, sostiene Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia.

“Gli sconvolgimenti climatici causati dalla nostra dipendenza da petrolio, gas e carbone sono destinati a peggiorare se non metteremo al più presto fine allo sfruttamento delle fonti fossili”, si legge ancora nella nota che ricorda la produzione di gas nell’impianto Cassiopea a largo della Sicilia. “Al di là dei proclami, il governo non intende far nulla per le Regioni italiane più colpite dalla siccità e dagli altri eventi climatici estremi”, sostiene ancora Greenpeace che ricorda la causa intentata contro il gruppo energetico.

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Avvistato a Trieste un grosso banco di barracuda boccagialla

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Un grosso banco di un centinaio di esemplari di barracuda boccagialla (Sphyraena viridensis) è stato avvistato nelle acque di Miramare a Trieste. Lo rende noto l’Area marina protetta di Miramare attraverso i canali social. “Che il mare sia sempre più caldo per effetto della crisi climatica in corso – osserva l’Amp su facebook – è un dato oggettivo. Che molte specie marine ne stiano pagando il conto mentre altre, avvezze a mari ben più caldi del nostro, ne stiano approfittando, lo vediamo con i nostri occhi”. Sul social network è postato anche un video degli esemplari, girato da una delle guide snorkeling dell’Amp e istruttrice subacquea, Amanda Vertovese.

“Diversi – ripercorre l’Area marina protetta – sono stati negli anni passati gli avvistamenti di singoli esemplari ma mai finora di un banco così grande, segno che questa specie sta sempre più colonizzando i nostri mari per effetto del riscaldamento globale che porta alla meridionalizzazione dell’Adriatico e del Golfo di Trieste”. Il barracuda boccagialla, concludono gli esperti, “un tempo era circoscritto in un ristretto bacino dell’Atlantico orientale ma da una quindicina di anni, con il riscaldamento progressivo del mare, ha iniziato a diffondersi anche nel Mare nostrum, tanto che ormai è ormai comunemente indicato come barracuda del Mediterraneo. Da non confondere con l’unico altro sfirenide presente nelle nostre acque, il luccio di mare (Sphyraena sphyraena), dal quale si differenzia per le caratteristiche bande scure verticali”.

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