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Cronache

Arrestati i figli dell’autista di Messina Denaro: Vincenzo e Antonino Luppino

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Il 21 gennaio 2021, Giovanni Luppino, imprenditore di fiducia e autista di Matteo Messina Denaro, ha attivato una sim card che rimase inutilizzata fino all’8 aprile. È emerso da un’inchiesta che ha portato all’arresto dei figli di Luppino, Vincenzo e Antonino. Quest’ultimo ha ricevuto una chiamata dal capomafia alle 13,08 dell’8 aprile per memorizzare il numero, dimostrando così, secondo gli inquirenti, la sua consapevolezza della vera identità di Messina Denaro.

Gli investigatori hanno ricostruito i movimenti dei Luppino durante l’operazione al fegato del boss, avvenuta nel 2021 presso la clinica La Maddalena. Il 2 maggio, Giovanni Luppino ha accompagnato il padrino, noto anche come Andrea Bonafede, alla casa di cura e poi è tornato in paese. Il 4 maggio, il boss è stato operato, mentre Vincenzo Luppino è arrivato in clinica alle 12, partendo da Campobello alle 9:30.

L’11 maggio, Messina Denaro è stato dimesso e portato al covo dai fratelli Giovanni e Antonino Luppino. Secondo il giudice che ha disposto l’arresto di entrambi, Antonino e Vincenzo si sono alternati nel fornire aiuto e supporto al padrino durante i suoi spostamenti dopo l’intervento chirurgico.

Un’altra scoperta degli inquirenti riguarda la Giulietta di Messina Denaro, parcheggiata davanti casa di Vincenzo Luppino. Antonino aveva le chiavi dell’area, e sarà lui a far entrare gli investigatori dopo l’arresto del boss. Prima della cattura, Luppino padre avrebbe inviato al figlio una foto della macchina del capomafia tramite WhatsApp, chiedendogli di occuparsi di alcuni lavori da fare al veicolo.

Questi dettagli emergono da un’inchiesta che ha gettato luce sulle connessioni tra l’imprenditore Giovanni Luppino, i suoi figli e Matteo Messina Denaro, offrendo uno sguardo nel mondo oscuro e intricato della criminalità organizzata.

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Cronache

Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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Cronache

‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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