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Armi e AI, in Ucraina nasce la guerra del futuro

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Una falange di robot guerrieri che avanza inesorabile facendosi strada tra le difese nemiche, scegliendo quali obiettivi colpire e quali no: non è lo scenario di un nuovo capitolo di ‘Terminator’ o ‘Attacco al potere’ ma quello della guerra del futuro che, temono gli esperti, potrebbe vedere la sua alba già in Ucraina. Da anni Stati Uniti, Cina e Russia sviluppano progetti per utilizzare l’intelligenza artificiale in ambito militare: un video della Darpa, agenzia governativa Usa per le nuove tecnologie, mostra quale potrebbe essere lo scenario sul campo di battaglia di domani. Gli umani ben lontani dalla prima linea, davanti a monitor di controllo con occhiali e visori 3D per osservare uno sciame di centinaia di droni armati che protegge l’avanzata su strada di robot a quattro ruote.

I velivoli che dall’alto selezionano i bersagli e li neutralizzano, mentre le altre macchine si incuneano fin dentro le abitazioni a caccia di nemici e trappole. L’Onu, che ha bollato queste armi come “moralmente ripugnanti” per bocca del segretario generale Antonio Guterres, ha denunciato il possibile uso del primo robot killer in Libia nel 2020, nel corso del conflitto tra i governativi di Tripoli e le forze di Khalifa Haftar. Un drone bomba STM Kargu-2 di fabbricazione turca avrebbe attaccato un bersaglio in modo ‘autonomo’, senza che un umano abbia premuto il grilletto. Un episodio isolato, preistoria rispetto alla guerra ucraina che ha spalancato le porte all’uso massiccio dei droni sul campo di battaglia, come non si era mai visto nella storia. Secondo fonti americane, Kiev “ha già a disposizione droni semi-autonomi e difese anti-drone dotate di AI”, in particolare un sistema di radar.

Per il ministro della Trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, il debutto di droni killer è “un passo successivo logico e inevitabile” nello sviluppo delle armi, tanto che l’Ucraina sta facendo “molta ricerca e sviluppo in questa direzione”. Ma se i droni sembrano la minaccia più prossima, tanto che è corsa allo sviluppo di sistemi di difesa anche con armi laser, ci sono giocattoli ben più pericolosi e letali che potrebbero presto apparire sulla scena. A gennaio la Difesa Usa ha diramato una direttiva in cui “si impegna a sviluppare e impiegare tutti i sistemi d’arma, compresi quelli con caratteristiche e funzioni autonome, in modo responsabile e legale”. In linea con il piano di sviluppo deciso dalla Nato nell’ottobre dello scorso anno, per preservare il “vantaggio tecnologico” dell’Alleanza.

Secondo l’autorevole Foreign Policy, Washington sta sperimentando robot capaci di pilotare un F-16 modificato e avrebbe un progetto segreto denominato ‘Next Generation Air Dominance’ per una invincibile armata aerea di 200 caccia con pilota affiancati da 1.000 droni indipendenti. Mosca – che dice di possedere droni intelligenti ma in Ucraina usa quelli iraniani che certo non brillano su questo fronte – ha annunciato in pompa magna il Poseidon, missile sottomarino guidato dall’intelligenza artificiale “che potrebbe spazzare via la Gran Bretagna” e starebbe testando micidiali carri armati indipendenti. Mentre Pechino – primo Paese a dotarsi di un’armata hacker in passato – ha definito “necessario” il ricorso a queste tecnologie per una “intelligentizzazione militare”: uno dei primi robot a vedere la luce è l’elicottero Blowfish A3, armato con mini-razzi e granate che può volare in formazione d’attacco con dieci suoi simili e colpire il bersaglio senza alcun intervento umano.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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