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Economia

Antitrust, basta proroghe per balneari, accelerare gare

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Evitare ulteriori proroghe e rinnovi automatici, ricorrendo invece “a modalità di assegnazione competitive delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali”. E’ il richiamo inserito in una segnalazione che l’Antitrust ha inviato all’Anci e alla Conferenza Stato-Regioni, in cui si sottolinea che “il continuo ricorso” alle proroghe viola i principi della concorrenza e “favorisce gli effetti distorsivi connessi a ingiustificate rendite di posizione attribuite ai concessionari”. L’Autorità sollecita quindi gli enti “affinché tutte le procedure selettive per l’assegnazione delle nuove concessioni siano svolte quanto prima” e affinché l’assegnazione “avvenga non oltre il 31 dicembre 2024”.

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Economia

Corte Ue non perdona Apple, ‘versi 13 miliardi’

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Storica doppia vittoria in tribunale della Commissione europea nella lotta per arginare lo strapotere delle Big Tech. Il conto è salatissimo per Apple, chiamata a versare all’Irlanda la bellezza di 13 miliardi di euro in quelli che per Bruxelles sono stati aiuti di Stato illegittimi concessi da Dublino, sotto forma di tasse non versate. Conto a dieci cifre anche per Google, con una multa da 2,4 miliardi di euro, legata a un abuso di posizione dominante scovato dall’esecutivo comunitario. “Oggi è una grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale”, ha esultato la commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager, al trionfo alla fine di un decennio all’Antitrust Ue all’insegna di grandi battaglie alle Big Tech. Apple ha reagito alla sentenza affermando che l’esecutivo Ue “sta cercando di cambiare retroattivamente le regole” fiscali.

Google da parte sua si è invece detta “delusa”. La sentenza di maggior impatto riguarda Apple: La Corte di Giustizia dell’Ue ha rovesciato la decisione del precedente grado di giudizio e in via definitiva ha ordinato a Mountain View di versare effettivamente all’Irlanda i 13 miliardi delle imposte già custodite dall’avvio della controversia in un conto bloccato. La Commissione accusava la Mela di aver beneficiato ingiustamente di due accordi fiscali (‘tax ruling’) con Dublino, che fino al 2014 le hanno garantito grazie a una intricata struttura aziendale di poter godere di un’aliquota inferiore all’1%. Apple aveva interrotto la pratica nel 2014, dopo una svolta sulle regole fiscali in Irlanda, legata anche all’intervento della Commissione. E’ insomma una sentenza epocale, che inverte anche un trend di sconfitte dell’esecutivo Ue: lo scorso anno i giudici a Lussemburgo avevano dato ragione ad Amazon su 250 milioni di tasse che la Commissione Ue voleva invece pagasse in Lussemburgo, e in precedenza a Starbucks per 30 milioni di imposte da versare all’Olanda.

“Il nostro reddito era già soggetto a imposte negli Stati Uniti”, ha affermato Apple dicendosi delusa della decisione. “Questo caso non ha mai riguardato la quantità di tasse che paghiamo, ma il governo a cui siamo tenuti a pagarle. Paghiamo sempre tutte le tasse che dobbiamo ovunque operiamo e non c’è mai stato un accordo speciale”. In passato il Ceo di Apple Tim Cook aveva bollato l’intervento di Bruxelles come “robaccia politica”. “È una vittoria molto importante da condividere con i contribuenti europei – ha detto invece Vestager -. Una volta tanto può esser fatta giustizia fiscale”. In una sentenza separata, anche in questo caso definitiva, la Commissione europea ha vinto nella causa Antitrust contro Google, accusata di abuso di posizione dominante per aver dato maggior visibilità ai propri servizi di shopping nella ricerca online. La decisione della Corte Ue su Google Shopping è “epocale”, ha detto la vicepresidente della Commissione europea.

“Dimostra che anche le più potenti società tecnologiche possono essere ritenute responsabili, nessuno è al di sopra della legge”. Google si è detta “delusa” dalla sentenza. “Abbiamo apportato modifiche nel 2017 per conformarci alla decisione della Commissione Europea – ha sottolineato -. Il nostro approccio ha funzionato con successo per più di sette anni, generando miliardi di clic per più di 800 servizi di comparazione degli acquisti”. Apple ha fatto sapere che la conferma della decisione del 2016 della Commissione Ue comporterà sul quarto trimestre dell’esercizio fiscale un onere fiscale ‘una tantum’ fino a 10 miliardi di dollari, e questo “farà salire l’aliquota fiscale effettiva della società per il trimestre”. A Wall Street il gruppo della Mela in serata segnava un calo superiore all’1,7%.

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Economia

‘Venti contrari’, Bmw taglia le stime per il 2024

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Bmw rivede al ribasso le stime sull’intero esercizio e il titolo crolla in Borsa, lasciando sul campo l’11,1% sulla piazza di Francoforte con un effetto anche sugli altri gruppi del comparto. Dopo Volkswagen (-3,3%), secondo produttore automobilistico mondiale, è il gruppo di Monaco di Baviera a lanciare l’allarme. La scorsa settimana a Wolfsburg avevano paventato il rischio di chiudere 2 stabilimenti in Germania a causa di minori vendite per 500mila vetture.

Oggi invece l’allarme viene da Monaco di Baviera, dove il Cda del gruppo che controlla anche il marchio Mini prende atto dei “venti contrari nel settore auto dovuti al blocco delle consegne” e in parte agli interventi tecnici legati all’Ibs, il sistema frenante integrato fornito a Bmw da Continental. Quest’ultima ha ammesso i problemi e sottolineato che non è a rischio la sicurezza di chi guida le auto da richiamare.

Bmw prevede un “effetto negativo sulle vendite mondiali nella seconda parte dell’ anno”, legato al blocco delle consegne mentre i problemi dovuti all’Ibs riguardano 1,5 milioni di veicoli. Lo scorso anno Bmw ha venduto 2,25 milioni di auto, comprese quelle a marchio Mini, e sta valutando se sui freni difettosi sia sufficiente agire via software o serva la sostituzione fisica di alcuni pezzi. Il costo complessivo dell’operazione supera comunque i 500 milioni di euro. A pesare sui conti c’è anche la Cina, dove il calo della domanda in atto pesa sui volumi di vendita e “nonostante le misure stimolo del governo – spiegano a Monaco – la fiducia dei consumatori rimane bassa”.

Il tutto si traduce in un” significativo calo dell’utile prima delle tasse”. Per il momento Bmw prevede un ribasso dell’utile operativo, in calo dal precedente 8-10% al 6-7% dei ricavi e sul rendimento del capitale investito (Roce), che scende dal 21-26% al 14-16%. A Monaco non danno altri numeri, se non un “lieve calo delle vendite”, che originariamente erano stimate in un altrettanto “lieve incremento”. Un altro colpo, quello di Bmw, all’industria automobilistica tedesca.

Di “rischio collasso” per l’Europa ha parlato recentemente a Cernobbio il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Oggi invece ha annunciato la presentazione in anteprima ai sindacati e a Confindustria della proposta che porterà il prossimo 25 settembre a Bruxelles per anticipare al 2025 la revisione del regolamento Ue che impone lo stop alle immatricolazioni di auto endotermiche dal 2035.

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Economia

In Italia le donne laureate guadagnano metà dei maschi, ingiustizia inaccettabile

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Il Rapporto Ocse Education at a Glance 2024, presentato oggi, offre un quadro preoccupante sulla situazione dell’istruzione e del mercato del lavoro in Italia, con particolare attenzione al divario retributivo di genere. Nel nostro Paese, le donne laureate guadagnano in media il 58% in meno rispetto ai loro coetanei maschi, un dato allarmante che segna il più grande divario retributivo di genere tra tutti i Paesi dell’area OCSE.

Il divario retributivo

Questa disparità retributiva appare ancora più ingiusta considerando che, secondo lo stesso rapporto, le donne ottengono risultati scolastici migliori rispetto ai maschi. Tuttavia, nonostante il loro successo educativo, la situazione si ribalta quando entrano nel mercato del lavoro, dove incontrano ostacoli sistemici che impediscono loro di essere compensate equamente. Questo fenomeno non solo penalizza le donne, ma rappresenta una forma di inciviltà che perpetua una cultura di disuguaglianza e discriminazione di genere.

Occupazione femminile: un quadro preoccupante

Il rapporto OCSE sottolinea come le donne tra i 25 e i 34 anni abbiano meno probabilità di essere occupate rispetto agli uomini. Questa disparità è particolarmente marcata tra coloro che non hanno conseguito un diploma di istruzione superiore: solo il 36% delle giovani donne con un titolo di studio inferiore al secondario superiore è occupata, contro il 72% dei giovani uomini. A livello OCSE, le medie sono del 47% per le donne e del 72% per gli uomini, evidenziando come l’Italia sia al di sotto degli standard internazionali.

Luci e ombre sui NEET e sull’istruzione

Il rapporto segnala alcuni miglioramenti, come la riduzione della quota di giovani tra i 20 e i 24 anni che non studiano e non lavorano (i NEET), scesa dal 32% al 21% tra il 2016 e il 2023. Tuttavia, permangono differenze di genere preoccupanti: nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni, il 31% delle donne non studia e non lavora, contro il 20% degli uomini.

Inoltre, il rapporto evidenzia il persistente divario educativo legato al contesto familiare. Il 69% di chi ha almeno un genitore laureato riesce a conseguire una laurea, mentre solo il 10% dei ragazzi con genitori privi di titolo di studio superiore riesce a raggiungere lo stesso traguardo.

Investimenti in istruzione e condizioni dei docenti

Il rapporto pone anche l’accento sugli investimenti limitati dell’Italia nell’istruzione, che ammontano al 4% del Pil, contro una media OCSE del 5%. Inoltre, l’età media dei docenti in Italia è più alta rispetto agli altri Paesi: il 53% dei docenti ha più di 50 anni, rispetto al 37% della media OCSE. Anche gli stipendi degli insegnanti, cresciuti nominalmente dell’8%, sono stati fortemente erosi dall’inflazione, lasciando l’Italia “fanale di coda” nell’area OCSE in termini di retribuzione del personale scolastico, come sottolineato da Rino Di Meglio della Gilda degli Insegnanti.

Il gender pay gap in Italia è una piaga che continua a perpetuare l’ingiustizia sociale e penalizza le donne, nonostante il loro successo educativo. È imperativo che il governo e le istituzioni affrontino con decisione questa inciviltà e che vengano adottate misure concrete per garantire pari opportunità e giustizia economica per le donne nel mondo del lavoro.

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