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Austria: svolta storica, vince l’estrema destra

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L’Austria, storica e fedele potenza tutrice dell’Alto Adige-Suedtirol, Paese legato da una storica amicizia con l’Italia, svolta verso l’estrema destra. Proiezioni e previsioni che col trascorrere delle ore stanno diventando sempre piu’ certe, danno la FPOe, il Partito della Liberta’ d’Austria, conservatore ed euroscettico, al 29%, circa tre punti il risultato storico del 1999 quando l’allora leader era Joerg Haider.

Herbert Kickl

L’attuale leader Herbert Kickl negli ultimi tre anni ha saputo dare un’accelerata al suo partito. Sconfitta per l’OeVP, partito collocato di centro-destra al governo, con vari partner, dal 1986. I Popolari che ricandidavano il cancelliere Karl Nehammer sono dati al 26,3%, solo due punti percentuali in piu’ rispetto al peggior risultati di sempre, quello del 2013. Secondo le previsioni oltre a FPOe, OeVP e i socialdemocratici della SPOe al 21%, gli altri partiti che entreranno nel Nationalrat, il Consiglio nazionale, sono Neos, attestati al 9%, e Verdi (erano la governo con l’OeVP) scesi di cinque punti e attualmente all’8,3%. Secondo la proiezione restano fuori dal Consiglio nazionale per non aver raggiunto la soglia del 4%, la Bierpartei (Partito della Birra) al 2%, il KPOe al 2,4%. Si parla gia’ di possibili coalizione che dovra’ avere un minimo di 92 seggi. Possibile la coalizione FPOe e OeVP per un totale di 109 ma anche FPOe e SPOe con 97. Il vincitore delle elezioni, Herbert Kickl, nella sua prima reazione si e’ detto soddisfatto del miglior risultato nella storia del partito.

Accolto in serata al quartier generale del partito al grido “”Herbert, Herbert, Herbert”, il leader della FPOe ha detto, “e’ un pezzo di storia che abbiamo scritto, Joerg Haider sarebbe orgoglioso di noi” e rivolgendosi agli elettori ha affermato, “vi sono profondamente debitore”. A caldo Kickl aveva affermato, “il risultato elettorale e’ una chiara conferma che le cose non possono continuare cosi’ nel Paese, siamo pronti a guidare un governo e pronti per i colloqui con tutti i partiti”. Herbert Kickl, 55 anni, carinziano di Villach anche se vive a Purkersdorf in Bassa Austria, era rimasto a lungo nell’ombra prima di attirare gli elettori con la sua linea dura contro le restrizioni anti-Covid e l’opposizione al sostengo all’Ucraina quando invasa dalla Russia nel 2022 in nome della neutralita’ dell’Austria. Kickl, successore diretto di Norbert Hofer ma soprattutto di Heinz-Christian Strache (l’ex vice cancelliere protagonista dell’Ibizagate), nel 2017 e’ stato ministro dell’Interno del governo guidato da Sebastian Kurz. Gia’ in campagna elettorale ha detto che, se eletto, sara’ il ‘Volkskanzler’, il ‘cancelliere del popolo’, concetto socialdemocratico tedesco ripreso da Adolf Hitler. Il segretario generale della OeVP, Christian Stocker e’ deluso, “non e’ un segreto che volevamo arrivare al primo posto” e l’omologo della SPOe, Klaus Seltenheim commentando le proiezioni ha detto, “e’ un giorno nero per la democrazia”.

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Media: Navalny potrebbe essere stato avvelenato in prigione

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– Documenti riservati suggeriscono che Aleksei Navalny potrebbe essere stato avvelenato mentre era in prigione. Lo scrive Ukrinform precisando che i giornalisti di The Insider hanno avuto accesso a “centinaia” di documenti relativi alla morte del leader dell’opposizione russa e che la maggior parte di questi indicano il suo possibile avvelenamento.

“The Insider ha avuto accesso a centinaia di documenti ufficiali relativi alla morte di Aleksei Navalny nel carcere di Polar Wolf. A giudicare da questi, le autorità avrebbero intenzionalmente rimosso da ogni parte i riferimenti ai sintomi che non sono stati inclusi nella versione ufficiale. Come confermano i medici, questi sintomi indicano inequivocabilmente che Navalny è stato avvelenato”, si legge nel rapporto. Secondo The Insider, sono scomparse dalla versione finale dei documenti le parti in cui si menzionava che Navalny si lamentava di mal di stomaco, nausea e convulsioni prima di morire.

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Hezbollah sceglie Safieddine come suo leader dopo l’eliminazione di Nasrallah

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Il Consiglio della Shura di Hezbollah, l’organismo decisionale centrale del gruppo, ha scelto Hashem Safieddine per sostituire Hassan Nasrallah come leader di Hezbollah. Lo scrive Haaretz e Al Arabya. Safieddine proviene da Deir Qanoun al-Nahr, un villaggio nel Libano meridionale, nato in una prominente famiglia sciita nota per aver prodotto influenti chierici e parlamentari. È cugino di Nasrallah e ha legami familiari con Qassem Soleimani, l’ex comandante della Forza Quds dell’Iran che è stato ucciso in un attacco aereo statunitense in Iraq nel 2020.

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Israele all’attacco, pioggia di raid anche nello Yemen

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“Chi vuol fare del male allo Stato ebraico pagherà un caro prezzo”. Le parole ripetute da tempo dal premier israeliano, dal suo ministro della Difesa e dal capo dell’esercito, sono diventate realtà: nella notte tra sabato e domenica gli aerei con la stella di David (Iaf) hanno colpito duramente ‘l’anello di fuoco’, la strategia architettata per soffocare lo Stato ebraico dal generale iraniano Soleimani, ucciso dagli Usa nel 2020. Un piano sposato soprattutto da Hassan Nasrallah e perseguito dalle milizie in Libano, Siria, Iraq, Cisgiordania, Gaza e Yemen. Domenica la reazione contro gli Houthi, attesa da giorni, dopo che nel mese di settembre hanno sparato missili balistici terra-terra e droni. L’esercito (Idf) ha inflitto un nuovo, possente colpo agli alleati di Teheran nello Yemen: decine di aerei hanno volato fino a 1.800 chilometri di distanza dal confine israeliano per colpire i porti di Hodeidah e Ras Issa, usati per il rifornimento di armi e petrolio.

L’Iaf ha confermato di aver lanciato raid contro i siti utilizzati dal gruppo per scopi militari nel principale porto sul Mar Rosso e nel vicino terminal di Ras Issa. Quattro morti e feriti secondo le autorità locali. Preso di mira anche l’aeroporto internazionale di Hodeidah, dove i cargo degli ayatollah fanno arrivare carichi di armi. Gli stessi con cui gli Houthi da quasi un anno attaccano le navi commerciali in transito. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha sottolineato che “nessun posto è troppo lontano per Israele”. E questo è il secondo attacco in Yemen, dopo che il 20 luglio, rispondendo a un drone lanciato su Tel Aviv, che aveva provocato una vittima, Tsahal aveva bombardato lo scalo portuale di Hodeidah che aveva provocato un incendio colossale. La rappresaglia di Benyamin Netanyahu nella giornata è continuata in Libano dove, dal 17 di questo mese, praticamente l’intera leadership di Hezbollah è stata ‘eliminata’.

L’Idf ha annunciato che nell’attacco di venerdì al quartier generale di Beirut del gruppo fondamentalista libanese oltre al leader del partito di Dio sono stati uccisi anche 20 comandanti, tra cui Ali Karaki, comandante del fronte meridionale, Ibrahim Hussein Jazini, capo della sicurezza personale di Nasrallah, il consigliere Samir Tawfiq Deeb, Abd al-Amir Muhammad Sablini, responsabile del rafforzamento delle forze militari, Ali Nayef Ayoub, capo della potenza di fuoco di Hezbollah. L’Idf ha pubblicato una mappa dell’area bombardata dove a soli 53 metri c’era una scuola gestita dalle Nazioni Unite. I media libanesi invece hanno mostrato il video con il recupero del cadavere di Nasrallah, ‘intatto’, tirato fuori dal cratere lasciato dalle bombe anti bunker dell’Idf.

Non solo: nella notte tra sabato e domenica i caccia israeliani hanno di nuovo preso di mira la roccaforte sciita uccidendo Nabil Kawak, comandante dell’unità di sicurezza dei miliziani e membro del Consiglio centrale esecutivo. I piloti dell’Iaf hanno poi puntato il mirino sulla Siria, a Homs, dove hanno centrato, secondo il Centro di monitoraggio dei diritti umani, un veicolo con milizie irachene filo-iraniane. Sul fronte di Gaza un nuovo raid ha distrutto con missili di precisione un centro di comando di Hamas in una ex scuola nel nord della Striscia. Intanto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi è tornato a mettere in guardia dalle “conseguenze pericolose” degli attacchi in Libano.

E ha aggiunto: “Il regime israeliano non troverà mai pace e tranquillità”. Alle minacce di Teheran hanno risposto indirettamente gli Usa con la loro posizione: “Il sostegno alla sicurezza di Israele è incrollabile e questo non cambierà”, ha detto il portavoce della sicurezza nazionale John Kirby, ribadendo il diritto dell’alleato a difendersi “da attacchi quotidiani”. “Biden e Netanyahu si conoscono da 40 anni, non sono d’accordo mai su nulla ma su una cosa concordano: la sicurezza di Israele”, ha aggiunto. Intanto funzionari statunitensi hanno dichiarato ad Abc News che operazioni “su scala ridotta ” dell’Idf in territorio libanese “potrebbero essere iniziate al confine con il Libano, o potrebbero essere sul punto di iniziare” per eliminare le posizioni di Hezbollah. Israele tuttavia sembra non aver preso ancora nessuna decisione su una eventuale invasione di terra. Ma se dovesse decidere di muovere le suo truppe oltreconfine, secondo gli Usa “la portata sarà probabilmente limitata”.

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