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Archiviato Durigon, la Lega cerca un sostituto tra Bitonci e Rixi

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Il day after le dimissioni di Claudio Durigon, nella Lega gia’ e’ partita la ricerca del suo sostituto. Il nuovo sottosegretario all’Economia potrebbe essere il deputato Massimo Bitonci, che gia’ aveva ricoperto il ruolo nel primo governo Conte, oppure il collega Edoardo Rixi, viceministro ai Trasporti nello stesso esecutivo. Entrambi, nel partito di via Bellerio, vengono considerati esperti in materia e quindi ‘papabili’ per il post Durigon. L’ex sindacalista Ugl di Latina ha dovuto lasciare l’incarico di governo dopo la polemica innescata dalla proposta di dedicare un parco cittadino, ora intitolato a Falcone e Borsellini, al fratello del duce Arnaldo Mussolini. Il suo addio e’ stato una soluzione non indolore per il leader leghista Matteo Salvini, ritenuta necessaria per spegnere polemiche durate quasi un mese. Durigon, da parte sua, ribadisce il suo impegno con la Lega, anche “senza l’onore e l’onere di essere sottosegretario al Mef. Sono pronto ad investire tempo ed energie anche per Latina, per Roma e per altre battaglie importanti. Non solo quella delle pensioni per evitare il ritorno alla legge Fornero” ma anche quella sulle cartelle esattoriali, scrive in una lettera indirizzata al direttore di Affari Italiani in cui comunica l’impossibilita’ di partecipare alla piazza di Ceglie Messapica. L’ormai ex sottosegretario era atteso questa sera in Puglia ma alla fine ha deciso di non partire per “dedicare un po’ di tempo” alla sua famiglia. Il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, spalleggia l’alleato Salvini e punta il dito contro il Pd, reo di aver provocato fibrillazioni nel governo, sostenendo provvedimenti divisivi come lo ius soli e la legge Zan: “Durigon ha dato un segnale di grande responsabilita’ che favorisce la tranquillita’ all’interno della maggioranza”. Ha parlato di un “gesto di responsabilita’” anche Salvini, che subito dopo l’addio ha colto l’occasione per l’ennesima stoccata alla ministra dell’Interno: “Contiamo che questa scelta induca a seria riflessione altri politici, al governo e non solo, che non si stanno dimostrando all’altezza del loro ruolo”. Immediata la levata di scudi dal centrosinistra: “L’insistenza di Salvini nel chiedere irragionevoli dimissioni di Lamorgese sta diventando petulante e insopportabile. La ministra sta facendo un ottimo ed equilibrato lavoro”, dice la capogruppo di LeU al Senato Loredana De Petris. Per il senatore dem Dario Stefano “paragonare il caso Durigon all’impegno della ministra Lamorgese e’ una stravaganza che solo Salvini si poteva permettere”. L’Anpi, che nei giorni scorsi aveva chiamato in causa direttamente il premier Mario Draghi sul caso Durigon, plaude ad “un’ottima notizia per la democrazia e l’antifascismo”. Esulta anche il M5s alla Camera: “Anche se tardi le sue dimissioni sono arrivate e se e’ successo e’ grazie alle nostre continue pressioni e richieste”. E Paola Taverna rincara la dose: “Chi non ha rispetto della Costituzione e dei cittadini italiani non puo’ far parte dell’esecutivo, non quando e’ presente il Movimento”. Salvini sceglie di non esprimersi sull’argomento, ma domani pomeriggio da Pinzolo – dove sara’ intervistato da Mario Giordano – potrebbe rompere il silenzio.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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